Pubbl. Ven, 27 Ott 2017
La natura giuridica delle linee guida ANAC alla luce del nuovo codice dei contratti pubblici
Modifica paginaFacciamo luce su questo nuovo, potentissimo strumento dell´Autorità Nazionale Anti Corruzione
Sempre più spesso si sente parlare di linee guida dell'Anac.
Sembra quasi che questo termine venga snocciolato automaticamente dall'opinione pubblica che ne parla di frequente, senza però spiegare la natura e le funzioni di questo tipo di atti.
Al fine di comprendere cosa sono le linee guida dell'Anac, bisogna innanzitutto capire cosa è l'Anac e quali sono i compiti che essa svolge.
COSA SI INTENDE PER ANAC: BREVE PREMESSA STORICO-SISTEMATICA
L'acronimo ANAC indica l'Autorità Nazionale Anti Corruzione.
Si tratta di una delle autorità amministrative indipendenti, istituite in Italia a partire del 1974, anno di creazione della Consob (COmmissione Nazionale per le SOcietà e la Borsa), e poi durante tutti gli anni '90.
Segnatamente, il legislatore ha inteso, con la creazione di queste figure, fra loro anche abbastanza varie, tutelare tutti gli interessi da lui ritenuti sensibili. Gli interessi di particolare rilevanza costituzionale, la cui cura richiede non solo un alto grado di tecnicismo, ma anche al contempo di indipendenza e neutralità, rispetto ai quali, quindi, il modello precedente di pubblica amministrazione appariva del tutto inadeguato.
In particolare, l'Anac è di recentissima istituzione, giacchè è nata con la legge n. 190/2012, inglobando l'ex CIVIT e, successivamente nel 2014, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che viene di seguito soppressa.
La sua funzione è quella di prevenire la corruzione nell'ambito della pubblica amministrazione italiana, nelle società partecipate e controllate dalla pubblica amministrazione, anche mediante l'attuazione della trasparenza in tutti gli aspetti gestionali.
Compito pregnante è poi quello di vigilanza nell'ambito dei contratti pubblici, al fine di assicurare un sereno svolgimento della procedura contrattuale ed è in questo ambito che si inseriscono le linee guida.
LE LINEE GUIDA ANAC: NATURA ED EFFETTI SULL'ORDINAMENTO GIURIDICO
L'introduzione ad opera del codice dei contratti pubblici (d.lgs n. 50/2016) delle linee guida Anac ha fatto sorgere un acceso dibattito sulla natura delle stesse e sulla loro collocazione nella gerarchia delle fonti; ci si è, nello specifico, interrogati sulla compatibilità delle linee guida con il principio di legalità.
Prima di sciogliere tale dubbio ermeneutico, è utile chiarire che le linee guida anac rappresentano una novità assoluta nel nostro sistema ordinamentale e rispondono all'esigenza di garantire una regolazione sempre più flessibile e veloce con abbandono graduale del modelllo regolamentare di cui all'art. 17 l. 400/1988.
In quest'ottica, si parla di un sistema disciplinatorio ispirato al fast law più che soft law.
Il fenomeno della soft law - generato nel diritto internazionale per risolvere questioni, transazioni e rapporti non soggetti ad alcuna normazione cogente - postula l'assenza di vincolatività della regola di cui si tratta, il cui rispetto viene sostanzialmente rimesso all'adesione volontaria.
Le linee guida posso, infatti, avere carattere obbligatorio e vincolante, in quanto strumenti di regolamentazione flessibile.
Il codice dei contratti pubblici, in attuazione della legge delega, prevede tre tipi di linee guida:
- quelle approvate con decreto ministeriale;
- quelle vincolanti, adottate dall'Anac;
- quelle non vincolanti, comunque adottate dall'Anac.
Per quelle indicate dai numeri 1. e 3. non sussistono dubbi, in quanto le prime rientrano nei regolamenti ministeriali per espicita previsione di legge (art. 17, co. 3, legge n.400/1988) e le seconde negli atti amministrativi generali.
Il dubbio sorge, invece, per le linee guida vincolanti. Tale espressione già tradisce una contraddizione di fondo: le linee guida sono infatti normalmente considerate direttive, indicazioni di massima che non hanno necessariamente carattere vincolante.
Il richiamo più noto alle linee guida proviene, infatti, dall'art. 3 D.L. 158/2012 (cd. decreto Balduzzi) convertito in legge n.189/2012 con cui si richiama l'osservanza delle stesse in materia sanitaria. A date condizioni, questa circostanza rende il medico non punibile.
La Corte di Cassazione, cercando di qualificare le linee guida in ambito sanitario, ha chiarito che le stesse sono state introdotte nella pratica medica con l'obiettivo di standardizzarla e che, negli anni, il loro numero è aumentato in maniera esponenziale.
Si tratta di raccomandazioni di comportamento clinico e si distinguono dai protocolli perchè questi ultimi sono più dettagliati e, quindi, dotati di maggiore intensità precettiva.
Le linee guida, salvo che non siano trasfuse in norme, non hanno di contro carattere precettivo, ma possono essere utilizzate soltanto per valutare la colpa del medico che sia o meno attenuto alle stesse.
Nel codice dei contratti pubblici, invece, le linee guida possono avere efficacia vincolante e il leglislatore devolve alle stesse l'attuazione di una serie di norme di carattere strategico nell'economia complessiva del sistema.
Il Consiglio di Stato, nel formulare il parere sul relativo schema di decreto legislativo, ha dovuto esaminare due diverse - e incompatibili - tesi: la qualificazione delle linee guida vincolanti come provvedimenti dotati di una vera e propria natura normativa extra ordinem e la loro classificazione come atti di regolazione del tipo di quelli adottati dalle autorità amministrative indipendenti.
La prima teoria è chiaramente incompatibile con il principio di legalità ed è stata quindi scartata dal Consiglio di Stato che ha optato per il secondo schema provvedimentale.
Secondo il Consiglio di Stato, le linee guida sono atti amministrativi generali di regolazione. Linee guida vincolanti e non vincolanti condividono la natura di atti amministrativi generali e sono sottoposti allo statuto del provvedimento amministrativo.
In relazione, però, alla linee guida vincolanti vanno assicurate tutte le garanzie procedimentali e di qualità della regolazione già riconosciute per le autorità amministrative dalla giurisprudenza amministrativa, in considerazione della natura tecnica e amministrativa di tali organismi e dalla esigenza di compensare la maggiore flessibilità del principio di legalità sostanziale con un più forte rispetto dei principi di legalità procedimentale.
Tale qualificazione consente la piena giustiziabilità delle linee guida davanti al giudice amministrativo, come disposto dalla legge delega (art. 1, lettera t).
Il Consiglio di Stato ha d'altra parte ribadito, in svariate occassioni, che la natura vincolante delle linee guida non lascia margini di valutazione alle amministrazioni ed agli enti aggiudicatori che sono obbligati a darvi concreta attuazione.
Si tratta, quindi, di provvedimenti amministrativi generali che non violano il riparto di competenze delineato dall'art. 117, co. 6, Cost che ammette l'adozione di regolamenti statali solo nelle materie riservate alla competenza legislativa statale esclusiva.
CONCLUSIONI
Questa ricostruzione, che cerca di rispettare l'armonia del sistema senza violare il principio di legalità è, tuttavia, criticata da quanti la considerano frutto di un'evidente forzatura ermeneutica: il potere di regolazione delle Autorità indipendenti trova copertura nella Costituzione, nella normativa europea, nel carattere settoriale e tecnico della regolazione.
Si sostiene che, nel caso di specie, non ricorrano tali condizioni; in particolare, non ricorrerebbero neanche quelle esigenze che impongono di affidare ad un'autorità indipendente dal Governo la regolamentazione di aspetti particolarmente tecnici.
Le linee guida in questione dovranno definire, per gli appalti di lavori, il sistema di qualificazione delle imprese, i requisiti di partecipazione alle gare, le regole dell'avvalimento e il regime delle SOA (art. 83 e 84 Codice Appalti); rivestono, da un lato, quei caratteri di generalità e astrattezza che caratterizzano la produzione normativa regolamentare propriamente intesa, ma non presentano, per un altro, alcun profilo tecnico che ne impone l'affidamento ad un'autorità di regolazione diversa dal Governo e si riferisco per un altro ancora, ad un mercato tutt'altro che settoriale, nella misura in cui si appliccano a tutte le procedure di affidamento degli appalti pubblici.
Secondo questa ricostruzione, le linee guida sarebbero ascrivibili ad una fonte del diritto nuova che potrebbe essere in conflitto con il principio di legalità.
Da tutto quanto sopra esposto, si evince quindi che la natura delle linee guida Anac risulta ad oggi nebulosa, date le novità normative e le poche posizioni, tra l'altro discordanti, in merito.
Bibliografia
- Elio Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè Editore, 2016;
- Maurizio Santise, Coordinate ermeneutiche di diritto amministrativo, Terza edizione, Giappichelli, 2017;
- Carlo Deodato, Le linee guida dell'Anac: una nuova fonte del diritto? in www.giustizia-amministrativa.it;
- Roberto Garofoli, Compendio di diritto amministrativo, Nel diritto Editore, 2015.