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Pubbl. Lun, 31 Ott 2016
Sottoposto a PEER REVIEW

L´autotutela nella giurisdizione tributaria.

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Daniela Mendola


L´Amministrazione Finanziaria può ritirare un atto ritenuto illegittimo. L´autotutela può aver luogo d´ufficio ovvero può operare su istanza di parte.


Sommario: 1. Buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione; 2. L’autotutela tributaria; 3. Ambito di applicazione dell’autotutela nella giurisdizione tributaria; 4. Conclusioni.

1. Buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione

La Pubblica Amministrazione esercita le sue funzioni al fine di soddisfare un interesse pubblico e deve comportarsi, nell’adempimento dei suoi doveri, secondo i principi del buon andamento e dell’imparzialità. In particolare la Pubblica Amministrazione è tenuta alla legittimità del suo operato proprio in virtù della finalità che è di natura pubblica. I principi che regolano il procedimento amministrativo sono espressamente indicati all’art. 1 della l. 241/90 che fa riferimento ai principi di economicità[1], di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza.

E’ chiaro che la Pubblica Amministrazione se da un lato deve considerare l’interesse pubblico come fine ultimo del suo operato, dall’altro deve operare un bilanciamento degli interessi in gioco per evitare di arrecare pregiudizio a tutti questi soggetti che avrebbero un interesse contrario all’adozione del provvedimento amministrativo. Dunque, la Pubblica Amministrazione deve analizzare e tenere in ampia considerazione tutti gli interessi in gioco per adottare la sua decisione. E, in ogni caso, la decisione deve essere la meno lesiva degli interessi in gioco e deve essere presa nel più breve tempo possibile secondo un principio di certezza del diritto e del legittimo affidamento che il cittadino ha riposto nell’attività della Pubblica Amministrazione.

In più deve avvalersi anche di strumenti il meno possibile invasivi secondo un principio di proporzionalità ovvero del giusto mezzo rapportato a minor sacrificio. In ossequio alla natura gerarchica del nostro ordinamento l’attività dell’ Amministrazione deve avvenire nel pieno rispetto dei principi dell’ordinamento comunitario. Si tratta, altresì, di un’attività particolarmente complessa e governata da una serie di principi che ne rappresentano il cardine e a cui la Pubblica Amministrazione non può in alcun modo e in nessun caso sottrarsi. La sua attività è discrezionale, non arbitraria nel senso che la decisione deve avvenire sempre entro certi principi sebbene secondo discrezione. I principi di buon andamento, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa precludono alla Pubblica amministrazione il riesame per un numero indefinito di volte della medesima istanza che il privato le risottopone senza addurre alcun reale elemento di novità[2].

Conformemente ai principi di trasparenza e di buon andamento (ex art. 97 Cost.), è necessario che l'Amministrazione intimata assuma, a fronte dell'istanza del ricorrente (legittimamente interessata al conteso "bene della vita"), le determinazioni dovute in merito alla gestione del bene pubblico[3].

2. L’autotutela tributaria

L’autotutela[4] rappresenta un potere riconosciuto all’Amministrazione Finanziaria per rimuovere un atto illegittimo. L’autotutela[5] trova fonte costituzionale nell’art. 97 della Costituzione che enuncia il principio di buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrativa. E'chiaro che quando l'Amministrazione emette un atto impositivo sale la soglia di tutela del contribuente al punto da divenire autotutela. La Pubblica Amministrazione, altresì, gode di una presunzione di legittimità del suo operato e dei provvedimenti da essa emessi, di guisa che, qualora l’atto risulti illegittimo la Pubblica Amministrazione è tenuta a ritirarlo. L’autotutela può avere luogo ex officio ovvero ad istanza di parte. Per ciò che concerne l’autotutela d’ufficio la disciplina è recepita direttamente dall’articolo 21 nonies della l. 241/90 a tenore del quale “il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21 octies può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge”.

L’autotutela è, dunque, un potere riconosciuto alla Pubblica Amministrazione che deve essere esercitato secondo il principio di bilanciamento di interessi ovvero tenendo conto dei destinatari (interessati) e dei controinteressati. Secondo il principio di economicità il potere di autotutela va esercitato entro un termine ragionevole. Sul punto T.A.R. Ancona (Marche) sez. I  07 ottobre 2016 n. 546 “il ricorso della Pubblica amministrazione all'autotutela, mediante annullamento d'ufficio, sia classica che sui generis, può avvenire solamente in presenza delle condizioni di cui all'art. 21 nonies, l. 7 agosto 1990, n. 241 ovvero, sussistendo le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati; peraltro, alla luce delle modifiche introdotte dal d.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla l. 11 novembre 2014, n. 164, sussiste uno sbarramento temporale all'esercizio del potere di autotutela, fissato in diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici[6]. Ad abundantiam T.A.R. Catania (Sicilia) sez. IV  03 ottobre 2016 n. 2345 l'art. 21- nonies della l. n. 241 del 1990 ha indicato quali presupposti per l'annullamento d'ufficio, oltre all'accertamento dell'originaria illegittimità dell'atto, la sussistenza delle ragioni di interesse pubblico, il decorso di un termine ragionevole (e quindi non eccessivamente lungo) e la valutazione degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. Detti presupposti non vengono derogati quando il vizio di illegittimità del provvedimento da rimuovere consiste nella violazione del diritto comunitario”[7].

L’autotutela può avvenire anche ad istanza di parte. In tal caso è il contribuente che chiede all’Ufficio che ha emesso l’atto di rimuoverlo. T.A.R. Torino (Piemonte) sez. I 12 settembre 2016 n. 1139 “non è necessaria una particolare motivazione sull'interesse pubblico e sulla comparazione tra quest'ultimo e quello del privato allorché l'annullamento dell'atto in autotutela elimini l'indebita o ingiustificata erogazione di somme, sussidi e benefici a carico delle finanze pubbliche, in tal caso l'interesse pubblico essendo in re ipsa, senza che possa assumere rilievo in senso contrario neppure il decorso del tempo”[8].

Il contribuente deve presentare apposita domanda contenente una serie di indicazioni ovvero l'atto di cui si chiede l'annullamento, le ragioni su cui si fonda la richiesta, e la documentazione utile ai fini della valutazione da parte dell'Ufficio.

In tal caso l’Amministrazione è chiamata ad intervenire su richiesta del contribuente che al fine di evitare il contenzioso tributario chiede un intervento diretto e tempestivo dell’Amministrazione. Secondo una parte della giurisprudenza l'esercizio dei poteri[9] di autotutela[10] ha carattere discrezionale, per cui è da escludere la sussistenza di un obbligo di provvedere in merito[11]. Eppure, il Consiglio di Stato sez. III  08 settembre 2016 n. 3827 ha ritenuto che “ai sensi dell'art.2 comma 1, l. 7 agosto 1990, n. 241, la Pubblica amministrazione, in presenza di una formale istanza ad essa rivolta da privato, è tenuta a concludere il procedimento anche se ritiene che la proposta domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, non potendo essa rimanere inerte atteso che il legislatore le ha imposto di rispondere in ogni caso (tranne i casi limite di pretestuosità) alle istanze dei privati nel rispetto dei principi di correttezza, buon andamento, trasparenza, consentendo alle parti di difendersi in giudizio in caso di provvedimenti lesivi dei loro interessi giuridici. Annulla TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 1663 del 2015”[12].

L'autotutela può anche essere sostitutiva, qualora, l'Amministrazione Finanziaria rimuova un atto sostituendolo con altro atto legittimo.

Qualora l’Amministrazione decida di rimuovere l’atto, il provvedimento di autotutela[13] deve essere ampiamente motivato, in altre parole, i provvedimenti di autotutela sono legittimi nella misura in cui sussistano attuali ragioni di interesse pubblico puntualmente esternate in motivazione; tale motivazione si impone ancora di più nel caso in cui si sia creata in capo ai privati una aspettativa qualificata[14].

3. Ambito di applicazione dell’autotutela nella giurisdizione tributaria.

Competente all'esercizio dell'autotutela è lo stesso ente che ha emesso l'atto di cui si chiede il ritiro.

Sussistono, tuttavia, dei limiti tassativamente indicati ovvero l'Amministrazione Finanziaria non può ritirare l'atto qualora vi sia una sentenza passata in giudicato favorevole all'Amministrazione (D.M. 37/97). Evidentemente, ciò avviene al fine di salvare l'operato dell'Ufficio giudicato in modo imparziale ed evitare inutili adempimenti da parte del contribuente che vuole presentare istanza e dell'Ufficio, evitando così un'inutile attività di istruttoria. Qualora intervenga in pendenza di giudizio, il giudice dichiarerà l'estinzione del processo in caso di accoglimento dell'istanza da parte dell'Ufficio. Il diniego di autotutela è atto autonomanente impugnabile (art. 19, D.Lgs. 546/92).

Secondo quanto previsto dall’art. 2, c. 1 del DM 11.2.1997, n.37 l’autotutela può operare in ipotesi, che sono tassativamente previste ovvero:

- errore di persona;
- evidente errore logico o di calcolo;
- errore sul presupposto dell’imposta;
- doppia imposizione;
- mancata considerazione di pagamenti d’imposta, regolarmente eseguiti;
- mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza;
- sussistenza di requisiti per usufruire di deduzioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;
- errore materiale del contribuente facilmente riconoscibile dall’amministrazione.

La tassatività delle ipotesi è evidentemente giustificata dalla necessità di rispettare il principio di certezza del diritto ed evitare, altresì, un uso irragionevole dell’istituto dell’autotutela. Secondo l’articolo 1-bis del decreto legge n. 564/1994 “nel potere di annullamento o di revoca di cui al comma 1 deve intendersi compreso anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell'atto che appaia illegittimo o infondato”. 

4. Conclusioni.

La Pubblica Amministrazione gode di ampi poteri oltrechè di una presunzione di legittimità del suo operato. Tuttavia, non può esercitare il suo potere in modo arbitrario, dovendo esercitarlo nei limiti di una discrezionalità che a sua volta deve fondarsi su taluni principi. Dunque, l’Amministrazione sceglierà discrezionalmente, ma dovendo pur sempre rispettare i principi cardine dell’ordinamento giuridico oltrechè di quello comunitario. La presunzione di legittimità non è, tuttavia, assoluta perché il contribuente qualora riceva un atto illegittimo può presentare istanza per ottenere la rimozione ed evitare così un pregiudizio. Parimenti l’Amministrazione Finanziaria che si renda conto di aver commesso un errore può ravvedersi mediante ritiro dell’atto illegittimo in via di autotutela.

Note e riferimenti bibliografici

[1]T .A.R. Bologna (Emilia-Romagna) sez. II  18 aprile 2016 n. 417 in www.dejure.it “nell'ordinamento delineato dalla L. 7 agosto 1990 n. 241, ispirato ai principi della trasparenza, del diritto di difesa e della dialettica democratica, ogni soggetto ha un interesse meritevole di tutela a conoscere con precisione i contenuti e gli autori di segnalazioni, esposti o denunce che, fondatamente o meno, possano costituire le basi per l'avvio di un procedimento ispettivo o sanzionatorio, nei suoi confronti, o comunque incidente sulla sua situazione giuridica, senza che detto interesse possa essere ritenuto soccombente rispetto ad eventuali esigenze di salvaguardia della riservatezza del soggetto denunciante, non essendo in alcun modo tutelato dal vigente ordinamento il diritto "all'anonimato" di tale soggetto”.[2]Consiglio di Stato sez. IV  23 settembre 2016 n. 3928 in www.dejure.it.
[3]T.A.R. Napoli (Campania) sez. VII  21 aprile 2016 n. 2049 in www.dejure.it.
[4]T.A.R. Salerno (Campania) sez. I 19 luglio 2016 n. 1783 in www.dejure.it “la norma di cui all'art. 1, comma 153 bis, l. r. Campania n. 5/2013 conferisce carattere provvisorio alla "archiviazione" già eventualmente disposta, prevedendo che solo in conseguenza dell'inutile decorso del termine suindicato essa assuma carattere definitivo. Essa disegna una fattispecie di autotutela, d'ufficio e doverosa, che impone all'Amministrazione di riattivare il procedimento, eventualmente già interessato da una determinazione di archiviazione, procedendo alla tempestiva e temporanea rimozione di quest'ultima, siccome destinata ad essere sostituita da un provvedimento di "archiviazione definitiva".[5]T.A.R. Campobasso (Molise) sez. I 07 luglio 2016 n. 290 in www.dejure.it “in via di principio, non è precluso alla stazione appaltante di procedere alla revoca o all'annullamento dell'aggiudicazione, allorché la gara stessa non risponda più alle esigenze dell'ente e sussista un interesse pubblico, concreto ed attuale, all'eliminazione degli atti divenuti inopportuni, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse dell'aggiudicatario nei confronti dell'Amministrazione. Un tale potere si fonda, tuttavia, oltre che sulla disciplina di contabilità generale dello Stato, che consente il diniego di approvazione per motivi di interesse pubblico (art. 113, r.d. 23 maggio 1924 n. 827), sul principio generale dell'autotutela della p.a., che rappresenta una delle manifestazioni tipiche del potere amministrativo, direttamente connesso ai criteri costituzionali di imparzialità e buon andamento della funzione pubblica; inoltre, la nuova valutazione dell'interesse pubblico, cui l'Amministrazione deve accedere, non deve necessariamente basarsi sulla intervenuta formale adozione di atti, essendo sufficiente che dallo stesso provvedimento di revoca emergano le ragioni, plausibili e concrete, che determinano la suddetta rivalutazione dell'interesse pubblico. L’indicazione consultiva dell’Autorità Nazionale Anticorruzione è palesemente insufficiente a giustificare l’autotutela pubblicistica, poiché essa – di per sé – non costituisce un “sopravvenuto motivo di interesse pubblico”, né un “mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento”, né una “nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”, quali previsti e prescritti dalla normativa di cui all’art. 21 quinquies l. 7 agosto 1990 n. 241”.
[6]T.A.R. Ancona (Marche) sez. I 07 ottobre 2016 n. 546 in www.dejure.it.
[7]T.A.R. Catania (Sicilia) sez. IV  03 ottobre 2016 n. 2345 in www.dejure.it.
[8]T.A.R. Torino (Piemonte) sez. I 12 settembre 2016 n. 1139 in www.dejure.it.
[9]Consiglio di Stato sez. V 14 marzo 2016 n. 984 in www.dejure.it “poteri del giudice dell’ottemperanza non implicano alcun vulnus all’effettività della tutela giurisdizionale amministrativa e ai principi costituzionali sanciti dagli artt. 24, 111 e 113, Cost., rappresentando piuttosto il naturale e coerente contemperamento della pluralità degli interessi e dei principi costituzionali che vengono in gioco nel procedimento giurisdizionale amministrativo, ed in particolare di quello secondo cui la durata del processo non deve andare a detrimento della parte vittoriosa (che ha diritto, però, all’esecuzione del giudicato in base allo stato di fatto e di diritto vigente al momento dell’atto lesivo, caducato in sede giurisdizionale) e di quello della stessa dinamicità dell’azione amministrazione e dell’esercizio della relativa funzione da parte della Pubblica amministrazione che ne è titolare (che non consente di poter ragionevolmente ipotizzare una sorta di “congelamento” o di “fermo” della stessa, tant’è che sia l’atto amministrativo che la sentenza di primo grado, ancorché impugnati, non perdono in linea di principio la loro efficacia e idoneità a spiegare gli effetti loro propri, tranne che questi ultimi non siano ritenuti meritevoli di essere sospesi, su istanza degli interessati, da parte rispettivamente del giudice di primo grado o da quello di appello)”.
[10]T.A.R. Napoli (Campania) sez. V 01 agosto 2016 n. 3982 in www.dejure.it “il c.d. preavviso di ricorso non comporta alcun obbligo di riesame da parte dell'Amministrazione né di sospensione della procedura, ma neppure un obbligo di risposta, potendosi comunque formare il silenzio - rifiuto. Inoltre, la procedura introdotta a seguito del preavviso di ricorso non influisce sull'esito della gara, ben potendo la Stazione Appaltante legittimamente procedere all'aggiudicazione definitiva, senza attendere l'esito del riesame. Il fatto che la Stazione Appaltante non sia obbligata a provvedere in merito all'istanza di autotutela, comporta che neppure l'impresa ricorrente in giudizio è obbligata ad impugnare il diniego di autotutela; la mancata impugnazione del diniego non impedisce di impugnare in modo autonomo il provvedimento di aggiudicazione e, per converso, la mancata impugnazione del diniego di autotutela non comporta una possibile causa di inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso già proposto avverso l'aggiudicazione”.
[11]T.A.R. Napoli (Campania) sez. III  22 agosto 2016 n. 4085 in www.dejure.it.
[12] Consiglio di Stato sez. III  08 settembre 2016 n. 3827 in www.dejure.it.
[13]T.A.R. Bari (Puglia) sez. I 07 luglio 2016 n. 878 in www.dejure.it “anche dopo l'entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo, il rapporto di incidenza fra autotutela amministrativa e giudicato non deve essere risolto aprioristicamente, con l'affermazione assoluta della prevalenza del secondo sulla prima; al contrario, deve essere affidato in concreto al riscontro dell'esatta portata del medesimo giudicato e del bene della vita riconosciuto. Sicché, ove il giudicato non inibisca l'esercizio dei tratti liberi dell'azione amministrativa (secondo la regola generale sancita adesso dall'art. 34, co. 2, c.p.a.), ovvero ne consenta espressamente la riedizione, è inconfigurabile una situazione di inottemperanza”.
[14]T.A.R. Roma (Lazio) sez. II  21 luglio 2016 n. 8380 in www.dejure.it.