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Pubbl. Mer, 13 Giu 2018
Sottoposto a PEER REVIEW

Le Autorità Amministrative Indipendenti

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Giuseppe Mainas


Tali autorità si caratterizzano per il fatto che gli atti che vengono emanati sono prevalentemente connotati non da discrezionalità amministrativa ma da discrezionalità eminentemente tecnica, ossia fatta di giudizi tecnici espressi su fatti da valutare. Ragion per cui è doveroso esaminare le varie sfaccettature a cui può dar vita.


Sommario: 1. Introduzione; 2. Caratteristiche; 3.Ragione della loro esistenza nell'ordinamento; 3.1. Le peculiarità delle Autorità Amministrative Indipendenti; 4. Le Autorità Amministrative Indipendenti sono delle P.A.? 5. Il sindacato del Giudice.

1. Introduzione

Parlare di autorità amministrative indipendenti o di Authorities non è la stessa cosa, perché la definizione differente può dare adito a problemi di carattere interpretativo, infatti, se viene utilizzata la terminologia autorità amministrative indipendenti si risolve una buona parte dei problemi interpretativi. Appare importante, da questo punto di vista, la disciplina dell’art. 119 co. 1 lett b) c.p.a.; questo rito ha introdotto uno speciale rito abbreviato caratterizzato dalla dimidiazione di tutti i termini processuali, salvo quello per il ricorso introduttivo. Questa norma tra le materie interessate dal processo speciale abbreviato e accelerato contempla i provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti, con esclusione di quelli relativi al rapporto di servizio con i propri dipendenti. Si può facilmente evincere che la specialità della materia si collega con l’adozione di atti con rilevanza esterna che successivamente incidono su posizioni giuridiche soggettive.

Ciò che occorre sottolineare è che, nonostante i manuali usino tante definizioni, è coerente parlare, in linea con la legge di “Autorità amministrative indipendenti”.

Questa terminologia chiarisce in modo emblematico che non c’è contraddizione tra amministratività e indipendenza, che non è vero che tutte le attività amministrative debbano dipendere dalla politica. L’amministrazione indipendente trova fondamento nell’art. 97 Cost. ossia nel principio di buon andamento e imparzialità della P.A. Ci sono materie amministrative, infatti, caratterizzate da una complessità tecnica e da una sensibilità costituzionale degli interessi, che giustificano l’attribuzione della tutela e della gestione ad autorità caratterizzate da totale autonomia dalla politica (c.d. principio della preferenza della tecnica rispetto alla politica).

Tali autorità si caratterizzano perché i loro atti sono prevalentemente connotati non da discrezionalità amministrativa (e cioè di scelta delle soluzioni migliori per interesse pubblico) ma da discrezionalità eminentemente tecnica, ossia fatta di giudizi tecnici espressi su fatti da valutare. E’ evidente, allora, che non c’è nessuna ragione per cui debba esserci il controllo della politica e del governo sull’attività delle autorità indipendenti.

2. Caratteristiche

Un primo punto che dobbiamo chiarire è che, nonostante l’art. 119 co. 1 c.p.a. e altre norme parlino di autorità amministrative indipendenti, bisogna osservare che tale autorità sono un “arcipelago”, ognuna di essa caratterizzata da determinate caratteristiche. Le autorità si differenziano tra loro almeno per tre profili:

A) il tasso di indipendenza
B) l’ambito di operatività
C) il tipo di funzione

Dal punto di vista del tasso di indipendenza ci sono alcune autorità in cui il tasso di indipendenza è quasi completo, si pensi ad esempio all’Autorità per la tutela della concorrenza; altre autorità che sono invece condizionate dal potere politico, si pensi alla Banca d’Italia, caratterizzata da una congestione di interessi comuni con la politica.

Dal punto di vista dell’ambito operativo le autorità si differenziano perché ve ne sono alcune trasversali,  che operano non in un settore economico specifico o nei confronti di determinati operatori; ma sono chiamate a tutelare determinati interessi in ogni settore. Si pensi al garante della Privacy, che opera in ogni settore, vigilando su ogni soggetto che ponga in essere atti lesivi dei diritti. Ci sono autorità, al contrario, di tipo settoriale: chiamate a disciplinare settori specifici: ad es. la Consob, o le autorità nel settore dell’energia elettrica,  l’Anac, etc.

Una terza classificazione riguarda le funzioni, infatti, le autorità indipendenti hanno funzioni o di vigilanza o di regolazione. Quelle di vigilanza non hanno il compito di dettare le regole, ma hanno il compito di vigilare sulla attuazione e sul rispetto delle regole da parte degli operatori stessi; sono autorità prevalentemente sanzionatorie. Viceversa, le autorità di regolazione sono autorità che hanno precipua finalità di dettare le regole che devono essere rispettate dagli operatori di un determinato settore, il quale è caratterizzato da alta tecnicità e mutevolezza degli scenari, tali da rendere impossibile una regolamentazione astratta da parte della legge, abbisognando di un intervento regolativo delle autorità medesime.

Tale distinzione di funzioni si connette con la seconda distinzione, tra autorità trasversali o settoriali, tant’è vero che le autorità trasversali sono generalmente autorità di vigilanza; al contrario quelle settoriali sono autorità generalmente regolatorie, che dettano regole. Alcune autorità invece combinano i due poteri: la Banca d’Italia, la Consob, etc.

La legge all’art. 119 co. 1 lett b) c.p.a. risolve il problema della natura amministrativa  delle autorità indipendenti, chiarendo che non c’è  contrasto tra indipendenza e amministratività perché la Costituzione non fissa un concetto tipico di amministrazione.

3. Ragione della loro esistenza nell'ordinamento

Le ragioni sono tre:
1. in materie caratterizzate da particolare tecnicità c’è bisogno di organismi specialistici caratterizzati da personale qualificato;
2. in queste materie spesso non c’è solo la tecnicità, ma c’è anche la sensibilità costituzionale degli interessi oggetto di regolazione: la privacy, la concorrenza, l’anti-corruzione, etc., e quindi il soggetto regolatore deve essere assolutamente imparziale e non condizionato dalla politica;
3. il nuovo ruolo dello Stato nell’economia, si passa da un ruolo di attore economico, ad un ruolo di regolatore economico.

Quindi, in un’economia di mercato caratterizzato dalla concorrenza, lo Stato non può avere il ruolo di imprenditore, ma può avere il ruolo di regolatore e controllore. Conseguentemente, il cambio di ruolo evidenzia che c’è bisogno della creazione di organismi di controllo e regolazione che abbiano competenza su mercati estremamente complessi. In taluni casi, questa trasformazione è causata dalla compresenza dei due ruoli, perché lo Stato in alcuni casi rimane ancora operatore economico. E’ chiaro che la confusione di ruoli genera la necessità di autorità neutrali che sorveglino l’andamento del mercato.

3.1. Le peculiarità delle Autorità amministrative indipendenti

Le peculiarità sono due:
A) di carattere soggettivo e di carattere oggettivo
B) di carattere formale e sostanziale

3.1.1. Peculiarità soggettiva: indipendenza dal potere politico

Prima delle autorità indipendenti potevano esistere enti autonomi, ma mai enti indipendenti. Il controllo politico del governo centrale c’è anche sulle Regioni (120 co. 2 Cost); viceversa le autorità non sono autorità autonoma, ossia scevra da interventi statali; ma sono indipendenti, nel senso che non esiste alcun potere di intervento o di indirizzo o di annullamento da parte del governo nei confronti delle stesse. Mentre l’autonomia significa relazione limitativa di un rapporto, l’indipendenza significa assenza di rapporto, totale estraneità del governo.  Tale indipendenza si estrinseca in varie leggi speciali che sono unite da alcuni tratti comuni: rapporto privilegiato con il Parlamento; la piena autonomia organizzativa, finanziaria e contabile; la mancanza di rieleggibilità dei componenti; la totale assenza di poteri tipici di intervento diretto del governo sull’atto delle autorità. 

Tutto ciò conferma che nel nostro sistema esistono due tipi di amministrazione: quella sottoposta al governo (95 Cost.) e quella immune dalla politica perché svolge compiti tecnici e non ha bisogno di essere controllata dall’esecutivo (97 Cost.)

3.1.2. Peculiarità oggettiva: la funzione che viene svolta da parte dell’autorità è una funzione simile a quella del giudice.

Tale funzione si risolve nella garanzia di applicazione corretta e neutrale del diritto, attraverso la risoluzione di problemi tecnici. La funzione dell’autorità è una funzione giusdicente, perché si concreta nell’applicazione del diritto comprensiva del regolare e del decidere; c’è un elemento di specialità rispetto al giudice, il quale deve solo decidere. Invece l’autorità, prima di decidere il caso con l’applicazione della regola di diritto, deve prima individuarla la regola di diritto. Il regolare si sostanzia nel dettare quella che sarà la regola successivamente adoperata per disciplinare l’operato dei soggetti e dirimere i contrasti. Può essere una funzione o regolamentare o regolatoria; ossia può adottare regolamenti e quindi adottare una fonte del diritto, in conformità con il principio di legalità, cioè quando c’è una legge ad hoc che autorizzi l’autorità ad adottare provvedimenti regolamentari. In mancanza di norme che preveda  la possibilità di adottare atti regolamentari, gli atti saranno di carattere regolatorio. La funzione della decisione riguarda invece la possibilità di applicare la regola al caso specifico; si pensi alle A.D.R. o alla procedure di mediazione.

Nell’operato di queste autorità è esclusiva la discrezionalità tecnica – non c’è una discrezionalità amministrativa consistente nella comparazione degli interessi al fine di valorizzare l’interesse pubblico -, c’è un’attività valutativa caratterizzata dall’accertamento di fatti che necessitano di una valutazione tecnica. Questa discrezionalità tecnica riguarda le tre fasi dell’operato dell’autorità indipendente, ossia:

PRIMA FASE: l’interpretazione della legge
SECONDA FASE: l’individuazione della regola
TERZA FASE: l’applicazione della regola al caso concreto

Le autorità indipendenti non agiscono solo in via imparziale, ma in via neutrale: che differenza c’è tra il potere imparziale e il potere neutro?

La differenza è che l’autorità imparziale è un’amministrazione che ha un interesse pubblico da perseguire in modo equo e giusto; l’amministrazione neutrale, invece, è priva di interesse, deve solo applicare la legge: l’attività dell’amministrazione indipendente non ha uno scopo, ma è un’attività che si esaurisce nell’applicazione indipendente della legge: tutti gli interessi trattati allo stesso modo.

4. Le autorità amministrative indipendenti sono delle PP.AA.?

Sì, perché nonostante le peculiarità , le differenziazioni, sono da ricomprendere nelle Pubbliche Amministrazioni. Se tali non fossero, i loro atti non sarebbero amministrativi e non sarebbe applicabile la disciplina agli atti amministrativi (controllo Corte dei Conti, l. 241/90, etc.). Invece, è da ritenere che esse siano Pubbliche Amministrazioni e che quindi restano sottoposte ad alcune regole: la ragione principale a tale tesi è che non esiste nella Costituzione una nozione di P.A.; tant’è vero che, nell’enunciare i principi generalissimi, la Cost. rimanda alla legge l’individuazione delle pubbliche amministrazioni. Accanto al modello classico di P.A. (che esercita poteri amministrativi discrezionali ed è sottoposto al 95 Cost.) esiste un modello di amministrazione libera dal controllo politico che esercita discrezionalità tecnica ed è sottoposta all’art. 97 Cost. Questo tipo di visione è confermata non solo dall’art. 119 del c.p.a., ma anche da tutte le norme che prevedono la inclusione delle autorità indipendenti nell’elenco ISTAT della P.A.

Quali sono i precipitati delle teoria delle autorità amministrative come P.A.?

Primo precipitato: i rapporti di lavoro sono rapporti alle dipendenze della P.A. e di conseguenza soggiacciono quantomeno ai principi del T.U. 165/2001 (si pensi a titolo esemplificativo ai principi di concorso).

Secondo precipitato: gli atti adottati sono atti amministrativi e ciò rileva per l’estensione delle regole ex l. 241/ 90 e di tutte quelle regole previste per gli atti amministrativi. D’altronde questo tipo di conclusione è necessaria perché gli atti delle aut. Indipendenti sono atti che incidono sulla sfera giuridica del privato e quindi un potere autoritativo non può avere come bilanciamento la partecipazione del destinatario al procedimento stesso (vedi art. 24 c.p.a.).

Terzo precipitato: si applica anche alle autorità indipendenti il principio della responsabilità per i danni derivanti dall’esercizio o dal non esercizio del potere pubblicistico stesso; si applica il principio delle SS.UU. 500/1999. Questo vincolo deriva dalla considerazione che le autorità non fossero responsabili nei confronti dei danneggiati, esse sarebbero totalmente irresponsabili, quindi, la responsabilità è una conseguenza delle natura amministrativa ma è anche un vincolo costituzionale.

La Cassazione a proposito della CONSOB ha chiarito che la responsabilità non riguarda solo la vigilanza illegittima in senso attivo (ad es. una sanzione illegittima) ma riguarda anche l’omessa vigilanza, ossia quando non ci sia una vigilanza non corretta; a maggior ragione quando vi sia un danneggiamento di soggetti beneficiati dalla vigilanza.

Quarto precipitato: rimane un controllo della Corte dei Conti, soprattutto alla luce dell’utilizzo di fondi pubblici.

Più problematica, invece, è la questione relativa all’annullamento straordinario o al ricorso straordinario ed in questo caso bisogna vagliare la compatibilità di questi istituti con la indipendenza dell’autorità.

Per il ricorso straordinario il problema è stato superato, perché una volta ammessa la giurisdizionalità del rimedio e la vincolatività del Consiglio di Stato non ci sarà alcuna incompatibilità con l’indipendenza, perché la decisione è totalmente di carattere giudiziario.

Per ciò che attiene all’annullamento straordinario, in questo caso, non ci sono precedenti ed il problema è esclusivamente di carattere dottrinale. C’è chi sostiene che l’annullamento straordinario non sarebbe possibile, c’è invece una soluzione contraria che rileva che l’indipendenza non può essere totale, perché gli atti indipendenti non possono non essere sindacabili quando c’è un interesse nazionale.  Siccome il rimedio in questione è un rimedio extra ordinem a cui si ricorre quando c’è un pericolo serio per l’interesse pubblico nazionale, si deve ritenere che sia ammissibile tale intervento.

La tesi mediana invece ammette l’annullamento straordinario solo per quegli atti caratterizzati da discrezionalità amministrativa; quindi, allorquando l' autorità indipendente agisca con discrezionalità amministrativa tali atti possono essere sottoposti ad annullamento straordinario. Si tratterebbe di una valutazione case by case.

Ultimo corollario di questa indipendenza è la sottoposizione al potere giurisdizionale che è previsto dagli artt. 24, 103 e 113 Cost. su tutti gli atti della P.A. Quindi le autorità di controllo sono controllati dalla magistratura in base agli interessi lesi.

5. Il sindacato del giudice

In questo caso il problema è duplice e riguarda sia l’individuazione del giudice che il tipo di sindacato, infatti, per quanto al primo: è difficile individuare un criterio sulla base del quale differenziare le situazioni lese dalle autorità amministrative e il relativo riparto. Per quattro motivi:

1) innanzitutto perché spesso le autorità amministrative incidono su diritti fondamentali della persona, si pensi alla riservatezza, ai diritti dei consumatori, etc. Quindi si applicherebbe la teoria dei diritti affievoliti

2) perché queste autorità operano, la maggior parte dei casi, con una discrezionalità tecnica. E quindi, bisogna valutare l’idoneità della discrezionalità tecnica a degradare i diritti fondamentali a interessi legittimi

3) spesso queste autorità intervengono su atti, comportamenti o rapporti completamente privatistici. Si pensi all’autorità della concorrenza, che sanzioni attività di diritto privato

4) perché, specie per le sanzioni, si pone il problema generale di quale sia il giudice delle sanzioni. Sapete bene che la legge 689/81 prevede per le sanzioni la giurisdizione del giudice di pace. Ma le sanzioni applicate dalle autorità rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario? Una tesi opta per la giurisdizione del g.o., altra tesi per la giurisdizione del g.a.; altra tesi, quella mediana, che distingue le sanzioni afflittive da quelle ripristinatorie: quelle afflittive come quelle pecuniarie che spetta al g.o.; quelle ripristinatorie con cui c’è una discrezionalità amministrativa nella scelte di quelle sanzioni più idonee a tutelare il pubblico interesse c’è una giurisdizione del g.a.

Si può sostenere, quindi, che tutte le autorità sono affidate ad un riparto basato sulla concentrazione e dunque sulla giurisdizione esclusiva.

Infatti, per la privacy è prevista una giurisdizione esclusiva del g.o. (art. 152 codice sulla privacy), per tutte la altre autorità è prevista la giurisdizione del g.a. (art. 133 co. 1 lettera l c.p.a.) decreto 80/98: modello di giurisdizione esclusiva sulle autorità in tema di comunicazione, concorrenza, Banca d’Italia, etc. comprese le sanzioni. La devoluzione al g.a. delle sanzioni è stato bacchettato dalla Consulta per ciò che attiene alle sanzioni comminate dalla Consob e dalla Banca d’Italia per violazione della delega (sentenze 172/12 e  94/14 Corte Cost).

Un problema interessante si è posto – in particolare per la Consob – per l’omessa vigilanza. Ci si è chiesti quale sia il giudice competente a giudicare i danni che vengono fatte valere dai risparmiatori per l’omesso controllo della Consob sugli operatori finanziari.

Le Sezioni Unite con più pronunce (6719/2003 e la 1596/2005) hanno concluso che la giurisdizione è del giudice ordinario e di conseguenza, pur esistendo una giurisdizione esclusiva del g.a. sugli atti della Consob nella materia dei mercati finanziari; questa giurisdizione non comprende quei danni cagionati da inerzie, ossia da comportamenti omissive. Queste pronunce sono precedenti al codice del 2010  e tengono conto dell’art. 33 del decreto 80/98 parzialmente aggiornato dalla Consulta con la sentenza del 2004. Ma sostanzialmente, il ragionamento che la Corte di Cass svolge è basato su tre argomenti:

1) la disciplina in tema di regolamentazione dei mercati finanziari T.U. CONSOB 58/98 riconosce ai consumatori, in questo campo specifico, dei diritti fondamentali; quindi si deve applicare il principio generale per cui la tutela dei diritti inaffievolibili delle spettare al giudice ordinario.

2) il vero argomento, in secondo luogo, fa riferimento a chi agisce. Qui chi agisce non è l’operatore economico vigilato, ma il beneficiario della vigilanza, ossia il cittadino che confidando nella vigilanza ha comprato i titoli del vigilato. Nei confronti di questo soggetto l’amministrazione ha un dovere di vigilanza. Quindi l’omessa vigilanza si qualifica come comportamento omissivo violativo di obblighi di protezione a tutela dei diritti di credito o fondamentali del cittadino.

3) si osserva, inoltre, che si tratta di questione risarcitoria e quindi, in base all’art. 33 era compresa nella giurisdizione del giudice ordinario.

Ci sono però delle critiche a tale orientamento della Cassazione. In relazione al primo punto, si osserva che la teoria dei diritti ineffiovolibili presenta profili di forte debolezza. Occorre specificare che la sentenza 140/2007 della Consulta ha affermato che quando si parla di giurisdizione esclusiva sono da ricomprendere anche i diritti inaffievolibili. Quanto al secondo tema, si osserva in senso critico che non convince questa opzione quando differenza la qualifica del potere in base a chi lo contesti: cioè il fatto che lo contesti il beneficiario, non cambia la natura di norme di azione. Non sembra nemmeno convincente la differenziazione del potere attraverso la sua forma attiva od omissiva.  E quindi la giurisdizione dovrebbe sempre gravare sul g.a. Quanto al risarcimento del danno, ossia al terzo profilo, l’art. 30 e 7 cpa- non solo nelle materie esclusive ma anche in quelle ordinarie - prevedono che il g.a. possa conoscere anche di questioni eminentemente risarcitorie.

Il secondo profilo relativo alla giurisdizione è il tipo di sindacato.

Gli atti delle autorità indipendenti sono il paradigma della discrezionalità tecnica, e quindi sono atti sui quali il sindacato del giudice amministrativo viene esercitato in base alle due regole giurisprudenziali che per la discrezionalità tecnica sono state fissate negli ultimi 25 anni. La prima è che il sindacato ha carattere intrinseco e non solo estrinseco, la seconda è che il sindacato è di natura non sostitutiva. Perciò per il profilo intrinseco si supera l’idea basata sull’erronea equiparazione della discrezionalità tecnica a quella amministrativa secondo cui il giudice non potrebbe ai fini della verifica della legittimità dell’atto, la stessa regola tecnica già applicata dalla P.A. ma dovrebbe verificare ab estrinseco che l’atto è affetto da un vizio tale di illogicità anche non applicando la regola di carattere specialistico. Un esempio in sede di concorsi: si può correggere un elaborato vagliando se la valutazione è stata corretta o meno; ma non si può correggerlo applicando le valutazioni specialistiche della materia. Devo verificare se la valutazione è stata così illogica e illegittima, tanto da valutare anche da non specialista della materia la non corretta valutazione della P.A. Viceversa, la giurisprudenza chiarisce che al fine del controllo sui fatti non è precluso al giudice l’applicazione di criteri specialistici per verificare se il giudizio tecnico è stato coerente o meno.

Secondo profilo: si dice che il sindacato sulla discrezionalità tecnica è sì, intrinseco, ma non sostitutivo. Cosa significa che il sindacato deve essere intrinseco ma non sostitutivo?

Se il giudice rileva che è applicata male la regola tecnica (per esempio ha applicato male una sanzione) deve annullare il provvedimento per poi mandare la palla alla P.A. affinché essa applichi la regola in modo idoneo, ma non può sostituirsi alla P.A.

Anche nel campo della autorità dipendenti il compito del giudice è verificare se gli atti della P.A. siano legittimi, non sostituirsi alla P.A. stessa. La seconda verità riguarda il fatto che è vero che la discrezionalità tecnica è diversa da quella amministrativa, quindi, non riguarda il merito delle scelte, ma solo l’accertamento di fatti caratterizzati dall’applicazione di regole complesse. Ma è anche vero che in tema di discrezionalità tecnica c’è una riserva a favore della P.A.  (art. 34 co. 2 lett. c e 31 c.p.a.) articoli che dicono che il giudice può condannare la P.A. alla adozione del provvedimento solo quando l’attività è vincolata. Quando c’è discrezionalità invece non può sostituirsi alla riserva della P.A. e soprattutto quando ci sia una discrezionalità tecnica. Dal disposto degli artt. 34 e 31 c.p.a. si ricava che non solo la discrezionalità amministrativa, ma anche da quella tecnica, ossia caratterizzata da giudizi opinabili il giudice non può sostituire la sua valutazione a quella della P.A. ma deve valutare la legittimità del giudizio. Ed in secondo luogo, il principio per cui in ogni campo di discrezionalità anche tecnica c’è una riserva che impedisce al giudice di obbligare all’adozione di un provvedimento. Da queste due coordinate ricaviamo che il sindacato non è sostitutivo sotto due aspetti: il giudice non può annullare la valutazione, se questa non è illegittima; se il giudice la reputa illegittima non può sostituirsi, ma deve limitarsi ad annullare. Se Tizio ad esempio corregge un compito ed ha dato un voto in più, non potrà essere annullato, perché la prima valutazione non era illegittima, al massimo non condivisibile. Il secondo profilo prevede che allorquando il giudice annulla il provvedimento, non può sostituirsi alla P.A. quindi il sindacato è un sindacato di tipo intrinseco perché il giudice per valutare se c’è un errore può anche applicare in fase di controllo la regola tecnica con l’ausilio di mezzi tecnici, ma è un sindacato non sostitutivo perché il giudice controlla la legittimità ma non può sostituirsi al titolare della discrezionalità.

Il rito acceleratorio, infine, è descritto nell’art. 119 del c.p.a.: tale norma sarebbe applicabile anche al caso in cui siano impugnati regolamenti. Il dubbio è se in caso di impugnazione di un atto dell’autorità e di un atto ministeriale sia applicabile l’accelerazione di cui all’art. 119 c.p.a. La gestione dei rapporti di lavoro non è invece disciplinata dal rito acceleratorio.

 

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