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Pubbl. Mer, 30 Mag 2018
Sottoposto a PEER REVIEW

L´annullamento d´ufficio dell´aggiudicazione con riguardo ai vizi emersi nella procedura di verifica di anomalia

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Francesco Orabona


Il potere di annullamento d´ufficio dell´aggiudicazione definitiva di una gara di appalto può essere legittimamente esercitato allorquando l´Amministrazione abbia riscontrato, nell´ambito della procedura di verifica dell’anomalia delle offerte (in particolare nel c.d. taglio delle ali), errori di calcolo segnalati dalla concorrente.


Sommario: 1) L’annullamento d’ufficio in generale: 1.1 La disciplina di cui all’art. 21 nonies della L. n. 241/1990; 1.2 La natura del potere di annullamento d’ufficio; 1.3 Differenze tra annullamento d’ufficio e revoca; 1.4 Differenza tra annullamento d’ ufficio ed annullamento giurisdizionale; 2) La procedura di verifica dell’anomalia offerta nelle gare d’appalto; 3) L’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione in presenza di errori di calcolo nell’ambito della procedura del “taglio delle ali”.

1) L’annullamento d’ufficio in generale.

1.1. La disciplina di cui all’art. 21 nonies della L. n. 241/1990

La P.A., in virtù dell’art. 21 nonies della L. n. 241/1990, modificato dalla L. n. 124/2015 e dal successivo D.Lgs. 25 novembre 2016, n. 222, ha il potere di annullare autonomamente un provvedimento amministrativo viziato sotto il profilo della violazione di legge, eccesso di potere o incompetenza al verificarsi delle seguenti condizioni: a) illegittimità dell'atto; b) sussistenza di ragioni di interesse pubblico; c) esercizio del potere entro un termine ragionevole; d) valutazione degli interessi dei destinatari e dei controinteressati rispetto all'atto da rimuovere[1].

Tale potere può essere esercitato sia d’ufficio che ad iniziativa di parte.

Prima della L. n. 124/2015, il potere di annullamento non era soggetto ad alcun limite temporale. Il legislatore si limitava ad imporre che fosse esercitato entro “un termine ragionevole[2].

La nuova norma, invece, limita temporalmente il potere di annullamento d’ufficio dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici o dei casi di silenzio assenso ad un termine comunque non superiore a diciotto mesi decorso il quale l’Amministrazione perde la facoltà di intervenire legittimamente sulla situazione regolata dal pregresso provvedimento amministrativo. Fanno eccezione le ipotesi in cui tali provvedimenti siano conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione o dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato. Tali provvedimenti possono essere annullati anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi.

È chiaro, quindi, che la fissazione del termine per l’esercizio del potere amministrativo di secondo grado è finalizzata a garantire le aspettative del privato che dal provvedimento traggono origine nonché il generale principio della certezza del diritto.

Peraltro, la norma non facendo alcun riferimento alla decorrenza degli effetti dell’annullamento, pare che si limiti a tutelare il legittimo affidamento del privato nella certezza e stabilità degli effetti favorevoli del provvedimento e ad imporre una valutazione e comparazione di tutti gli interessi coinvolti.

Poiché l’ annullamento colpisce un atto illegittimo e l’illegittimità caratterizza l’atto fin dal momento della sua emanazione, si è affermata la retroattività dell’ annullamento d’ ufficio.

Nella pratica, invece, sembra potersi riconoscere all’Amministrazione il potere discrezionale di valutare, di volta in volta, gli effetti dell’annullamento d’ufficio, graduando gli stessi effetti retroattivi o adottando annullamenti d’ufficio con decorrenza ex nunc, in modo da poter garantire un corretto bilanciamento tra la tutela della legalità e dell’interesse pubblico e l’affidamento del privato[3].

1.2. La natura del potere di annullamento d’ufficio.

Il potere di annullamento è discrezionale e non obbligatorio, né sussiste un interesse legittimo del privato all'autotutela amministrativa. Esso resta pur sempre un potere di merito che si esercita, previa valutazione delle ragioni di pubblico interesse, valutazione riservata alla P.A. e insindacabile da parte del Giudice[4].

L’attribuzione di una sfera discrezionale in capo all’Amministrazione è finalizzata al perseguimento dell’interesse pubblico[5]. Il procedimento è diretto a soddisfare lo stesso interesse sotteso all’atto, che coincide altresì con l’interesse perseguito dal soggetto che lo emana (il procedimento è preordinato al soddisfacimento dell’interesse che fa capo all’amministrazione che lo emana) e solo indirettamente può portare al soddisfacimento dell’interesse di un soggetto distinto dalla PA, ed, in particolare, del cittadino[6].

Con le modifiche alla citata legge sul procedimento, introdotte con L. n. 124/2015, pare sia venuta meno l’unilateralità della gestione dell’interesse pubblico e, nello stesso tempo, la concezione del potere pubblico come inesauribile. Anche l’attività amministrativa è soggetta alla variabile temporale, a tutela della certezza del diritto e del legittimo affidamento dei singoli[7]

La funzione principale del principio di autotutela è quella di consentire all’Amministrazione di perseguire direttamente il soddisfacimento dei propri diritti ed interessi senza necessità di previo intervento giurisdizionale[8]. L’Amministrazione, quindi, nei limiti della propria competenza, come può emanare provvedimenti amministrativi ed eseguirli coattivamente senza ricorrere ad altre Autorità, cosi, sempre nei limiti della propria competenza, per il potere che ha di provvedere da sé ai propri interessi con atti esecutori, dispone di un potere di autocontrollo dei propri atti viziati, provvedendo con l’eliminazione degli stessi per garantire la soddisfazione del pubblico interesse. Il nuovo provvedimento, sia pure di carattere negativo, che l’Amministrazione emana deve sempre trovare la sua ragione nel pubblico interesse. Nell’autotutela, come nell’esercizio della funzione giurisdizionale, l’attribuzione del potere e la relativa potestà di esercizio sono condizionati dalla legge[9].

1.3. Differenze tra annullamento d’ufficio e revoca

Giova precisare che l’ annullamento d’ufficio si differenzia dalla revoca del provvedimento.

Infatti, posto che entrambi gli istituti sono finalizzati a togliere efficacia ad un precedente provvedimento amministrativo, essi si differenziano perché mentre il primo comporta l’eliminazione del provvedimento illegittimo ed in contrasto con l’interesse pubblico, la seconda produce la cessazione degli effetti di un provvedimento legittimo ma non più idoneo alla cura dell’interesse pubblico perseguito; si tratta di uno strumento finalizzato a garantire la continua rispondenza della scelta amministrativa con l’interesse pubblico in concreto perseguito.

I recenti interventi legislativi hanno introdotto una nozione ampia di revoca, prevedendo tre presupposti alternativi che legittimano l’adozione del provvedimento: a) la sopravvenienza di motivi di pubblico interesse; b) il mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento; c) una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici (c.d. jus poenitendi).

Il provvedimento di revoca deve avere ad oggetto un provvedimento ad efficacia durevole o istantanea, che non abbia ancora esaurito i suoi effetti quando l’Amministrazione decide di intervenire in autotutela, tanto che l’atto determina, per espressa previsione di legge, l’inidoneità del provvedimento a produrre ulteriori effetti. La revoca opera per ragioni di merito, vale a dire di opportunità e convenienza, con efficacia ex nunc, a differenza dell’annullamento d’ ufficio , previsto dall’art. 21 nonies, L. n. 241/1990, che opera per vizi di legittimità e con efficacia ex tunc.

La revoca poi, a differenza dell’ annullamento, dà luogo ad indennizzo nei confronti del privato.

Peraltro, queste differenze che rendevano certo il confine tra revoca ed annullamento, sono andate stemperandosi a causa degli interventi legislativi e dell’applicazione giurisprudenziale[10].

Se poteva affermarsi che siamo dinnanzi ad un provvedimento di annullamento quando la motivazione per la quale l’Amministrazione decide di ritirare l’atto in autotutela è riconducibile al momento della sua emanazione; mentre siamo dinnanzi ad una revoca quando la ragione dell’autotutela è sopravvenuta all’emanazione dell’atto in prime cure adottato, l’espressa previsione legislativa della revoca per nuova valutazione dell’interesse pubblico originario pone nel nulla tali affermazioni.

Secondo la giurisprudenza, poi, l’ annullamento in autotutela non deriva in via automatica dall’accertata originaria illegittimità dell’atto, essendo altresì necessaria la sussistenza di un interesse pubblico attuale al ripristino della legalità che risulti prevalente sugli interessi dei privati che militano in senso opposto, e l’Amministrazione deve fornire nell’atto di ritiro adeguata motivazione riguardo alla prevalenza dell’interesse pubblico[11] Quest’ultimo, quale interesse diverso ed ulteriore al mero ripristino della legalità violata, è della stessa natura dell’interesse pubblico sotteso all’adozione del provvedimento di primo grado. Occorre valutare la nuova situazione di fatto che si è venuta a creare, considerando gli effetti che medio tempore il provvedimento ha prodotto, e considerare che lo stesso si trova ad incidere su una vicenda che si è protratta nel tempo ed ha subito adeguamenti e cambiamenti[12].

L’ annullamento, in altre parole, non è più strumentale alla corretta applicazione del diritto (mero ripristino della legalità violata), avendo perso quello stretto legame con il principio di legalità che originariamente caratterizzava l’istituto. Esso diviene il modo per perseguire un determinato interesse che viene a prevalere nel momento in cui è esercitato.

1.4. Differenza tra annullamento d’ ufficio ed annullamento giurisdizionale.

In sede giurisdizionale la pretesa del cittadino riguarda principalmente l’esercizio legittimo del potere amministrativo al fine di acquisire o conservare il bene della vita. L’interesse legittimo, a differenza del diritto soggettivo, non dispone di un proprio contenuto definibile a priori dal legislatore: l’indagine del Giudice, diretta a soddisfare l’interesse particolare, non può prescindere da quello che è avvenuto nel procedimento. La stessa definizione di interesse legittimo come pretesa sostanziale la cui soddisfazione è collegata all’esercizio di un potere da parte della PA[13], impone al Giudice amministrativo di prendere, in primo luogo, in esame il procedimento amministrativo al fine di verificare se, nella realizzazione dell’interesse pubblico, l’Amministrazione abbia legittimamente sacrificato l’interesse particolare del ricorrente[14].

Nel giudizio amministrativo, ricorrente, pubblica amministrazione e controinteressato, conservano le medesime posizioni assunte nell’ambito procedimentale, poiché è nel procedimento che si individua il bene della vita.

L’interesse legittimo, quale posizione a formazione progressiva, consiste all’inizio del procedimento in una situazione sostanziale di mera aspettativa che viene poi a configurarsi pienamente nel corso del procedimento (mediante l’esercizio delle facoltà di partecipazione) e si concretizza al termine del procedimento con il conseguimento del risultato finale. L’interesse legittimo permarrà poi in vita finché l’ordinamento consenta al suo titolare di farlo valere nelle opportune sedi, anche attraverso la riapertura del procedimento[15].

Come nel procedimento si è superata quella concezione che vuole l’Amministrazione sempre in una posizione di superiorità/autorità, quale condizione indispensabile per disporre dell’interesse pubblico, divenendo questo complesso e variabile, di pari passo, nel processo, il giudice non è più chiamato a ristabilire una posizione di parità tra privato ed Amministrazione al fine di risolvere il conflitto.

Peraltro, come correttamente osservato, il risultato del procedimento, anche quando “partecipato” in modo tale da comporre nella fase amministrativa il conflitto di interessi, potrebbe non coincidere con quello del processo amministrativo. Il risultato del processo amministrativo è affidato a soggetto in posizione di terzietà, imparziale rispetto alla lite, mentre l’amministrazione resta pur sempre parte interessata: comunque essa si immedesimi negli interessi contrapposti, il risultato della sua azione in concreto è sempre il perseguimento dell’interesse pubblico primario alla cui cura è preposta[16].

2) La procedura di verifica dell’anomalia offerta nelle gare d’appalto

L’art. 97 del D.Lgs. n. 50/2016 prevede la disciplina del sub-procedimento per la verifica dell’anomalia dell’offerta già regolamentato nel precedente D.Lgs. n. 163 del 2006 agli artt. 87 e 88.

Infatti, tale tipo di procedura è attivata con formale richiesta della Stazione appaltante rivolta alle Imprese partecipanti affinché queste ultime forniscano spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte se queste appaiono anormalmente basse.

La Stazione appaltante, dopo aver esaminato le istanze delle concorrenti ed eventualmente la documentazione giustificativa, procede alla formulazione di un giudizio tecnico volto ad accertare la congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell'offerta.

Si è sostenuto, a conferma di quanto già avveniva con la previgente normativa, che tale giudizio costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla Pubblica amministrazione ed insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell'operato della Commissione di gara, che rendano palese l'inattendibilità complessiva dell'offerta[17].

E’ stato, peraltro, osservato che la procedura prevista dal nuovo Codice degli appalti è a struttura monofasica, cioè attivabile con un'unica richiesta di chiarimenti, non più trifasica (giustificativi, chiarimenti, contraddittorio) così come avveniva nel precedente D.Lgs. n. 163/2006[18]

Sul punto, però, non sembra che la nuova disciplina escluda l’esperibilità del contraddittorio procedimentale con i concorrenti prima di addivenire all’esclusione dalla gara (ad esempio, richiesta di precisazioni scritte o audizione diretta dell’offerente) nel caso in cui le giustificazioni non siano state ritenute sufficienti in quanto affette da incompletezza.

A tal proposito è stato affermato che la disciplina delle offerte anomale contenuta nel nuovo codice deve essere interpretata in coerenza con i principi comunitari e, in particolare, con l’articolo 69 della Direttiva n. 2014/24 secondo cui “l’amministrazione aggiudicatrice valuta le informazioni fornite consultando l’offerente”, quindi garantendo il pieno contraddittorio con l’impresa volto a chiarire i profili ancora dubbi o in contestazione dopo la presentazione delle iniziali giustificazioni scritte[19].

La congruità delle offerte è valutata secondo due diversi parametri a seconda di quanto previsto dal bando in merito al criterio di aggiudicazione da applicare.

Infatti, se il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano un ribasso pari o superiore ad una soglia di anomalia determinata. In tal caso il RUP o la Commissione giudicatrice procedono al sorteggio, in sede di gara, di uno dei metodi matematici tassativamente riportati nel comma 2 dell’art. 97 cit..

Se, viceversa, il criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara.

Ovviamente, in sede di valutazione dell’anomalia dell’offerta, la stazione appaltante, dopo aver garantito alle concorrenti il contraddittorio in presenza di profili ancora dubbi a seguito delle giustificazioni iniziali presentate, provvede ad escludere l'offerta solo se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi giustificativi proposti dalle Imprese o se ha accertato che l'offerta è anormalmente bassa e non conforme ai requisiti di cui al comma 5 del medesimo art. 97.

In particolare, la giustificazione dell’ offerta è richiesta dalla stazione appaltante all’operatore economico, affinché questi spieghi le ragioni economiche e tecniche che gli hanno consentito di operare un determinato ribasso. La prerogativa dell’Amministrazione è quella di verificare, dunque, se l’ offerta sia seria, sostenibile ed affidabile. La finalità della verifica in esame è quella di evitare che offerte troppo basse espongano l’Amministrazione al rischio di esecuzione della prestazione in modo irregolare. La stazione appaltante deve, infatti, aggiudicare l’appalto a soggetti che abbiano presentato offerte che risultino complessivamente proporzionate sotto il profilo economico all’insieme dei costi, rischi ed oneri che l’esecuzione della prestazione comporta a carico dell’appaltatore con l’aggiunta del normale utile d’impresa. La valutazione di congruità deve, quindi, essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente ed in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo, dal momento che l’obiettivo dell’indagine è l’accertamento dell’affidabilità dell’offerta nel suo complesso e non già delle singole voci che la compongono[20]. Su tale ultimo punto si osserva, altresì, che il subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, imposto dalle regole di trasparenza, tutela della concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e proporzionalità, mira a fornire alle Amministrazioni uno strumento di controllo finale delle offerte, a garanzia in primis del risultato e dell’aggiudicazione, con un apprezzamento discrezionale della convenienza complessiva dell’offerta ritenuta migliore e del conseguente importo complessivo, nel presupposto che l’eventuale incongruità di talune voci di costo non comporta di necessità l’anomalia dell’offerta nel suo complesso[21].Pertanto, in sede processuale, in presenza di offerte tecniche, - peraltro sindacabili dal Giudice limitatamente ad eventuali profili di illogicità, irragionevolezza ed inadeguatezza dell’istruttoria-, non si può rieditare analiticamente gli apprezzamenti discrezionali di ciascuna componente dell’offerta, le quali appaiono prima facie risultanti immuni dai suddetti vizi[22]

3) L’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione in presenza di errori di calcolo nell’ambito della procedura del “taglio delle ali”.

Si è posto il problema se la Stazione appaltante possa legittimamente esercitare il potere di annullamento d’ufficio del provvedimento di aggiudicazione della gara nell’ipotesi in cui il vizio emerso nella fase di verifica dell’anomalia dell’offerta sia segnalato da una delle concorrenti non risultata aggiudicataria della gara. In particolare, ci si è chiesti se in sede di autotutela l’Amministrazione possa riformulare i conteggi, ritenuti errati dalla Ditta non aggiudicataria sentita in contraddittorio, al fine di individuare correttamente la soglia di anomalia dell’offerta da escludere.

Al fine di meglio comprendere la questione, si riportano di seguito alcune osservazioni emerse dall’esame di un caso concreto.

Ebbene, una Stazione appaltante adottava in autotutela, ai sensi dell’art. 21 nonies della L. n. 241/1990, il provvedimento di annullamento dell'aggiudicazione definitiva di un appalto di servizi[23] precedentemente disposta in favore di una delle Ditte partecipanti, in quanto, in sede di verifica dell’anomalia delle offerte, aveva riscontrato, a seguito dei rilievi presentati da altra ditta concorrente e ritenuti fondati dall’Amministrazione, un errore di calcolo nell’individuazione della fascia di minor ribasso da escludere ai fini del calcolo della soglia di anomalia (c.d. taglio delle ali). L’Amministrazione, dopo il rinnovo di tali operazioni di calcolo, escludeva, quindi, la concorrente risultata originariamente aggiudicataria ed aggiudicava la gara all’Impresa che aveva segnalato l’errore di calcolo.

La Ditta non aggiudicataria aveva, pertanto, proposto ricorso giurisdizionale lamentando, tra l’altro, l’arbitrarietà e l’illegittimità del potere di annullamento della Stazione appaltante la quale avrebbe violato l’art. 38, comma 2 bis, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i. atteso che la Stazione appaltante, nel procedere all’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione definitiva, non avrebbe consentito alla medesima ricorrente di far ricorso al soccorso istruttorio di cui alla norma citata.

Invero, pare opportuno chiarire che l'art. 38, comma 2 bis D.Lgs. n. 163 del 2006 ha introdotto nel nostro ordinamento il c.d. soccorso istruttorio rinforzato, a seguito del quale qualsiasi irregolarità è sanabile e l'esclusione dalla gara può essere disposta solo quando il concorrente, invitato ad integrare o regolarizzare gli elementi o le dichiarazioni, non dovesse provvedervi nel termine assegnato dalla stazione appaltante. Per effetto del combinato disposto degli artt. 38, comma 2 bis, e 46, comma 1 ter, del Codice dei contratti pubblici, il soccorso istruttorio rinforzato è obbligatorio per qualunque ipotesi di omissione o irregolarità delle dichiarazioni rese e dei documenti prodotti, in ogni fase della gara.

Ed, in particolare, l’ultimo periodo della citata norma, invocata dalla Società non aggiudicataria, non sarebbe applicabile atteso che detta disposizione prevede che «ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte». La norma si riferisce evidentemente alla diversa ipotesi in cui l’Amministrazione, in caso di carenza dei requisiti soggettivi previsti dal medesimo art. 38, o in caso di altra potenziale causa di esclusione (così come confermato dalla Giurisprudenza), abbia escluso e poi riammesso (o viceversa) un operatore economico a seguito della regolarizzazione (o della mancata regolarizzazione) della documentazione presentata (c.d. esercizio del soccorso istruttorio), stabilendo, in tale caso, il divieto di modificare i calcoli delle medie e della soglia di anomalia effettuati precedentemente alla suddetta esclusione/ammissione.

Nel caso specifico, invece, l’Amministrazione non aveva provveduto all’esclusione di un operatore dopo averlo ammesso, né lo ha riammesso dopo averlo escluso, ma semplicemente, vista la presenza di un errore nel calcolo della soglia di anomalia, così come evidenziate dall’istanza della società concorrente, ha annullato il provvedimento di aggiudicazione definitiva fondato su tale erroneo computo.

L’Amministrazione aveva ritenuto opportuno annullare l’aggiudicazione anche tenendo conto dell’interpretazione dell’art 121 del D.P.R. n. 207/2010 fornita dall’Autorità Nazionale Anticorruzione nel Parere di Precontenzioso n. 87 del 23/04/2014 (cfr. anche Parere di Precontenzioso n. 133 del 24/07/2013), nonché dalla più recente giurisprudenza in merito.

In altri termini, l’Amministrazione non aveva inteso autonomamente ed arbitrariamente ricalcolare la soglia di anomalia a seguito della ammissione di un concorrente prima escluso o, viceversa, dell’esclusione di un concorrente prima ammesso (operazione effettivamente vietata dall’art. 38, comma 2 bis, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i.)[24], ma, avendo riscontrato, a seguito di segnalazione di altra ditta, un errore nell’individuazione della fascia di minor ribasso da escludere ai fini del calcolo della soglia di anomalia, aveva annullato il provvedimento di aggiudicazione definitiva viziato da tale errore per poter rinnovare le operazioni di calcolo. La rinnovazione di tale operazione di calcolo veniva successivamente disposta dall’Amministrazione in apposita seduta pubblica.

Nel caso di specie, il potere di autotutela attivato dall’Amministrazione per annullare il provvedimento di aggiudicazione gravato, è stato esercitato nel rispetto dei fondamentali principi di buona fede e correttezza atteso che in assoluta trasparenza e nel pieno rispetto delle garanzie procedimentali, ha tempestivamente rilevato, su impulso di altra impresa concorrente, un errore di calcolo che, ove non evidenziato, avrebbe rischiato di vulnerare sia il diritto delle altre concorrenti al rispetto della par condicio sia l'interesse pubblico della medesima Amministrazione ad avvalersi di un partner contrattuale idoneo e qualificato.

Sul punto giova osservare che, secondo il consolidato orientamento della la Giurisprudenza amministrativa, “la Pubblica Amministrazione conserva, anche in relazione ai procedimenti di gara per la scelta del contraente, il potere di annullare in via di autotutela sia il bando che le singole operazioni di gara, tenendo conto delle preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse; l'autotutela trova fondamento negli stessi principi costituzionali predicati dall'art. 97 della Costituzione cui deve ispirarsi l'azione amministrativa, ed in tale prospettiva neppure il provvedimento di aggiudicazione definitiva osta all'esercizio di un siffatto potere, il quale, tuttavia, incontra il limite del rispetto dei principi di buona fede e correttezza, e della tutela dell'affidamento ingenerato[25]

E’ ben noto che l annullamento d' ufficio è lo strumento giuridico che la legge 7 agosto 1990, n. 241 mette a disposizione dell'Autorità emanante per la soppressione di un provvedimento da essa illegittimamente adottato e per l'eliminazione degli effetti dallo stesso prodotti. Ne consegue che anche il ripensamento nel corso del procedimento da parte dell'organo pubblico rispetto ad un parere già espresso e la sua sostituzione con altro, emendato dell'errore di fatto che aveva dato origine al primo, costituisce una fase della complessa dialettica procedimentale nella quale ogni dato acquisito nella fase istruttoria è provvisorio e, quindi, esso può essere corretto senza particolari formalità diventando stabile e definitivo solo allorché è assunto come contenuto dell'atto conclusivo. Tale correzione, che non ha dato vita ad un subprocedimento in senso tecnico, è avvenuta nel corso dell'unitario procedimento attivato su istanza della controinteressata[26].

Nel caso in questione, dunque, se pure è vero che il potere di autotutela è stato posto in essere dopo l’aggiudicazione definitiva, lo stesso può ritenersi legittimamente esercitato in quanto volto a correggere un errore di calcolo segnalato da altra concorrente. Quindi, l’autotutela si è, stavolta, espressa nel potere dell’Amministrazione di intervenire su una procedura viziata in quanto affetta da errore di calcolo considerando che, laddove l’autotutela non fosse intervenuta, la procedura sarebbe stata inevitabilmente gravata da un contenzioso che avrebbe esposto l’Amministrazione alla soccombenza, il cui eventuale comportamento omissivo sarebbe stato considerato rilevante e valutabile ai fini di una condanna in sede processuale.

Peraltro, preme evidenziare che il Codice dei contratti concede agli operatori economici partecipanti la possibilità di proporre all’Amministrazione l’istanza di cui all’art. 243 bis (Informativa in ordine all'intento di proporre ricorso giurisdizionale) in modo tale che possa essere consentito all’Autorità pubblica l'opportunità di un riesame della fattispecie in via di autotutela al fine di evitare un potenziale contenzioso[27].

Nel caso che interessa, l’istanza  non poteva essere ignorata dall’Amministrazione, posta la sua fondatezza e considerate le conseguenze cui l’Ente si espone in caso di mancata esercizio del potere di autotutela: così agendo l’Amministrazione si è fatta parte diligente andando a verificare l’effettiva sussistenza dell’errore di calcolo e provvedendo a sanarlo.

Si rammenta, infatti, che nel caso di illegittimità che non intaccano gli accertamenti dei fatti materiali compiuti dalla Commissione giudicatrice di un appalto pubblico, ma sono riferite, esclusivamente, o a meri errori di calcoli, oppure ad errate interpretazioni di norme giuridiche o di atti amministrativi, il riesame dei risultati della gara può essere legittimamente compiuto attraverso le procedure garantistiche ordinarie, delineate dalla giurisprudenza in materia di esercizio del potere di autotutela conformemente al principio di buon andamento della P.A.[28].

Note e riferimenti bibliografici
[1] Cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 1946 del 07-04-2010.
[2] Cons. Stato, Sez. IV, 4 giugno 2013, n. 3056.
[3] Falcon, Questioni sulla validità e sull’efficacia del provvedimento amministrativo nel tempo, in Tempo, spazio e certezza dell’azione amministrativa, Milano, 2003, 138 e segg.
[4] Cons. St., Sez. V, n. 2551 del 03-05-2012.
[5] Mortati, La volontà e la causa nell’atto amministrativo e nella legge, Roma, 1935, 83; Donati, Principi generali di diritto amministrativo e scienza dell’amministrazione, Appunti a cura di Tosato, Padova, 1932; 13; Zanobini, L’attività amministrativa e la legge, in Riv. Dir. Pubbl., 1924, I, 6.
[6] Benvenuti, Funzione amministrativa, procedimento, processo, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 1952, 126 e segg.
[7] Villata, Ramajoli, Il provvedimento amministrativo, Torino, 2006, 43 e segg.
[8] Benvenuti, voce “Autotutela (diritto amministrativo)”, in Enc. Dir., IV, Milano, 1959, 540 e segg.
[9] Cfr. Kelsen, La dottrina dei tre poteri o funzioni dello Stato (1934/24), in Kelsen, Il primato del Parlamento, a cura di Geraci, Milano, 1982.
[10] T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 13 luglio 2007, n. 6369. In dottrina, si veda, Immordino, I provvedimenti amministrativi di secondo grado, in Dir. Amm. a cura di Scoca, Torino, 2015, 358 e segg.
[11] Cons. Stato, Sez. VI, 14 novembre 2014, n. 5609; Id., Sez. IV, 19 marzo 2013, n. 1605; Id., Sez. III, 30 luglio 2013, n. 4026.
[12] Cons. Stato, Sez. VI, 18 agosto 2009, n. 4958. Nello stesso senso Corte giust., 24 gennaio 2002, in causa C-500/99, Conserve Italia Soc. Coop
[13] Nigro, Giustizia amministrativa, Bologna, 2002.
[14] Scoca, Contributo sulla figura dell’interesse legittimo, Milano, 1990, 36-37; Mazzarolli, Dir. Amm., a cura di Mazzarolli e altri, IV ed., Bologna, 2005, II, 472 e segg.; Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Bologna 2013, 129; Sorace, Diritto delle amministrazioni pubbliche, IV ed., Torino, 2007, 400.
[15] Greco, Il rapporto amministrativo e le vicende della posizione del cittadino, in Dir. Amm., 2014, 585.
[16] Caianiello, Rapporti tra procedimento amministrativo e processo, in Dir. Proc. Amm., 1993, 261, nota 29.
[17] Cfr., ex multis, Cons. Stato Sez. V, 03-04-2018, n. 2051.
[18] T.A.R. Valle d’Aosta Aosta Sez. Unica, 15-05-2017, n. 29.
[19] T.A.R. Marche, 23 gennaio 2017, n. 66.
[20] Cons. Stato Sez. V, 03-04-2018, n. 2051; Consiglio di Stato sez. V, 12 maggio 2017, n. 2228; Cons. Stato, Sez. V, 27 agosto 2012, n. 4600.
[21] T.A.R. Puglia Bari Sez. I, 09-06-2016, n. 710. 
[22] cfr. Cons. Stato Sez. V, 03-04-2018, n. 2051; Cons. Stato Sez. V, 02-03-2018, n. 1294; Cons. Stato Sez. V, 16-05-2017, n. 2319.
[23] Si trattava di una gara pubblica bandita antecedentemente al D.Lgs. n. 50/2016 e, pertanto, trovavano applicazione le norme del D.Lgs. n. 163/2006.
[24] Il procedimento di accantonamento delle ali costituisce una mera operazione matematica, distinta dall’effettiva esclusione dei concorrenti che superano la soglia di anomalia. L’Amministrazione, nella fase di ricalcolo del taglio delle ali, aveva proceduto soltanto ad accantonare le offerte tecniche che non rientravano nella fascia di valutazione, senza per questo procedere ad alcuna esclusione.
[25] cfr., ex multis, T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Trieste Sez. I, 16-03-2015, n. 144; T.A.R. Emilia-Romagna Parma Sez. I, 22-04-2013, n. 175.
[26] T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, 28 giugno 2011, n. 5698.
[27] T.A.R. Lazio Latina Sez. I, 02-03-2016, n. 124.
[28] cfr. ex multis, Cons. Stato Sez. V, 28-02-2002, n. 1224; Cons. Stato Sez. V, 03-02-2000, n. 661.