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Pubbl. Lun, 9 Mar 2015

Segreto bancario e voluntary disclosure: una nuova via per contrastare l´evasione fiscale

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Emilia Senatore


Recenti casi giudiziari hanno evidenziato lo spinoso problema dell´evasione fiscale all´estero. Quali sono le misure adottate dal legislatore per arginare un fenomeno in così incresciosa crescita?


Si prospettano tempi duri per gli evasori fiscali, visto l’accordo tra l'Italia e la Svizzera circa lo scambio di informazioni ai fini fiscali, che fa cadere il segreto bancario.

Notoriamente, il segreto bancario mira a tutelare la riservatezza del cittadino, vietando a chi lavora o a chi ha lavorato in banca di fornire informazioni a soggetti terzi; tuttavia, l’ ordinamento giuridico Italiano non riconosce tale istituto per il fisco(1); a tal proposito, la Corte Costituzionale ha, invero, affermato che il dovere di riservatezza non può essere di ostacolo all’ accertamento degli illeciti tributari, dato che  il suddetto segreto non è legato alla tutela dei diritti della libertà personale, bensì ad interessi di natura patrimoniale(2).

In Svizzera, al contrario, tale segreto si opponeva a qualsiasi tipo di accertamento tributario derivante dai diversi ordinamenti europei perché per l’ordinamento elvetico l’ evasione, a differenza della frode, non è considerata un reato, ma un semplice illecito amministrativo. Tale circostanza rappresenta senza dubbio un ostacolo per lo scambio di informazioni tra le diverse amministrazioni finanziarie e per le diverse indagini bancarie tese a contrastare il reato dell’ evasione fiscale. Alla luce di questo scenario, il Paese, inserito nella c.d. "black list", risultava un vero e proprio paradiso fiscale.

La legge in commento prevede anche l’introduzione della c.d. Voluntary Disclosure.

Essa si configura come una misura tesa all’ emersione ed al rientro di capitali detenuti all’ estero per il potenziamento della lotta all’ evasione fiscale. Non si tratta né di un condono,  né di uno scudo fiscale, ma nasce intenzionalmente per dare la possibilità ai contribuenti di far rientrare in Italia tutte quelle somme che sono state portate all’estero da più di dieci anni al fine di eludere le norme sul monitoraggio fiscale. Va tuttavia chiarito che il contribuente, che decida di far rientrare in Italia i suoi capitali tenuti all’ estero, dovrà comunque  pagare le imposte evase fino a quel momento, pur godendo di una notevole riduzione dell'importo calcolato.

Il procedimento di regolarizzazione consta di due fasi:

- in un primo momento il professionista, che può essere un avvocato, un commercialista, o una banca, potrà chiedere all’ UCIFI - Ufficio centrale per il contrasto agli illeciti fiscali internazionali- tutti i chiarimenti necessari circa l’ opportunità di aderire o meno alla disclosure, in perfetto anonimato;

- in secondo luogo, una volta effettuata questa autodenuncia da parte dei soggetti che vogliono far rientrare i loro capitali in Italia, l’ Amministrazione Finanziaria esaminerà tutte le autodenunce presentate dai contribuenti sulla base di criteri sia oggettivi che soggettivi.

Ovviamente, l’autodenuncia dovrà essere tempestiva, ovvero presentata prima che siano iniziate verifiche od indagini a carico del soggetto. La procedura potrebbe essere di particolare interesse per gli eredi, che non rispondono delle sanzioni relative alle violazioni commesse in precedenza dal de cuius.

Negli articoli successivi della L. 186/2014, inoltre, vengono disciplinate alcune modifiche al codice penale in materia di autoriciclaggio, introducendo l’art.648 ter.1 e norme relative alla copertura finanziaria.

Con questi accordi si chiude un capitolo molto importante in materia fiscale internazionale attraverso la caduta del segreto bancario internazionale. Si determina invero una sorte di selezione naturale, quasi darwiniana, degli evasori.

I paradisi fiscali esistono ancora, ma ormai sono lontani dall’ Europa e quindi depositare i propri capitali in Paesi come il Libano, Singapore o le Filippine potrebbe sì evitare agli eventuali evasori il rischio di essere assoggettati ad accertamenti finanziari, ma esporli al pericolo di un mutamento degli scenari politici all'interno di tali Paesi, e, conseguentemente, alla potenziale perdita del proprio danaro.

 


(1) Vedi art 35 del D.p.r. 29 settembre 19733, n.600;
(2) Sent. Corte Costituzionale n. 51/1992, in Giur. It., 1992, I,1, 2087.