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Pubbl. Ven, 9 Set 2016

Niente più tasse a carico degli stranieri per il rinnovo o il rilascio del permesso di soggiorno

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Antonella Storti


Il Tar Lazio, sulla scorta della giurisprudenza europea, elimina l’obbligo del versamento di contributi per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.


Con sentenza n. 6095 del 2016, il TAR del Lazio è tornato a pronunciarsi sul tema dei permessi di soggiorno, eliminando l’obbligo, a carico dei cittadini stranieri, di versare la tassa richiesta per il rinnovo o il rilascio dello stesso. Il Giudice amministrativo, infatti, accogliendo il ricorso proposto dalla CGIL e dall'INCA, ha provveduto ad annullare il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 6 ottobre 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011, nella parte in cui prevede il versamento di un contributo per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno. 

L’art. 5 comma 2- ter della normativa in esame disponeva che la richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno fosse sottoposta al pagamento di un contributo, le cui modalità di versamento erano stabilite dal successivo articolo 14-bis comma 2.

In particolare, il decreto fissava gli oneri contributivi come segue:

  • Euro 80,00 per i permessi di soggiorno di durata superiore a tre mesi e inferiore o pari a un anno;
  • Euro 100,00 per i permessi di soggiorno di durata superiore a un anno e inferiore o pari a due anni;
  • Euro 200, 00 per il rilascio del permesso di soggiorno europeo per soggiornanti di lungo periodo e per i richiedenti il permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 27 comma 1 , lett. a) d.lgs. 286/1998.

I ricorrenti hanno evidenziato i seguenti nodi problematici:

  1. Illegittimità costituzionale degli artt. 5 comma 2-ter e 14-bis, per violazione dei principi espressi dagli articoli 3, 53 e 97 della Costituzione, ossia eguaglianza, ragionevolezza, capacità contributiva, imparzialità e buon andamento della azione amministrativa, nonché per violazione dell’articolo 9 della convenzione O.I.L. n. 143/1975.
  2. Eccesso di potere per illogicità manifesta e sviamento;
  3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14-bis comma 2. D.lgs. 286/1998, in relazione alla destinazione della cosiddetta “quota residua” del gettito derivante dal contributo.

Il TAR Lazio, nel decidere in merito al ricorso così proposto, ha richiamato la giurisprudenza comunitaria. In particolare, secondo la Corte di Giustizia, gli Stati membri possono subordinare il rilascio di permessi e titoli di soggiorno al pagamento di contributi determinati discrezionalmente, così come disposto dalla direttiva 2003/109. Il potere discrezionale dei singoli Stati ha, tuttavia, ha dei limiti. Infatti, gli Stati membri non possono applicare una normativa nazionale che comprometta la realizzazione degli obiettivi della direttiva.

Nel caso di specie, la direttiva 2003/109 mira a favorire l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli stati membri. Pertanto, ciascuno Stato membro può legittimamente subordinare il rilascio del permesso di soggiorno alla riscossione di contributi, ai sensi della sopra citata direttiva. L’importo del contributo, però, non deve avere come scopo o come effetto l’imposizione di ostacoli al conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo conferito dalla direttiva. Secondo il giudice comunitario, la normativa dello Stato membro rispetta i principi espressi nella direttiva in esame, soltanto se l'ammontare del contributo richiesto non sia visibilmente sproporzionato rispetto all’importo dovuto per ottenere un titolo analogo – ad esempio, la carta di identità - da parte dei cittadini del medesimo Stato.

Con sentenza del 2 settembre 2015 la Corte di Giustizia dell’Unione europea si è pronunciata sulla questione pregiudiziale sollevata dal TAR del Lazio, affermando che: “La direttiva 2003/109/CE del Consiglio, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, osta ad una normativa nazionale come quella controversa nel procedimento principale, che impone ai cittadini dei paesi terzi che chiedono il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno nello Stato membro considerato di pagare un contributo variabile tra euro 80 ed euro 200 in quanto siffatto contributo è sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva ed è atto a creare un ostacolo all’esercizio dei diritti conferiti da quest’ultima.” Per tale ragione, il TAR Lazio ha provveduto alla disapplicazione della normativa nazionale, per contrasto con la normativa di matrice comunitaria. Condividendo, inoltre, le doglianze proposte in merito alla illegittimità del contributo, perché palesemente sproporzionato, il Collegio ha  accolto il ricorso, annullando il decreto n. 304/2011, limitatamente agli articoli controversi.