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Pubbl. Mar, 27 Nov 2018

I recenti arresti giurisprudenziali sulle nozioni di “atto meramente confermativo” e di “atto di conferma”.

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Andrea Indelicato


Con sentenza n. 10032 del 16 ottobre 2018, il Tar Lazio, Sez. II-bis ritorna sul concetto di atto amministrativo meramente confermativo e di conferma sostanziale.


Con sentenza n. 10032 del 16 ottobre 2018, inerente la materia edilizia e, nello specifico, attinente al condono edilizio e all'oblazione ed oneri concessori, la Sezione Seconda-Bis del Tar Lazio, consente di fare il punto sul discrimen sinora tracciato dalla giurisprudenza amministrativa tra atto amministrativo confermativo in senso proprio e atto amministrativo meramente confermativo.

Il Tar Lazio statuisce, infatti, che […] Va preliminarmente delibata l’eccezione di irricevibilità del ricorso opposta da Roma Capitale” in quanto essa risulta “infondata in quanto la nota gravata, recando un’autonoma motivazione sulla richiesta di riesame presentata [...] e sulle ragioni del mancato accoglimento, non può intendersi come atto meramente confermativo della precedente nota di richiesta di pagamento, dovendo qualificarsi quale provvedimento di conferma, autonomamente impugnabile”.

I giudici romani fanno primariamente riferimento ad una recente sentenza del Consiglio di Stato in cui si afferma che […] non può considerarsi meramente confermativo rispetto ad un atto precedente l'atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, giacché l'esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure mediante la rivalutazione degli interessi in gioco, e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può condurre a un atto propriamente confermativo in grado, come tale, di dare vita ad un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione”1.

Il punto, pertanto, è verificare se alla base di un atto amministrativo adottato in una fase temporale successiva ad un altro atto (ma rispetto al quale vi sia un legame di intrinseca consequenzialità logico-funzionale) vi sia stato o un ulteriore e differente momento istruttorio, o una nuova ponderazione degli interessi.

È indubbio che, nella genesi di qualunque provvedimento amministrativo, l’ipotesi iniziale dell’interesse pubblico perseguito deve poi essere attagliata alla fase istruttoria, ovverosia si devono tenere in considerazione altri presumibili interessi soggettivi che possano venire in concorrenza (o in confliggenza) tra di loro rispetto al fine pubblico ultimo da raggiungere: pronunce di poco più risalenti dello stesso Giudice di Palazzo Spada si inseriscono in questo filone esegetico, dacché si può porre il tema di atto meramente o sostanzialmente confermativo2.

Al ricorrere di questi presupposti, si può a giusta ragione affermare che, nel caso di un atto amministrativo di conferma in senso sostanziale, vengano in deduzione due aspetti:

  1. la facoltà-onere di piena ed autonoma impugnativa accordata al privato;

  2. l’esercizio di un potere da parte della P.A.

Quanto al primo aspetto, è stato affermato (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 giugno 2016, n. 2914) che l’emissione da parte di un’amministrazione di un provvedimento non meramente confermativo – e successivo ad un suo precedente atto – configura la possibilità di impugnazione, in quanto quest’ultimo ha incidenza sull’originario assetto degli interessi; il che si riflette, di conseguenza, sull’interesse al ricorso (peraltro con effetti incisivi rispetto ad un’eventuale controversia pendente): l’atto di conferma vero e proprio, dunque, “è autonomamente lesivo e va impugnato nei termini, in quanto produce un effetto estintivo dell’originario interesse ad impugnare il precedente provvedimento ‘confermato’ 3.

Rispetto al secondo, è chiaro che si è di fronte alla manifestazione di una rinnovata facoltà potestativa pubblica, che accede ad una ulteriore, e differenziata, fase procedimentale4 e che dunque non può dirsi consumata al momento dell’adozione del primo provvedimento, con presumibili conseguenze non solo nei confronti dei diretti destinatari dello stesso ma anche verso i potenziali contro interessati5.

Va da sé, allora, che nella misura in cui con un atto confermativo strictu sensu siamo realmente di fronte ad un nuovo iter logico-giuridico svolto dalla P.A., è ragionevole ritenere che debba venire in considerazione un nuovo, diverso, più approfondito onere motivazionale, e questo perché “l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi è inteso dalla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato secondo una concezione sostanziale/funzionale, nel senso che esso è da intendersi rispettato quando l’atto reca l’esternazione del percorso logico-giuridico seguito dall’amministrazione per giungere alla decisione adottata e il destinatario è in grado di comprendere le ragioni di quest’ultimo e, conseguentemente, di utilmente accedere alla tutela giurisdizionale, in conformità ai principi di cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione”6.

L’atto meramente confermativo, inidoneo a riaprire i termini di impugnazione per coloro i quali volessero contestarne la legittimità in sede giurisdizionale, comporta invece il fatto che la nuova determinazione della P.A. si limita a ripetere il contenuto del precedente provvedimento, senza aggiungere alcun ulteriore supporto motivazionale e senza percorrere una rinnovata istruttoria delle circostanze ritenute rilevanti ai fini della valutazione dell’istanza proposta dal richiedente – il carattere rinnovatorio dovendosi riscontrare nel vaglio di elementi istruttori prima non considerati7.

La motivazione, invero, non deve ergersi a mero giustificativo dell’agire amministrativo, avendo la stessa una valenza profonda e sostanziale8 ed un nesso di funzionalità con l’attività istruttoria (ciò che può, ad esempio, confermarsi considerando l’istituto dell’obbligo di preavviso di rigetto dell’istanza previsto dalla legge sul procedimento amministrativo9), a fondamento dell’attività dell’amministrazione e legittimazione dell’esercizio corretto del potere10.

La presenza di questi presidi è, del resto, posta a garanzia dei cittadini a vario titolo coinvolti nell’attività procedimentale, potendo essi vantare interessi qualificati a che la stessa venga svolta in conformità della norme di legge, delle regole dell’azione amministrativa e dell’opportunità11: di tal via, il legame che si instaura a monte dell’adozione di ogni atto (e in seno ad ciascun procedimento) diviene qualificabile come “rapporto giuridico-amministrativo dinamico” tra centri attivi e centri passivi di interessi – rapporto all’interno del quale vigono i principi di buona fede e di legittimo affidamento12del privato, con relativa valorizzazione degli interessi procedimentali.

 

1 Consiglio di Stato, sez. IV, 12 settembre 2018, n. 5341. Dunque, se ne deduce che l’atto meramente confermativo (vale a dire, quello circoscritto alla pura e semplice funzione dichiarativa della sussistenza ontologica di un precedente provvedimento amministrativo) non è suscettibile di autonoma impugnazione; a differenza dell’atto di conferma in senso stretto, che, in quanto immediatamente lesivo, può essere impugnato nei termini di legge.

2 Consiglio di Stato, sez. VI, 31 marzo 2011, n. 1998 “È dunque necessario, affinché possa escludersi che un atto sia meramente confermativo del precedente, che la sua formulazione sia preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, giacché solo l'esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure mediante la rivalutazione degli interessi in gioco ed un nuovo esame degli elementi di fatto e diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può dar luogo ad un atto propriamente confermativo in grado, come tale, di dar vita ad un provvedimento diverso dal precedente e, quindi, suscettibile di autonoma impugnazione”. In questo senso, cfr. anche: Consiglio di Stato, sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6878. Più recentemente: Consiglio di Stato, sez. IV, 14 aprile 2014 n. 1805; Consiglio di Stato, sez. IV, 12 febbraio 2015, n. 758; Consiglio di Stato, sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 812; Consiglio di Stato, sez. III, 30 maggio 2017, n. 2564: “Allo scopo di stabilire se un atto amministrativo sia meramente confermativo (e perciò non impugnabile) o di conferma in senso proprio (e, quindi, autonomamente lesivo e da impugnarsi nei termini), occorre verificare se l’atto successivo sia stato adottato o meno senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi […]. Ricorre […] l’atto meramente confermativo quando l’amministrazione, a fronte di un’istanza di riesame, si limita a dichiararne l’esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione”.

3 La lesività deve, ovviamente, riguardare un interesse qualificato caratterizzato dai canoni consueti di attualità, concretezza e personalità della posizione soggettiva sostanziale dedotta in causa. Circa l’intesse a ricorrere del cittadino: […] allorché la vicenda processuale risenta della successiva emissione da parte dell’Amministrazione di un nuovo atto (in ipotesi parimenti lesivo per il cittadino), costante giurisprudenza impone che si debba fare svolgere un accertamento in ordine alla natura del medesimo […] il cittadino non ha infatti alcun interesse a coltivare il giudizio avverso l´atto "originario", perché, ove non impugni l´atto di "conferma in senso proprio", rimarrà irrimediabilmente leso da quest’ultimo stante l´incontestabilità dell’assetto di interessi ivi delineato dall’Amministrazione”. Come a più riprese rammentato da consolidate pronunce amministrative (ex aliis, Consiglio di Stato, Adunanza plenaria n. 9 del 2014): "[…] l’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo è soggetta, sulla falsariga del processo civile, a tre condizioni fondamentali (titolo, interesse ad agire, legittimazione attiva/passiva) che, valutate in astratto con riferimento alla causa petendi della domanda e non secundum eventum litis, devono sussistere al momento della proposizione della domanda e permanere fino al momento della decisione finale, e allo stesso principio soggiacciono i mezzi d’impugnazione; la verifica del persistere di tali condizioni va svolta anche ex officio”.

4 [...] il provvedimento di conferma si configura dunque come esito di un procedimento di secondo grado, senza che rilevi il fatto che la decisione assunta coincida perfettamente con quella contenuta nel precedente provvedimento, perché quel che conta è che essa sia il frutto di un rinnovato esercizio del potere amministrativo; in altri termini, sollecitata, in entrambi i casi, a riaprire il procedimento da un’istanza esterna, l’amministrazione con l’atto meramente confermativo dà una risposta negativa non riscontrando valide ragioni di riapertura del procedimento concluso con la precedente determinazione, laddove con il provvedimento di conferma dà una risposta positiva, riapre il procedimento e adotta una nuova determinazione [...] (Tar Valle d’Aosta, sez. unica, 19 giugno 2018, n. 34).

5 Sull’inesauribilità o meno del potere amministrativo, la possibile revisione delle decisioni della P.A. ed il rispetto del ‘limite esterno’ rappresentato dal principio del legittimo affidamento, si veda: TRIMARCHI, M.. Decisione amministrativa di secondo grado ed esaurimento del potere, in P.A. Persona e Amministrazione, n. 1/2017.

6 Consiglio di Stato, sez. V, 25 maggio 2017, n. 2457, così pronunciandosi nel merito della motivazione carente di un provvedimento di esclusione di una stazione appaltante. Del medesimo segno: Consiglio di Stato, sez. IV, 21 aprile 2015, n. 2011; Consiglio di Stato, sez. V, 23 settembre 2015, n. 4443; Consiglio di Stato, sez. III, 23 novembre 2015, nn. 5311 e 5312; Consiglio di Stato, sez. V, 24 novembre 2016, n. 4959; Consiglio di Stato, sez. VI, 6 dicembre 2016, n. 5150.

7 Nel trattare di silenzio serbato dalla P.A., ipotetica inoppugnabilità e richiesta di accesso agli atti, il Consiglio di Stato (sez. V, 25 febbraio 2009, decisione n. 1115) ritiene “pacifico, infatti, che il provvedimento esplicito di diniego, fondato su una espressa motivazione, che richiama i risultati dell’istruttoria compiuta e della valutazione effettuata, non possa mai assumere le caratteristiche dell’atto "meramente confermativo" di un precedente silenzio con valore legalmente tipico di diniego”.

8 “Dunque si richiede normativamente l'indicazione delle ragioni sostanziali che, nella prospettiva del rapporto tra diritto e fatto, sorreggono la scelta dell'amministrazione, così come emergono dagli esiti istruttori. Il legislatore dell'art. 3 mostra di obbedire a un concetto di motivazione in senso sostanziale, in base al quale la pubblica amministrazione deve esplicitare per iscritto la tessitura della trama che l'ha condotta dal diritto al fatto e dal fatto al diritto per precisare l'uno mediante l'altro e viceversa (11)” (così RAMAJOLI, M., Il Declino della decisione motivata, in Diritto Processuale Amministrativo, fasc.. III, 2017, pag. 894 ss. Cfr. anche: RAMAJOLI, M., Lo statuto del provvedimento amministrativo a vent'anni dall'approvazione della legge n. 241/90, ovvero del nesso di strumentalità triangolare tra procedimento, atto e processo, ivi, fasc. II, 2010, pag. 459 ss.; nonché: CIOFFI, A, La motivazione del provvedimento amministrativo, in L'azione amministrativa, a cura di Alberto Romano, Torino, Giappichelli, 2016, pag.198 ss.).

9 Quanto alla distinzione tra atto confermativo in senso proprio ed atto meramente confermativo, e in seno a questa distinzione sulla legittimità o meno della dichiarazione di nullità di permesso di costruire ove sia stata omessa la comunicazione del preavviso di diniego ex art.10-bis della l. 241/1990, si rimanda a Tar Campania, sez. I, 12 maggio 2014, n. 926.

10 Conformemente all’art. 3, l. 241/1990, quale giustificazione dei presupposti di fatto (e, dunque, manifestazione di scienza) e quale enunciazione delle ragioni giuridiche, vale a dire il complesso dei ‘fattori di diritto’ che sostengono la scelta, anche discrezionale, dell’amministrazione (motivazione in senso stretto).

11 “Gli interessi meramente procedimentali sono, poi, a soddisfazione garantita poiché non vi è incertezza sul necessario rispetto dei modi e tempi del procedimento e il potere è espressione di dovere funzionale, ben identificato dalle regole del procedimento” (FOLLIERI, E., Il rapporto giuridico amministrativo dinamico, in GiustAmm.it, fasc. XII, 2017).

12 Sul concetto di legittimo affidamento quale correttezza del rispetto, da parte della pubblica amministrazione, dell’altrui posizione soggettiva e della legalità, e sulla possibilità di esperire l’azione di risarcibilità prevista dal Codice del processo amministrativo (d.lgs. 104/2010) nel caso di eventuali violazioni, si veda Consiglio di stato, sez VI, 6 marzo 2018, n. 1457.