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Pubbl. Mar, 20 Set 2016

Rapporti tra riciclaggio ed evasione fiscale internazionale nello sviluppo della normativa valutaria

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Gaetano Locci


I rischi di utilizzo illecito del denaro, organi preposti al controllo e sistema di prevenzione


Guardando all’attuale contesto globalizzato, si osserva la necessità di imporre le regole comuni che favoriscono la locale cooperazione tra soggetti economici e tra gli Stati.

Avere la disponibilità di capitali di origine illecita e attuare il meccanismo di sottrazione di risorse all’Erario, sono attività antropiche in grado di alterare sia i meccanismi di regolamentazione dei mercati, che le regole della locale concorrenza tra imprese. Tutto ciò fa contrarre il gettito tributario e aumentare la pressione fiscale che va a gravare inevitabilmente soprattutto su quelle categorie di contribuenti che non potendo evadere o non volendo praticare un’attività criminosa del genere, fanno diminuire la loro capacità di spesa e di consumi.

Attività del genere possono integrare le ipotesi di evasione e di riciclaggio, in quanto le condotte evasive costituiscono uno strumento per costituire fondi da reinserire nel circuito economico legale e occultare il più vasto progetto criminoso.

A livello internazionale, con la consapevolezza che tali fenomeni criminali possano essere contrastati con misure restrittive, sono state individuate una serie di aree di intervento. Precipuamente, tra le suddette aree emergono la cooperazione internazionale tra le Autorità responsabili del contrasto al riciclaggio, quelle fiscali e quelle competenti alla vigilanza finanziaria. In modo univoco si è agito sulla integrità degli intermediari finanziari, attraverso la previsione di regole volte a prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata negli assetti proprietari e negli organi di amministrazione nonché sull’ampliamento della sfera del reato presupposto di riciclaggio a tutti i crimini più gravi e l’eliminazione di forme di concorrenza fiscale, da parte dei Paesi c.d. a fiscalità agevolata, lesive dei più ampi interessi generali.

Nella cornice normativa internazionale si è manifestato un nuovo approccio di contrasto al fenomeno dell’evasione fiscale internazionale, sfociato nella conclusione di accordi specifici, che entreranno in vigore dal 2017, sullo scambio di informazioni finanziarie. Mi preme ricordare che la recente Direttiva107/2014/UE la Commissione europea ha ampliato lo scambio automatico di informazioni tra Amministrazioni finanziarie dell’UE, prevedendo la possibilità da parte delle autorità competenti di uno stato membro di comunicare all’Autorità competente di un altro Stato membro informazioni, sia del titolare del conto che delle sue relative movimentazioni e contratti, a partire dal 30 settembre 2017. Sempre con lo scopo di contrastare l’incalzante opacità del sistema finanziario nel suo complesso, va approvata in modo favorevole la IV Direttiva antiriciclaggio, la quale prevede l’adozione da parte degli Stati membri di misure idonee a rendere più agevole l’informazione aggiornata del titolare di conti da parte delle autorità competenti, attraverso registri e sistemi informatici.

Al riguardo, va notato che il settore dei movimenti di capitali, secondo la terminologia della bilancia dei pagamenti è costituito dall’insieme delle operazioni valutarie, che danno vita alla destinazione del risparmio nazionale di un Paese. Non ci lascia esterrefatti, perciò, se i movimenti di capitali costituiscano oggetto di peculiare attenzione da parte dell’Autorità economiche, anche in un quadro di liberalismo dei rapporti economici internazionali.

Ripercorrendo l’iter storico-giuridico della normativa valutaria, si può affermare che essa è suddivisa in tre periodi. Il primo periodo, è quello che intercorre tra la prima e la seconda guerra mondiale, con l’introduzione delle prime restrizioni in materia valutaria, dovute alle scelte autarchiche e corporative del regime dell’epoca. Il R.D. 24/07/1942 n.807, volle sottoporre a preventiva autorizzazione qualsiasi tipo di investimento  di capitali esteri, che venisse fatto in Italia. Il secondo periodo, va dal 1945 al 1986, nel quale si apre una forte spinta liberalizzatrice e all’apertura dell’economia verso l’integrazione internazionale, tramite la riduzione e la totale abolizione delle più gravose forme di restrizione. Agli inizi degli anni ’70 vi fu una acuta crisi monetaria internazionale e interna, comportante l’adozione di rinnovate e più ampie restrizioni, culminate nel 1976 con la reimmissione delle sanzioni penali a presidio delle norme valutarie.      Il terzo periodo, lo si fa decorrere dal 1986 al 1988, con la Legge n.599 del 1986, la quale poneva le premesse per il rinnovamento dell’intero sistema nell’ottica di un processo di graduale libera circolazione dei capitali, quest’ultima ha cominciato a realizzarsi in Italia con il D.P.R. 148/1988, ovvero il Testo Unico in materia valutaria. La disciplina dell’Unione Europea di riferimento in materia di circolazione transfrontaliera di valuta è costituita dal Regolamento CE n.1889/2005 del Parlamento e del Consiglio, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata e in uscita dall’Unione Europea. Tale regolamento prevede il principio di obbligatoria dichiarazione valutaria alle Autorità quali: Dogana, Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza,   a coloro i quali entrano nell’UE e ne escono trasportando denaro contante per un importo pari o superiore a 10.000 euro. Il 2005 segna lo spartiacque della normativa valutaria, e già nel periodo precedente all’emanazione del regolamento 1889, l’ordinamento italico previde un sistema nazionale di sorveglianza dei trasferimenti del denaro contante, titoli e valori mobiliari fondato sulla presentazione di una specifica dichiarazione e nei passaggi intracomunitari che extracomunitari. L’impatto del Regolamento CE 1889/2005 ha comportato l’esigenza di allineare il sistema nazionale italiano, e quindi con la generazione dell’IVIE (Imposta sul Valore degli Immobili all’Estero) e l’IVAFE(Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero), con quanto fu dettato e rubricato a livello europeo.

Il summenzionato limite all’utilizzo del denaro contante di diecimila euro è stato elevato a 15.000 euro come sancito dall’art. 2 della L 15/12/2014 n.186 Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali e in materia di auto riciclaggio, e l’ammontare di queste attività di natura finanziaria va dichiarato nel quadro RW della dichiarazione dei redditi.

Il primo documento di stampo internazionale a far menzione del problema del riciclaggio è stato la Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa del 27 giugno 1980, ad oggetto :Misure contro il trasferimento e l’occultamento dei capitali di origine criminale, e ahimè tale documento è rimasto inattuato. Poi, nuovamente, con la Convenzione di Strasburgo nel 1990 si è intervenuti sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi da reato, con il precipuo scopo di facilitare la cooperazione internazionale in materia di indagini,ricerca, sequestro e confisca dei proventi derivanti da qualsiasi tipo di attività criminale.

 La Convenzione sul riciclaggio, quindi, ha assunto notevole rilievo sotto il profilo dell’armonizzazione della procedura penale in materia. Tale sistema, nel corso del tempo, si è rivelato deficitario sotto due profili: quello della prevenzione ,e non repressione, del riciclaggio e quello dell’assenza della materia del contrasto al finanziamento al terrorismo, ragion per cui si aprì, nel 2003, un Comitato di esperti per colmare le due lacune menzionate. L’origine della normativa antiriciclaggio, a mio avviso tuttora in evoluzione, può farsi ascendere alla Direttiva 91/308/CEE cioè la Prima Direttiva antiriciclaggio, affidando a enti creditizi e finanziari un ruolo attivo e di collaborazione nella prevenzione del delitto de quo. Poi la Seconda Direttiva 97/2001/CEE, recante modifiche alla precedente, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario, così la Terza Direttiva 60/2005/CEE consolidava il diritto sino ad allora esistente e tra le sue novità più incisive vi sono l’adeguata verifica della clientela e gli obblighi di segnalazione. In ultima istanza troviamo la Quarta Direttiva introdotta con la Direttiva 849/2015/UE.

Ritengo di poter concludere come, anche in ambito nazionale è palese la volontà del legislatore di istituire meccanismi di interazione tra le varie normative antiriciclaggio e di contrasto all’evasione fiscale, fornendo gli strumenti necessari per poter reprimere gli illeciti in materia. In tal senso gli organi preposti al sistema di repressione e controllo sono: l’Agenzia delle Entrate e i Reparti Speciali della Guardia di Finanza, i quali possono richiedere agli intermediari informazioni  per l’analisi del rischio di evasione.

 Le menzionate norme e gli Organi preposti vanno di sicuro coordinate con leggi attuative, volte a rendere il sistema penal-tributario coerente e accrescerne l’effetto deterrente e di contrasto alle violazioni in materia di monitoraggio fiscale, di frodi fiscali e riciclaggio di capitali.