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Pubbl. Lun, 27 Mar 2017

Il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e l’attenuante comune del danno di speciale tenuità

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Massimiliano Pace


La Suprema Corte ha di recente affermato che non è configurabile l´attenuante della tenuità a fronte di un compenso esiguo pattuito dallo straniero per l´ingresso illegale nel territorio dello Stato punito all´art. 12 comma 1 del T.U. 286 del 1998


La fattispecie di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina è prevista e punita, nel vigente ordinamento giuridico, all'art. 12 del d.lgs. 286/1998 e successive modificazioni, rubricato come "disposizioni contro le immigrazioni clandestine" stante la complessità delle condotte idonee - nella previsione legislativa - a effettuare a vario titolo violazioni delle disposizioni del testo unico in materia di disciplina dell'immigrazione. Il reato di cui all'art. 12 del testo unico dell'immigrazione si inserisce nell'ambito della ratio legis diretta a contrastare fenomeni di sfruttamento dell'immigrazione illegale attraverso condotte idonee a violare le disposizioni che, all'opposto, disciplinano le modalità di ingresso e permanenza regolare all'interno del territorio dello Stato ovvero di un Paese diverso da quello di cui il soggetto irregolare non è cittadino o residente permanente.  

Il delitto di favoreggiamento previsto al primo e al terzo comma del t.u è stato modificato da ultimo dalla riforma della disciplina penale in materia di immigrazione adottata con la l. 94/2009 che ha introdotto una serie di innovazioni sostanziali rispetto al precedente assetto normativo. In primo luogo il legislatore del 2009, nella logica di un maggiore rigore punitivo dei reati concernenti l'immigrazione clandestina, ha esemplificato le condotte dell'ingresso illegale nel territorio dello Stato, con ciò richiamando gli "atti diretti" alle attività di promozione, direzione, organizzazione, finanziamento e trasporto, escludendo espressamente, comunque, l'esaustività delle stesse con il richiamo agli "altri atti". Altra novità apportata dalla novella del 2009 ha invece riguardato il comma 3 che si caratterizza per il dolo specifico, sul piano dell'elemento soggettivo, modificando l'assetto delle circostanze aggravanti in particolare con riferimento al comma 3ter.

In relazione alla struttura della fattispecie, in particolare con riferimento alla ipotesi in cui il compenso pattuito o promesso sia stato di modesta entità, si è di recente espressa la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione con Sentenza n. 9636 pronunciata il 13 maggio 2016 e depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2017.

La vicenda che ha dato origine alla recentissima pronuncia della Suprema Corte ha riguardato proprio una condotta di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina mediante il compimento di atti diretti a procurare l'ingresso clandestino nel territorio francese di quattordici cittadini extracomunitari, con l'aggravante del fine di trarne profitto.

Orbene, il Giudice per le indagini preliminari nel dichiarare l'imputato penalmente responsabile per il reato ascritto, sul piano del trattamento sanzionatorio ha valutato la configurabilità dell'attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (prevista all'art. 62 co. 4 c.p.), in concorso con le già riconosciute circostanze generiche, così rilevando che la peculiarità della condotta concreta in relazione al profitto lucrato dallo stesso agente era tale da consentire l'applicazione della richiamata circostanza attenuante comune. Sul punto, quindi, il giudice a quo ha valutato un elemento ulteriore rispetto a quelli descritti dalla fattispecie penale incriminatrice dell'art. 12 del Testo Unico, ritenendo rilevante la circostanza del lucro esiguo pari ad un compenso di cinquanta euro per ciascun migrante accompagnato alla frontiera (a fronte di un trasporto di quattordici persone). La valutazione del G.u.p. di Imperia ha tenuto conto dell'assenza di legami dell'imputato con le precedenti fasi dell'immigrazione, ovvero il momenti anteriori che hanno consentito tanto l'ingresso irregolare nel territorio dello Stato quanto la permanenza e il viaggio che ha consentito agli stessi migranti di giungere nei pressi della frontiera francese ligure.

Il riconoscimento dell'attenuante del danno patrimoniale o di speciale tenuità ha suscitato le perplessità della Procura della repubblica, poi condivise dalla Suprema Corte nella sentenza a commento. Il ragionamento della Procura, infatti, ha posto l'accento sulla necessaria individuazione della natura della fattispecie di cui all'art. 12 che, nello specifico, deve intendersi in termini di reato di pericolo a consumazione anticipata peraltro plurioffensivo. In questi termini, infatti, il danno patrimoniale (uno dei beni giuridici oggetto di tutela) deve intendersi alla luce delle situazioni in cui versano i migranti, probabilmente appena giunti in Italia e quindi normalmente sprovvisti di redditi e attività lavorativa. Secondo la ricostruzione del ricorrente, quindi, l'errore in cui è incorso il primo giudice risiede proprio nella complessiva valutazione del danno subito dai migranti e comunque alla stregua di un reato che non è annoverabile tra i reati contro il patrimonio ma solo, condividendo la tesi della plurioffensività, determinato da motivi di lucro. 

Sulla scorta dei rilievi oggetto del ricorso per Cassazione proposto dalla procura, la Suprema Corte ne ha accolto i motivi ricostruendo la giurisprudenza di legittimità consolidatasi sull'art. 12 del Testo Unico in materia di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

La Corte di Cassazione muove da talune considerazioni in ordine alla stessa ricostruzione della genesi della norma incriminatrice in esame, così come dalla ratio legis che ha ispirato il reato e dagli elementi letterali e logici della disposizione normativa, così come, non da ultimo, dall'esatta delimitazione della portata dell'attenuante del danno di lieve entità. In particolare, la Corte regolatrice ha ritenuto che il reato previsto e punito all'art. 12 commi 1 e 3 tutela "l'interesse dello Stato alla sicurezza interna e alla cooperazione senza che occorra la realizzazione di un ingiusto profitto da parte dell'agente [...] rimanendo del tutto rilevante il conseguimento dello scopo", sanzionando il compimento di attività dirette a favorire l'ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato, anche confinante, in difetto dei presupposti di legge in materia. Così delineata la vicenda, la Prima Sezione Penale ha ritenuto non coerente con il complessivo contesto di diritto le argomentazioni addotte dal primo decidente il quale, secondo il ragionamento dei giudici di legittimità, ha trascurato la natura stessa del reato conferendo rilevanza ad un elemento "estraneo" alla struttura di reato di pericolo o a consumazione anticipata della fattispecie in esame. In relazione a questo peculiare profilo, infatti, la Suprema Corte conferma l'orientamento ormai consolidato circa la natura di reato di pericolo o a consumazione anticipata del reato previsto e punito all'art. 12 del d.lgs. 286/1998, stante la peculiarità della condotta consistente nel compimento di atti diretti a procurare l'ingresso illegale nello Stato. Trattandosi pertanto di un delitto a consumazione anticipata il reato si perfeziona già per il fatto diretto a realizzare l'obiettivo (atti diretti a procurare l'illegale ingresso nel territorio dello Stato) con l'esposizione a pericolo del bene giuridico tutelato a prescindere dall'effettivo conseguimento dell'obiettivo stesso ovvero della lesione del bene oggetto di tutela. La giurisprudenza di legittimità cui la pronuncia in esame si richiama, ha ad oggetto la configurabilità della circostanza attenuante comune ex art. 62 n. 4 c.p rilevando, in particolare, che la stessa è applicabile ad ogni tipo di delitto contro il patrimonio o comunque un delitto posto in essere per motivi di lucro, indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela. In questi termini, affinchè possa operare la circostanza della particolare tenuità, la valutazione della circostanza richiede la verifica concreta del presupposto di speciale tenuità che deve corrispondere all'entità del lucro e all'entità della lesione. Gli orientamenti cui la Corte regolatrice si adegua (fra tutti Cass. Pen. Sez. V n.36790/2015 e Sez. V n. 9248/2014) convergono circa la configurabilità dell'ipotesi attenuata anche ai reati di pericolo, precisando tuttavia che deve trattarsi di reati plurioffensivi tali da colpire anche il bene giuridico del patrimonio della vittima (in questi termini in particolare Cass. Pen. Sez. V n. 28157/2015). E' alla luce di tali considerazioni che i giudici di legittimità rilevano l'errore in cui è incorso il giudice per le indagini preliminari, il quale non ha considerato adeguatamente la natura del reato e la sua stessa ratio.

Ciò posto, quindi, il fatto che il compenso lucrato sia stato valutato come molto modesto, non consente di applicare l’attenuante di speciale tenuità del danno in ragione del pregiudizio comunque cagionato agli stessi clandestini. Il principio di diritto affermato dalla Corte in relazione alla eventuale modestia del compenso pattuito "in considerazione della natura, dell’entità e della importanza della messa in pericolo degli interessi tutelati dalla norma incriminatrice, la modestia del compenso corrisposto, o promesso, dallo straniero favorito al soggetto attive del reato, per remunerare la condotta delittuosa, non comporta il riconoscimento della attenuante comune del danno patrimoniale di speciale tenuità".