La procedura di reclamo-mediazione tributaria nell’ambito degli enti locali: criticità operative e possibili soluzioni.
Modifica paginaIl contributo si propone di analizzare le problematiche connesse all´estensione dell´ambito oggettivo e soggettivo dell´istituto del reclamo-mediazione, con particolare riferimento ai piccoli comuni. Il tutto, non prima di aver brevemente analizzato la disciplina positiva in materia dettata dall´art. 17-bis del d.lgs. n. 546 del 1992.
Sommario: 1. Reclamo-mediazione: uno sguardo d’insieme. 2. L’estensione dell’ambito oggettivo e soggettivo dell’istituto. Le problematiche connesse al reclamo-mediazione nei piccoli comuni. 3. segue: le possibili soluzioni operative.
1. Reclamo-mediazione: uno sguardo d’insieme
Nell’ambito degli istituti deflattivi del contenzioso tributario riveste indubbia importanza il “reclamo-mediazione” [1].
Introdotto nel 2011 attraverso l’art. 39, comma 9 del D. L. n. 98 del 06.07.2011 e disciplinato nell’ambito dell’art. 17-bis del d.lgs. n. 546/1992, sulla scia del procedimento di mediazione civilistica, esso rappresenta un classico strumento di accesso condizionato alla giustizia.
Più precisamente, il reclamo-mediazione consiste in un procedimento amministrativo da esperire obbligatoriamente prima di poter accedere alla tutela giurisdizionale dinanzi alle Commissioni tributarie per le controversie in materia tributaria di valore inferiore a 20.000 euro [2].
Tale procedimento prevede la presentazione di un’istanza di riesame con la quale si chiede di annullare – totalmente o parzialmente - in via amministrativa, l’atto controverso. Insomma, un’istanza obbligatoria di autotutela [3].
Nella stessa istanza, può essere inserita una proposta di mediazione che verrà presa in esame nel caso di mancato o parziale accoglimento di reclamo.
Quest’ultima consiste in una rideterminazione motivata della pretesa tributaria che, quanto a logica e contenuto, dovrebbe essere assimilata ad una proposta di accordo transattivo [4].
A sua volta anche l’Amministrazione, qualora decidesse di rigettare l’istanza di reclamo, è legittimata a presentare una proposta di mediazione. Essa potrà modificare la motivazione e, quindi, riesaminare i presupposti di fatto e di diritto alla base dell’originario provvedimento.
Notevole è l’effetto premiale della procedura in parola, in quanto nel caso di raggiungimento di un accordo, le sanzioni amministrative sono ridotte nella misura pari al 35% del minimo edittale previsto dalla legge [5].
Decorso un termine pari a 90 giorni - decorrenti dalla notifica del ricorso-reclamo - senza che la fase preliminare amministrativa si sia conclusa con l’accoglimento del reclamo o che la controversia sia stata risolta in sede di mediazione, il contribuente potrà costituirsi in giudizio davanti la Commissione Tributaria [6].
La mancata proposizione dell’istanza di reclamo era originariamente sanzionata con l’inammissibilità del ricorso presentato dinanzi le Commissioni tributarie, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo.
Pertanto, l’inosservanza della norma sul reclamo privava di fatto il contribuente del diritto di difesa costituzionalmente garantito dall’art. 24.
Non a caso è stata sollevata la questione di costituzionalità dell’art. 17-bis con riferimento all’art. 24 Cost., sulla quale la Corte Costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi sancendo l’illegittimità della norma procedurale richiamata. In particolare, essa ha affermato che la giurisdizione condizionata non deve rendere eccessivamente difficoltoso il ricorso alla giustizia e, in particolare, deve contenere l’onere nella misura meno gravosa possibile, operando un «congruo bilanciamento» tra l’esigenza di assicurare la tutela dei diritti e le altre esigenze che il differimento dell’accesso alla stessa intende perseguire. In linea con tale prospettiva, la Corte afferma l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 24 Cost., di disposizioni che comminino la sanzione della decadenza dall’azione giudiziaria in conseguenza del mancato previo esperimento di rimedi di carattere amministrativo.
Il comma 2 dell’art. 17-bis del D. Lgs. n. 546 del 1992, nel suo testo originario è stato, perciò, dichiarato costituzionalmente illegittimo. La norma è stata dunque modificata ad opera dell’art. 1, comma 611, lettera a] della L. n. 147 del 2013 che ha eliminato la sanzione dell’inammissibilità sostituendola con la sanzione dell’improcedibilità sanabile.
Discussa è anche la natura del reclamo e della mediazione. In ogni caso, pare potersi affermare che il reclamo rappresenti un’istanza obbligatoria di autotutela e, in quanto tale, come istituto che formalizza l’obbligo di degli uffici di verificare se l’autotutela sia o meno esercitabile.
Per quanto riguarda la mediazione essa è un istituto transattivo, come dimostrano le ragioni che devono sorreggere la proposta di mediazione dell’ufficio avuto riguardo all’incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e via dicendo [7].
2. L’estensione dell’ambito oggettivo e soggettivo dell’istituto. Le problematiche connesse al reclamo-mediazione nei piccoli comuni.
L’istituto del reclamo-mediazione ha subito un’ulteriore modifica legislativa ad opera dell’art. 9, comma 1, lettera l], del d. lgs. n. 156 del 24 settembre 2015 “Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario” che è intervenuto sull’ambito di applicazione oggettivo e soggettivo della sua disciplina.
Per quanto riguarda il primo aspetto è stato chiarito che non sono oggetto di reclamo-mediazione le controversie di valore indeterminabile oltreché quelle in materia di recupero di aiuti di Stato [8].
Per quanto riguarda il secondo aspetto, nella sua versione originaria, l’istituto trovava sì applicazione nei confronti di tutte le liti tributarie (di valore inferiore a 20.000 euro, s’intende), comprese quelle in materia di rimborsi [anche taciti] e di sanzioni, ma limitatamente a quelle controverse aventi ad oggetto atti emessi dall’Agenzia delle Entrate.
In altre parole, dal punto di vista soggettivo, esso non trovava applicazione con riguardo alle liti concernenti atti emessi dall’Agente della riscossione, dell’Agenzia del Territorio, dall’Agenzia delle Dogane e dagli enti territoriali.
La novella ha perciò esteso all’agente della riscossione e a tutti gli enti impositori, compresi gli enti locali, l’applicazione del reclamo-mediazione [9].
Fin qui nulla quaestio, specie se si considera che la maggior parte delle controversie concernenti tributi locali hanno valore inferiore ai 20.000 euro. Dunque, in ottica deflazionistica ed in virtù delle statistiche positive relative all’istituto del reclamo, ben ha fatto il legislatore ad estenderne l’ambito soggettivo [10].
Tuttavia, non si può tacere riguardo alle problematiche di carattere giuridico/pratico che suddetta estensione ha comportato.
Infatti, nell’ambito dell’originario art. 17-bis, come detto originariamente riservato ai soli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate, era - ed è - previsto al co. 4 che la Direzione provinciale o la Direzione regionale che ha emanato l’atto contestato e destinataria del reclamo e della eventuale proposta di mediazione debba provvedere all’esame di questi ultimi “attraverso apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili” [11].
Tale previsione si giustifica in quanto il legislatore ha voluto garantire terzietà, imparzialità ed evitare, perciò, che ad esaminare l’istanza di reclamo sia lo stesso soggetto che ha emanato l’atto reclamato, il quale mostrerebbe evidentemente una certa ritrosia nell’annullare un suo stesso atto [12]. Ciò, a differenza di quanto avviene nell’ambito dell’accertamento con adesione.
Il tutto mira a far sì che l’istituto del reclamo-mediazione non venga privato di efficacia e che lo stesso consenta di deflazionare il contenzioso.
Al contrario, per quanto riguarda gli enti locali, la norma prevede che gli stessi provvedano in merito alle istanze di reclamo e alle proposte di mediazione mediante apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti compatibilmente con la loro struttura organizzativa. Si è sostanzialmente demandato a ciascun ente locale di scegliere discrezionalmente come attivare una struttura apposita cui affidare la gestione dei reclami. Ragionando a contrario, il legislatore ha lasciato aperta la possibilità di istruire e valutare il reclamo, compresa la proposta di mediazione, tramite lo stesso ufficio (o, addirittura, lo stesso soggetto) che ha emesso l’atto.
Si crea, quindi, innanzitutto un divario tra le modalità applicative dell’istituto da parte delle Agenzie fiscali ed altri enti impositori.
In secondo luogo, si creano delle differenze nell’ambito della stessa categoria degli “altri enti impositori”, specie tra quella degli enti locali. Va da sé, infatti, che vi saranno enti locali di maggiori dimensioni che, in virtù della loro struttura, non avranno grossi problemi a costituire strutture autonome per la gestione delle istanze di reclamo e le proposte di mediazione [13]. Essi potranno servirsi, ad esempio, dell’ufficio legale/contenzioso o di strutture di staff appositamente costituite.
Al contrario, negli enti locali di modeste dimensioni, laddove in genere vi è solo un funzionario addetto all’Ufficio tributi, costituire una struttura autonoma risulterà alquanto arduo. Tale inconveniente potrebbe concretizzarsi addirittura nella coincidenza della firma dei due atti (di accertamento e di accoglimento o rigetto del reclamo-mediazione).
In tale (non remota) ipotesi verrebbe a coincidere lo stesso funzionario persona fisica, così palesandosi un evidente conflitto di interessi funzionali.
In virtù della struttura organizzativa del Comune, dunque, diversa potrà essere la gestione dei reclami.
Il rischio è dunque che l’istituto del reclamo-mediazione possa trovare applicazione con modalità differenziate a seconda dell’ente e che, nell’ambito dei piccoli comuni, lo stesso si trasformi in un accertamento con adesione mascherato laddove ad esaminare l’istanza di reclamo non sia un soggetto diverso da quello che ha emanato l’atto [14].
3. segue: le possibili soluzioni operative.
In virtù di quanto è stato detto, l’ampliamento dell’istituto ha sollevato non poche incertezze in ordine alle modalità applicative [15].
Si pone, pertanto, il problema di garantire terzietà ed indipendenza anche nell’ambito dei reclami (e delle mediazioni) gestiti dai piccoli comuni.
A tal fine, parte della dottrina ha affermato che “nei Comuni di minori dimensioni, la necessità di adottare la nuova disciplina, bilanciando l’esigenza di rispettare le finalità e la struttura del reclamo-mediazione con le risorse professionali ed economiche di ciascun ente, porterà nella maggior parte dei casi a nominare, salvo nei casi di comuni dotati di apposito ufficio legale, un soggetto sovraordinato rispetto a quello che ha curato l’istruttoria che ha portato all’emissione dell’atto impugnato, che potrà essere individuato nel segretario comunale oppure nel responsabile dell’Ufficio tributi [ove non sia lo stesso soggetto che ha istruito il procedimento che ha portato all’emissione dell’atto impositivo], per quanto nell’impossibilità di nominare i sopra indicati soggetti, altre forme di individuazione di un soggetto competente potranno rinvenirsi nello scambio tra funzionari responsabili di comuni limitrofi, che assumano ciascuno il ruolo di mediatore nell’altro comune, ovvero nella nomina di un terzo individuato da una società o da una associazione esterna …” [16].
Dunque, non è mancata una parte della dottrina che, sulla base delle norme relative al federalismo fiscale, dell’autonomia organizzativa e tributaria degli enti locali e della possibilità di regolare la fase attuativa dei tributi, ha sostenuto la possibilità di affidare la gestione dei reclami ad un soggetto “terzo” rispetto all’Amministrazione, ove per “terzi” s’intendono soggetti appositamente delegati in virtù della loro chiara e manifesta professionalità ed efficienza in materia. Evidentemente, il servizio dovrebbe essere gestito in forma associata, così da ripartire tra più Comuni il costo dello stesso.
In particolare, si è fatto leva sulla sentenza n. 98 del 2014 della Corte Costituzionale che ha confermato la natura pregiudiziale [non dunque giurisdizionale] del reclamo e della mediazione tributaria. Proprio la natura procedimentale militerebbe a favore della possibilità di disciplinare attraverso il regolamento dell’ente locale suddetto istituto, il quale ben potrebbe affidare la gestione dei reclami e delle mediazioni ad un professionista.
Sul punto, però, è intervenuta la circ. n. 38/E del 29 dicembre 2015 “Riforma del processo tributario - decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156” con la quale l’Agenzia delle Entrate ha fornito molteplici chiarimenti.
In particolare, si legge che, con riferimento alle Agenzie fiscali «è stata ribadita - dal comma 4 dell’articolo 17-bis - l’autonomia, all’interno dell’ente, del soggetto che deve decidere sul reclamo, per consentire un corretto esercizio del relativo potere» affidando «ad apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili» la gestione del procedimento in parola ma, in ogni caso, «l’opzione di istituire un soggetto “terzo” deputato all’istruttoria, come previsto per la mediazione civile, è stata esclusa dal legislatore atteso che - come si legge nella relazione illustrativa - in campo tributario l’istituto del reclamo-mediazione si configura maggiormente come espressione dell’esercizio di un potere di autotutela nonché più adeguata determinazione dell’ente impositore, che va stimolato ed incoraggiato, allo scopo di indurre ogni Amministrazione a rivedere i propri errori prima dell’intervento del giudice” [17].
Tuttavia, la dottrina richiamata fa notare come l’Agenzia contraddica se stessa in quanto nella circolare si legge anche che “il legislatore ha invece rimesso alla organizzazione interna di ciascuno di essi l’individuazione della struttura eventualmente deputata alla trattazione dei reclami”.
A parere di chi scrive, nonostante l’autonomia tributaria e regolamentare degli enti locali, la soluzione di affidare la gestione dei reclami ad un soggetto professionale terzo non appare condivisibile per vari motivi.
Innanzitutto, perché l’istituto del reclamo-mediazione in campo tributario verrebbe assimilato – o, comunque, si avvicinerebbe eccessivamente- all’istituto della mediazione civilistica. Non si vuole entrare nel merito circa l’opportunità di riavvicinare i due istituti, però è evidente che qualora un riavvicinamento vi fosse, si andrebbe contro la volontà del legislatore.
In secondo luogo, si creerebbero ulteriori differenziazioni, da un lato tra Agenzie fiscali (che per legge sono tenute ad esaminare le istanze di reclamo e le mediazioni attraverso un’apposita struttura organizzativa) ed enti locali (che invece potrebbero demandare la gestione dei reclami e delle mediazioni ad un professionista terzo]; dall’altro tra gli stessi enti locali, in quanto alcuni di essi potrebbero decidere di servirsi di figure professionali, altri invece potrebbero continuare a gestire i reclami “in house”.
In terzo luogo, non sarebbe completamente superato il problema relativo all’indipendenza e la terzietà del soggetto che andrebbe ad esaminare i reclami e le mediazioni. Infatti, soprattutto nei comuni di piccole dimensioni, le relative Amministrazioni sarebbero portare a delegare la funzione a soggetti di fiducia e, comunque, legati in qualche modo agli Amministratori. Tale inconveniente comprometterebbe seriamente la terzietà del professionista stesso.
Infine, perché anche in caso di gestione associata del servizio, l’ente locale dovrebbe sopportare una spesa in più, che in un modo o nell’altro verrebbe alla fine a gravare sui contribuenti.
Meglio sarebbe, allora, nominare il segretario comunale quale soggetto addetto alla gestione dei reclami e delle proposte di mediazione, sia per la garanzia di terzietà sia per la professionalità in materia che tale figura dovrebbe garantire. Altrettanto non potrebbe dirsi con riferimento alla figura del sindaco, in quanto organo politico. In via alternativa, si potrebbero far convergere tutte le istanze di reclamo e di mediazione relative a tributi di piccoli comuni rientranti in un determinato comprensorio, nella struttura autonoma appositamente costituita nel comune di maggiori dimensioni dell’area. Fermo restando, in questo caso, l’onere in capo ai comuni più piccoli del comprensorio di contribuire nelle spese di gestione della “struttura autonoma”.
Pertanto, il richiamo dell’Agenzia delle Entrate alla volontà del Legislatore di escludere, nell’ambito della mediazione tributaria, “l’opzione di istituire un soggetto “terzo” deputato all’istruttoria, come previsto per la mediazione civile” deve, quindi, essere interpretato, nel senso che la procedura di reclamo-mediazione tributaria non potrà essere affidata ad un soggetto terzo professionale, appositamente istituito, come avviene nella mediazione civile (avendo, peraltro, la mediazione tributaria natura amministrativa necessariamente gratuita, in cui nemmeno il contribuente dovrà obbligatoriamente essere assistito da un difensore]. Esso, però non può essere spinto fino al punto di prevedere che la decisione del reclamo possa essere adottata dallo stesso soggetto che abbia curato l’istruttoria dell’atto contestato (e, nei comuni più piccoli, anche la sua sottoscrizione], in quanto tale procedura comporterebbe un obiettivo conflitto di interessi e, soprattutto, il rischio che la decisione del mediatore, non essendo considerata oggettiva, possa a maggior ragione essere modificata in fase giudiziale.
Note e riferimenti bibliografici
[1] Sul tema si vedano ex multis BASILAVECCHIA M., Reclamo, mediazione tributaria e definizione delle liti pendenti, Corr. trib., 2011, p. 2493; ID., Dal reclamo al processo, Corr. trib., 2012, p. 840; FICARI V., Processo tributario. La mediazione fiscale, Treccani Online, 2013; PISTOLESI F., Il reclamo e la mediazione nel processo tributario, Rass. trib., 2012, p. 70.
[2] Per quanto riguarda i criteri di calcolo del valore della lite si fa riferimento al solo tributo al netto di interessi e sanzioni. Se la controversia riguarda rimborsi o sanzioni si farà riferimento all’entità della sanzione irrogata o del rimborso fatto valere dal contribuente.
[3] Sull’autotutela tributaria si vedano, STEVANATO D., voce Autotutela (diritto tributario), Enc. dir., Agg. III, Milano, 1999; ID., L’autotutela dell’amministrazione finanziaria. L’annullamento d’ufficio a favore del contribuente, Padova, 1996; FICARI V., Autotutela e riesame nell’accertamento tributario, Milano, 1999; MUSCARA’ S., [voce] Autotutela [diritto tributario], Enc. giur., Treccani, 1996; ID., Gli inusuali ambiti dell’autotutela in materia tributaria, Riv. dir. trib., 2005, 71 ss.; LA ROSA S., Autotutela e annullamento d’ufficio degli accertamenti tributari, Riv. dir. trib., 1998, 1146 ss.; MARCHESELLI A., Autotutela nel diritto tributario, Dig. disc. priv., se. comm., Torino, 2008.
[4] Ed infatti “…dinanzi all’andamento oscillante della prassi e/o della giurisprudenza, all’inadeguatezza dell’istruzione probatoria o alla ricostruzione della base imponibile su base presuntiva e nel rispetto del principio di economicità dell’azione amministrativa, mediante la mediazione si tenta di pervenire, a seguito di contraddittorio tra ufficio e contribuente, ad una composizione delle rispettive pretese, a prescindere da qualsiasi accertamento della fattispecie”, cit. BORIA P., Diritto tributario, Torino, Giappichelli, 2015, p. 498.
[5] Sul punto si veda BORIA P., Diritto tributario, op. cit. p. 498
[6] Dunque, se l’ufficio non intende accogliere la richiesta di annullamento, la procedura di reclamo si conclude con un atto di diniego, dalla cui comunicazione decorrono i trenta giorni per la costituzione in giudizio del contribuente. Se il reclamo viene accolto solo in parte (e non sia intervenuta alcuna proposta di mediazione), con conseguente parziale annullamento dell’atto reclamato o parziale riconoscimento di diritto al rimborso, il contribuente può costituirsi in giudizio entro trenta giorni dalla comunicazione dell’intervenuto annullamento per ottenere dalla commissione l’accoglimento integrale delle proprie richieste. Se, invece, l’ufficio non notificherà il provvedimento di accoglimento e non venga formalizzato alcun accordo di mediazioni, il contribuente potrà costituirsi in giudizio decorsi trenta giorni dal compimento dei novanta dal ricevimento dell’istanza di reclamo. Cfr. BORIA P., Diritto tributario, op. cit., p. 496-97.
[7] In tal senso BORIA P., Diritto tributario, op. cit., p. 499.
[8] Si precisa che «il termine “atto volto al recupero” si intende riferito a tutti gli atti o provvedimenti emessi al fine del recupero di un aiuto di Stato dichiarato illegittimo, comprendendovi, quindi, anche gli atti tipici della fase di riscossione rientranti nella giurisdizione delle Commissioni tributarie»; cfr. circ. n. 24/e del 29 aprile 2008, punto 2.
[9] “…la nuova disposizione normativa introduce un procedimento obbligatorio, che il contribuente dovrà necessariamente utilizzare, qualora intenda contestare un atto impositivo emesso dal comune. Ne consegue che - a prescindere dal contenuto di tale atto e dalla tipologia di contestazioni (formali o sostanziali) sollevate nei confronti dello stesso- ove l’atto impositivo sia inferiore alla soglia minima di valore fissata per legge, il contribuente che intenda contestarlo non per richiedere l’annullamento in autotutela o la revisione in sede di accertamento con adesione [istituti che potranno comunque precedere la proposizione di un reclamo formale], bensì per poter giungere alla fase giudiziale ove le proprie eccezioni non dovessero essere condivise dall’ufficio, sarà comunque tenuto a procedere preliminarmente alla proposizione del ricorso/reclamo, cui farà seguito il procedimento amministrativo individuato dall’art.17-bis, che potrà portare, in caso di esito negativo, alla contestazione giudiziale dell’atto”, cit. FAGAGNOLO M., “Le problematiche tecnico-procedurali legate all’applicazione del reclamo-mediazione ai tributi locali”, in Tributi locali e regionali, 2016, 1, p. 44.
[10] È risultato, infatti, che, rispetto all’anno precedente, i ricorsi depositati nel 2014 nei tre gradi di giudizio sono scesi da 149.000 a 139.000 [-7%]. In particolare, i ricorsi presentati in CTP sono scesi dell’11%, confermando il trend degli ultimi tre anni. Nel complesso il numero dei ricorsi presentati nel 2014 è stato pari a 90.000 in CTP (contro i 171.000 del 2011, anno di introduzione della mediazione tributaria, con un calo di quasi la metà, pari al 47,5% in meno), 40.000 in C.T.R. e 9.000 in Cassazione. Non a caso, nella circ. n. 38/E del 29 dicembre 2015 si afferma che “la scelta del legislatore di ampliare la platea degli enti coinvolti nel procedimento di reclamo si giustifica in base al principio di economicità dell’azione amministrativa, preso atto dell’efficacia deflativa riscontrata in relazione al contenzioso sugli atti emessi dall’Agenzia delle entrate e dell’elevato numero di controversie di modesto valore che caratterizza in generale il contezioso tributario”.
[11] Si è voluto evitare che «la coincidenza tra organo accertatore e organo “esaminatore” possa viziare la procedura». Sul punto, LOVISETTI M., Prima lettura della riforma del contenzioso tributario, in Tributi locali e regionali, Santarcangelo di Romagna [RN], 2015, 6, p. 18.
[12] Invero, parlare di terzietà riguardo al reclamo/mediazione è improprio. Infatti, il soggetto incaricato del riesame non sarà mai realmente terzo rispetto alle “parti in lite”, dal momento in cui esso fa sempre parte di una struttura interna all’ente impostore [ragion per cui non si può assimilare il reclamo/mediazione in campo tributario alla mediazione civilistica]. Tuttavia, è noto che il reclamo sarà tanto più efficace se a rivedere l’atto saranno chiamati soggetti diversi, per compiti e responsabilità, da coloro che lo hanno formato. In tal senso CARINCI A., Un limite di fondo nella mediazione con gli enti locali, Dir. e Prat. trib., 2016, 2, p. 697;
[13] In tal senso si veda, FAGAGNOLO M., “Le problematiche tecnico-procedurali legate all’applicazione del reclamo-mediazione ai tributi locali”, op.cit., p. 43 ss. In tali contesti, il reclamo-mediazione potrà essere gestito con le medesime procedure ed indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, garantendo la divisione tra soggetto che ha predisposto l’atto impositivo oggetto di ricorso/mediazione ed il soggetto che giudicherà sulle conseguenti contestazioni.
[14] Pertanto, la figura del terzo mediatore in senso proprio, che già manca nell’ambito dei reclami gestiti da parte dell’Agenzia delle Entrate, sarà a maggior ragione completamente assente nel tentativo deflattivo che riguarda i tributi locali. Non vi sarà, dunque, un soggetto equidistante dalle parti, dotato di autonomia e autorevolezza, in grado di garantire, allo stesso modo, sia il soggetto impositore che il contribuente. Tale previsione è giustificata dal fatto che gli Enti locali di piccole e medie dimensioni non hanno personale qualificato in misura sufficiente per creare strutture svincolate ed indipendenti dall’Ufficio tributi che gestisce la fase accertativa. Dunque, a differenza delle Agenzie fiscali, il Comune può anche non provvedere all’esame del reclamo e della proposta di mediazione mediante apposite strutture, diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili. Ciò sembra avvicinare il reclamo ad un’istanza di autotutela. Non a caso si è parlato della mediazione tributaria come di autotutela rafforzata. Tuttavia, ciò che differenzia il riesame in autotutela dalla procedura del reclamo/mediazione tributaria è l’obbligatorietà, la rigidità delle procedure, la tempistica da seguire e le conseguenze che scaturiscono sul piano processuale di quest’ultima. In tal senso CATANIA L., Il reclamo e la mediazione rispetto ai tributi locali, op.cit., p. 21-22; BORIA P., Diritto tributario, Torino, Giappichelli, 2015, p. 499. Ragionando diversamente, infatti, il nuovo istituto ”difficilmente potrebbe portare ad una effettiva diminuzione del contenzioso giudiziale, a causa della tendenza degli uffici a confermare gli atti dagli stessi predisposti, che già trovano nella natura immobiliare dei tributi comunali e nella conseguente natura obbligata di buona parte degli avvisi di accertamento emessi dagli enti locali un ostacolo alle procedure di mediazione”, cit. FAGAGNOLO M., “Le problematiche tecnico-procedurali legate all’applicazione del reclamo-mediazione ai tributi locali”, in Tributi locali e regionali, 2016, 1, p. 42.
[15] “Proprio l’estensione del reclamo-mediazione anche agli atti degli enti locali, infatti, minaccia di mettere in discussione il tratto qualificante dell’istituto, forse anche la sua stessa ragione giustificativa”, cit. CARINCI A., Un limite di fondo nella mediazione con gli enti locali, op.cit., p. 695.
[16] In tal senso, FAGAGNOLO M., Le problematiche tecnico-procedurali legate all’applicazione del reclamo-mediazione ai tributi locali, op. cit., p. 51.
[17] I chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate nella circ. n. 38/E del 2015, sono stati intesi da una parte della dottrina nel senso che debba considerarsi esclusa tout court la possibilità di affidare la procedura del reclamo-mediazione a soggetti terzi professionali, dunque estendendo tale preclusione anche ai Comuni, i quali dovranno «rinvenire all’interno del proprio organico la figura del mediatore. In tal senso FOGAGNOLO M., Le problematiche tecnico-procedurali legate all’applicazione del reclamo-mediazione ai tributi locali, op. cit., p. 42.