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Pubbl. Gio, 9 Ago 2018
Sottoposto a PEER REVIEW

L´istanza di accesso agli atti amministrativi proposta dall´Avvocato in nome e per conto dell´interessato

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Francesco Orabona


E’ inammissibile la richiesta di accesso agli atti amministrativi proposta dal legale se non suffragata dalla dimostrazione di uno specifico potere di rappresentanza.


Sommario: 1. L’accesso agli atti amministrativi: normativa di riferimento e natura; 2. L’individuazione dell’interesse del richiedente: i chiarimenti della giurisprudenza; 3. La richiesta formulata dal legale dell’interessato; 4. Considerazioni conclusive.

1. L’accesso agli atti amministrativi: normativa di riferimento e natura

L’istituto dell'accesso agli atti amministrativi è stato introdotto dalla legge n. 241/90, modificata in un primo momento dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, cui ha fatto seguito a distanza di tempo, sotto il profilo sostanziale, la novella approvata con la legge 18 giugno 2009, n. 69, la quale, nel modificare l'art. 29 della citata legge n. 241/1990, ha attribuito al diritto di accesso il carattere di prestazione di livello essenziale, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. m), come tale non comprimibile dalle leggi regionali e da regolamenti locali, potendo questi soltanto innovarne la disciplina in senso ampliativo e giammai restrittivo[1].

Sotto il profilo processuale, invece, il legislatore è intervenuto, poi, con il D. Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, disciplinando il ricorso avverso il diniego di ostensione nell'ambito del nuovo codice di rito, così espungendo la regolamentazione degli aspetti patologici del diritto di accesso dalla legge 241.

La disciplina del diritto di accesso è prevista dagli art. 22 e ss. della L. n. 241/90.

In particolare, il comma 1 della citata disposizione stabilisce che il diritto di accesso è “il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi”.

Nonostante tale previsione normativa faccia testualmente riferimento all’accesso quale “diritto”, da tempo si sono formati due diversi orientamenti dottrinari e giurisprudenziali in ordine alla reale natura di tale istituto.

Secondo una prima impostazione, oramai risalente, l'accesso avrebbe consistenza di interesse legittimo[2] in quanto, seppure il legislatore avesse impiegato il termine “diritto” in maniera atecnica ed impropria, tale diritto sarebbe strumentale all'esigenza di garantire la trasparenza dell'azione amministrativa e, pertanto, il suo concreto esercizio sarebbe soggetto alla discrezionale verifica da parte della Pubblica amministrazione dell'esistenza di fondate ragioni dell'interessato, anche nell'ottica del bilanciamento degli interessi amministrativi o dei diritti di riservatezza dei terzi eventualmente coinvolti. Apprezzamento pur sempre discrezionale destinato a concludersi con un provvedimento di ammissione o di diniego, motivato, di natura autoritativa, da impugnarsi nei termini decadenziali previsti dalla legge sul procedimento.

Secondo opposta tesi, seguita attualmente sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, il diritto di ostensione avrebbe natura di vero e proprio diritto soggettivo[3] atteso che il termine “diritto” sia stato utilizzato dal legislatore secondo un'accezione politica e non tecnica del diritto, soprattutto quando tale termine viene utilizzato in norme di contenuto specialistico, quale, appunto, la legge n. 241/1990. A fondamento di tale tesi era stata adottata la legge 21 luglio 2000, n. 205 che, nel riformare il processo amministrativo, aveva attribuito massicciamente al Giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sui diritti, e, pertanto, è stato ritenuto che il diritto di accesso avesse consistenza di interesse legittimo solo in quanto le controversie allo stesso inerenti sono state ad esso attribuite.

2. L’individuazione dell’interesse del richiedente: i chiarimenti della giurisprudenza.

La legittimazione a richiedere gli atti amministrativi, in virtù dell'art. 22, comma 1, lett. b), della legge n. 241/1990, spetta a tutti i soggetti privati, sia persone fisiche, che persone giuridiche ed associazioni, che vantino un interesse concreto, attuale e personale oltre che giuridicamente rilevante, secondo quanto previsto dal relativo regolamento approvato con D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184.

In particolare, il requisito della personalità e concretezza dell'interesse sotteso all'ostensione risulta correlato alla sua funzione di tutela delle posizioni giuridiche soggettive private che esclude, pertanto, che attraverso l'esercizio di tale diritto, il cittadino vanti una generale azione di controllo della legalità amministrativa, come sarebbe se si trattasse di un'azione popolare.

Infatti, il diritto di accesso ai documenti amministrativi non può essere utilizzato quale strumento per esaminare l'efficacia e la congruità dell'azione amministrativa, al solo scopo di sottoporre l'operato dell'Amministrazione ad un'analisi diffusa di tipo essenzialmente ispettivo, sul comportamento e sulle scelte operate nell'azione amministrativa, ma riceve, piuttosto, carattere di attuale concretezza solo strumentalmente alla situazione giuridica per la tutela della quale viene esercitato[4].

In merito, poi, al profilo dell'interesse specifico, esso, dopo le modifiche apportate all'art. 22 cit. dalla legge n. 15/2005, può ritenersi sussistente allorquando risulti diretto, concreto ed attuale nonché corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento del quale il soggetto chieda l'ostensione[5]

La giurisprudenza più recente ha, altresì, confermato che in tema di diritto di accesso agli atti amministrativi, deve potersi individuare in capo al richiedente, in termini di concretezza ed attualità, un interesse conoscitivo: in tal caso, essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è condizione sufficiente perché l’interesse rivendicato possa considerarsi “diretto, concreto e attuale”, essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento[6].

3. La richiesta formulata dal legale dell’interessato

Con particolare riferimento all’ipotesi in cui la richiesta di accesso agli atti di una Pubblica amministrazione venga proposta dal patrocinatore legale a firma di quest’ultimo che agisce nell’interesse del proprio assistito, si pone la questione se la stessa possa ritenersi comunque ammissibile per ottenere l’ostensione dei documenti richiesti.

Orbene, fermo restando il principio stabilito dall’art. 22, comma 1, lett. b) della L. n. 241/90, giova precisare che sia per la richiesta di accesso formale che per quella informale agli atti, in applicazione degli artt. 5, comma 2, e 6, comma 3, del D.P.R. del 12 aprile 2006, n. 184, (Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi), il “richiedente deve… dimostrare la propria identità e, ove occorra, i propri poteri di rappresentanza del soggetto interessato”.

Dalle predette disposizioni normative, pertanto, si ricava agevolmente il principio che l'istanza formale di accesso agli atti deve essere proposta direttamente dal soggetto interessato, o, al più, da un soggetto dallo stesso formalmente delegato che faccia constare (e documenti) tale sua qualità: infatti occorre la dimostrazione da parte dell’istante della connessione dell'interesse all'oggetto della richiesta nonchè l’identità del medesimo richiedente e, ove occorra, la prova della sussistenza del potere di rappresentanza conferito dal soggetto interessato ad un proprio consulente legale.

Ne consegue che, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’istanza di accesso che non risulti sottoscritta anche dall’interessato bensì solo dal legale di quest’ultimo che agisce "nell'interesse e per conto", è ritenuta inammissibile in quanto la medesima istanza di accesso deve essere proposta dal titolare del diritto, unico legittimato, salvo che, ove proposta da terzo, anche professionista legale, non sia fatto constare, contestualmente all'istanza, il conferimento di uno specifico potere di rappresentanza, a nulla potendo rilevare il successivo conferimento di procura ad litem ai fini della proposizione del ricorso ex art. 25, che esaurisce i suoi effetti nell'ambito del rapporto processuale[7].

Ovviamente, tale necessità non sussiste allorquando l’interessato abbia già precedentemente rilasciato un mandato professionale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale, essendo sufficiente quello già ottenuto e sempre che si tratti dell’acquisizione di atti che siano obbiettivamente connessi al contenzioso per il quale è stato officiato. Analogo discorso vale nell’ipotesi in cui l’esistenza del titolo d’investitura del legale sia già ampiamente noto all’Amministrazione interessata[8].

In tale situazione ci si è chiesti se in presenza di richiesta priva della prova di potere rappresentativo dell’istante, l’Amministrazione possa invitare il richiedente a regolarizzare l’istanza in applicazione dell’art. 6, del D.P.R. del 12 aprile 2006, n. 184.

Orbene la citata disposizione normativa stabilisce che nel caso in cui “non sia possibile l'accoglimento immediato della richiesta in via informale, ovvero sorgano dubbi sulla legittimazione del richiedente, sulla sua identità, sui suoi poteri rappresentativi, sulla sussistenza dell'interesse alla stregua delle informazioni e delle documentazioni fornite, sull'accessibilità del documento o sull'esistenza di controinteressati, l'amministrazione invita l'interessato a presentare richiesta d'accesso formale, di cui l'ufficio rilascia ricevuta” (art 6, comma 1). Nel successivo comma 5 la norma recita: “Ove la richiesta sia irregolare o incompleta, l'amministrazione, entro dieci giorni, ne dà comunicazione al richiedente con raccomandata con avviso di ricevimento ovvero con altro mezzo idoneo a comprovarne la ricezione. In tale caso, il termine del procedimento ricomincia a decorrere dalla presentazione della richiesta corretta”.

Secondo il tenore letterale della citata norma, in presenza di accesso informale, ove risulti che siano sorti dubbi sulla legittimazione e sui suoi poteri rappresentativi nonché sulla sussistenza dell’interesse ad agire o sull'esistenza di controinteressati, l’invito dell’Amministrazione è rivolto al richiedente affinché questi presenti la richiesta formale. Se quest’ultima appare irregolare o incompleta, l’Amministrazione potrebbe compiere un ulteriore adempimento e cioè quello di invitare il richiedente a sanare la domanda (comma 5).

La disposizione di cui all’art. 6, comma 1 del D.P.R. n. 184/2006 ripercorre sostanzialmente il contenuto della precedente norma di cui all’art. 4, comma 1, del D.P.R. n. 352/92, poi abrogato; il comma 6 dell’art. 4 di quest’ultimo Regolamento prevedeva, invece, rispetto all’attuale art. 6, comma 5, del D.P.R. n. 184/2006, l’obbligo a carico dell’Amministrazione di sollecitare l’interessato alla regolarizzazione dell’istanza. Infatti tale ultima disposizione utilizza la locuzione “ne dà comunicazione” facendo ciò intendere che l’Amministrazione abbia una più ampia discrezionalità nel valutare la regolarizzazione o meno della domanda.

Sul punto, l’orientamento della giurisprudenza, prima dell’entrata in vigore del nuovo Regolamento, aveva chiarito che la mancata completezza dell'istanza di accesso non comportasse "ex se" l'automatica reiezione dell'istanza medesima, dovendo l'Amministrazione, in virtù del citato articolo 4, comma sesto, del D.P.R. n. 352/92, concedere al richiedente la possibilità di perfezionare la domanda entro il termine previsto dal predetto articolo[9]. Quindi, con la vigenza del precedente Regolamento, se la domanda di accesso formale del richiedente fosse sprovvista del potere di rappresentanza, a seguito dell’invito di cui al comma 1 dell’art. 4 cit., l’Amministrazione era obbligata ad invitare il soggetto istante a sanare la domanda irregolare.

Nell’ipotesi in cui si fosse verificata tale omissione in capo all’Amministrazione, secondo un indirizzo giurisprudenziale dell’epoca, la norma di cui all’art. 4, comma 6 del vecchio Regolamento non trovava applicazione al caso di istanza formale proposta da un soggetto terzo e, quindi, da un consulente legale che non avesse fornito la dimostrazione del conferimento dell’incarico legale. E ciò per due motivi di carattere formale e sostanziale: “a) in termini formali rileva il fatto che il D.P.R. n. 352/1992 stabilisce espressamente (art. 3 comma 2 e art. 4 comma 1) che nell'accesso informale eventuali i dubbi "... sulla legittimazione del richiedente, sulla sua identità, sui suoi poteri rappresentativi... " debbono essere risolti invitando l'interessato a presentare istanza formale, onde appare evidente che, a fronte (come nella fattispecie in esame) di una formale istanza di accesso, i profili relativi alla identità personale del richiedente, o ai poteri di rappresentanza del terzo richiedente, debbano essere del tutto chiariti; b) in termini sostanziali rileva il fatto che, altrimenti, la P.A. sarebbe esposta ad ottemperare agli adempimenti ex art. 4, comma 6, D.P.R. n. 352/1992 (invio di lettera racc. e a.r. entro dieci giorni) anche a fronte di istanze di accesso provenienti da soggetti terzi di incerta legittimazione”[10].

Con l’attuale procedimento previsto dal nuovo Regolamento, l’Amministrazione non avendo alcun obbligo di formulare l’invito a regolarizzare l’istanza formale priva del potere di rappresentanza, come nel caso di domanda proveniente da professionista legale che agisce in nome e per conto del suo assistito, può in ogni caso disporre il diniego della domanda per carenza di legittimazione ad agire e, quindi, di conseguenza il richiedente non potrebbe invocare in un eventuale giudizio dinanzi al Giudice amministrativo la mancata osservanza del principio del “soccorso istruttorio” per omesso invito a regolarizzare l’istanza.

A conferma di tale impostazione si segnala una pronuncia del TAR Sardegna con la quale il Collegio ha rigettato il ricorso affermando la non sussistenza dell’obbligo in capo all’Amministrazione di provvedere sull’istanza di accesso presentata da un legale senza allegare il mandato o la procura rilasciata dall’interessato, in nome e per conto del quale dichiarava di agire[11]

4. Considerazioni conclusive

In presenza di richiesta formale proveniente da un consulente legale che abbia redatto la medesima istanza in nome e per conto del soggetto che intenda ottenere l’ostensione di atti e documenti di una Pubblica amministrazione, al fine di rendere la procedura ammissibile, sarebbe preferibile che la domanda, corredata da tutti gli elementi essenziali, sia sottoscritta congiuntamente dal legale e dall’interessato oppure che il professionista alleghi alla domanda la procura attestante il conferimento dell’incarico.

Sarebbe, altresì, possibile riportare in calce all’istanza apposito mandato stragiudiziale con firma dell’interessato autenticata dall’Avvocato.

Infine, non va trascurata l’informazione che viene data agli interessati dalle Amministrazioni sui loro siti istituzionali ove viene indicata la documentazione che i richiedenti sono tenuti a presentare per l’accesso ivi compresa la delega e/o procura debitamente sottoscritta dal delegante e dal delegato.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] Garofoli, La nuova disciplina del procedimento e del processo amministrativo, in www.neldirittoeditore.it, 2009; F. Caringella e M. Protto, Il nuovo procedimento amministrativo, Dike Giuridica Editrice, 2009.
[2] Cons. Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 24 giugno 1999, n. 16.
[3] C.d.S. sez. VI, 27 maggio 2003, n. 2938; id. 3 gennaio 2004, n. 14; T.A.R. Roma, sez. II, 8 marzo 2004, n. 2206; T.A.R. Valle d'Aosta, 23 maggio 2003, n. 102; C.d.S., sez. VI, 27 maggio 2005, n. 2938.
[4] T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, 20/11/2009, n. 11398.
[5] T.A.R. Roma, 12 agosto 2010, n. 30789; T.A.R. Napoli, 7 giugno 2010, n. 12659; T.A.R. Marche 22 gennaio2009, n. 10.
[6] T.A.R. Puglia Bari Sez. III, 24/01/2018, n. 88; conf., T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, 10/01/2018, n. 180, in cui si specifica come gli atti sono accessibili in quanto “abbiano dispiegato o siano idonei a dispiegare effetti diretti o indiretti anche nei suoi confronti”.
[7] cfr. T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, 25-09-2006, n. 1950; T.A.R. Sardegna 24 ottobre 1995 n. 1684 e 13 novembre 1995 n. 1764.
[8] Cons. Stato, Sez. V, sent. 30.09.2013 n. 2006.
[9] Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 14 del 15-01-1998.
[10] T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, 25-09-2006, n. 1950.
[11] Tar Sardegna, sez. II, Sentenza 20 maggio 2015, n. 810.