Pubbl. Gio, 18 Ago 2016
Limitazione degli sprechi, uso consapevole delle risorse e sostenibilità ambientale.
Modifica paginaAnche in Italia arriva una legge contro lo spreco alimentare. Per comprendere la complessità e l’urgenza che il tema impone, basta riflettere su un dato pubblicato sul blog UpWorthy, per cui, secondo le Nazioni Unite, se lo spreco di cibo fosse uno Stato, questo sarebbe al terzo posto globale per la produzione di gas serra.
Sommario: 1. Introduzione; 2. La riduzione degli impatti negativi sull’ambiente e sulle risorse naturali e la promozione del cambiamento dei modelli di produzione; 3. La destinazione dei prodotti alimentari invenduti a fini di solidarietà sociale; 4. La sensibilizzazione dei cittadini e delle istituzioni; 5. Conclusioni.
1. Introduzione
La finalità della Legge 19 agosto 2016, n. 166 è quella di favorire la transizione verso un’economia circolare, con il coinvolgimento di una molteplicità di soggetti, prediligendo l’introduzione di misure preventive e di precisi incentivi alle best practice di settore, piuttosto che l’uso di controlli e sanzioni, anche in un’ottica di coinvolgimento e sensibilizzazione sociale del consumatore finale. In particolare, le linee di intervento riguardano:
2. La riduzione degli impatti negativi sull’ambiente e sulle risorse naturali e la promozione del cambiamento dei modelli di produzione.
Il capo IV ha introdotto precisi incentivi fiscali per favorire l’uso consapevole delle risorse e la sostenibilità ambientale.
L’art. 11, relativamente alla tassazione sui rifiuti, ha introdotto una riduzione della tassa proporzionale alla quantità di prodotti che il produttore dimostri di aver ceduto ai sensi della legge n. 155 del 2003.
L’art. 12 ha previsto il riconoscimento di un credito d’imposta pari al 15% delle spese sostenute in eccedenza alla media degli investimenti ambientali, effettuati nei cinque periodi di imposta precedenti, per le piccole e medie imprese del settore alimentare e delle bevande che effettuano investimenti ambientali.
L’art. 13 ha previsto incentivi, nella misura massima di euro 3.500,00, per l’acquisto di beni mobili strumentali da parte delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.
Da ultimo, l’art. 15 ha introdotto nel Codice Appalti il criterio della cessione a titolo gratuito, a fini di beneficenza, delle rimanenze tra quelli che la stazione appaltante può introdurre nel bando ai fini dell’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
3. La destinazione dei prodotti alimentari invenduti a fini di solidarietà sociale.
Probabilmente il merito maggiore della normativa in esame risiede nel tentativo di sfruttare le esaminate esigenze di contenimento dell’uso delle risorse naturali e di limitazione degli sprechi per aumentare il sostegno dei cittadini in condizioni di difficoltà economica.
In particolare, l’art. 2 ha ampliato le categorie di soggetti e di beni a cui si applica la Legge n. 155 del 2003, estendendo, peraltro, l’applicazione delle norme in esame anche ai prodotti destinati all’alimentazione o all’igiene animale.
L’art. 3 ha consentito la cessione di prodotti alimentari invenduti sui quali è indicato il termine utile di consumo e il cui termine minimo di conservazione sia stato superato da non più di trenta giorni, al solo scopo benefico o per il sostegno vitale di animali.
Gli artt. 4, 5 e 6 hanno previsto e regolamentato la cessione di prodotti alimentari invenduti (con essi intendendosi: rimanenze di attività promozionali, prodotti stagionali, prodotti con data di scadenza ravvicinata, test o lanci, eventi meteorologici imprevisti o sfavorevoli, errori nella programmazione della produzione, ordini errati, danneggiamento della confezione esterna che non comprometta i requisiti igienico-sanitari e di sicurezza del prodotto) da parte di negozi al dettaglio e della grande distribuzione organizzata ad organizzazioni non profit o a comitati che effettuano la raccolta ai soli fini di beneficenza.
L’art. 7 ha introdotto le disposizioni volte alla definizione di una disciplina univoca degli standard e le condizioni utili a consentire l’ulteriore trasformazione di prodotti alimentari ad alta deperibilità ritirati dal mercato o invendibili per destinarli al consumo umano o animale e, il successivo art. 8, ha individuato il Ministero della salute come organo competente all’armonizzazione delle misure igienico-sanitarie per la donazione delle eccedenze ai fini di beneficenza, oltre che per la definizione di specifici piani di autocontrollo.
L’art. 10, relativamente alla cessione di prodotti a fini benefici e le erogazioni liberali, ha eliminato: per valori fino a euro 15.000, l’obbligo di comunicazione da parte del cedente agli uffici dell’amministrazione finanziaria; la preventiva comunicazione al competente ufficio delle entrate per erogazioni liberali di derrate alimentari, farmaci e prodotti per l’igiene e la pulizia della casa e della persona; l’obbligo di annotazione mensile sui registri IVA di natura, qualità e quantità di beni ceduti gratuitamente, essendo tali dati, peraltro, già presenti sia nel documento di trasporto emesso dal cedente sia nell’autocertificazione rilasciata dal ricevente.
4. La sensibilizzazione dei cittadini e delle istituzioni.
Infine, con la consapevolezza che le grandi innovazioni non possono prescindere dalla sensibilizzazione sociale, l’art. 9 ha istituito un Fondo per la ricerca scientifica nel campo delle perdite e degli sprechi di risorse naturali, presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il finanziamento di progetti territoriali degli enti locali in materia di recupero, riuso delle eccedenze e limitazione degli sprechi e di campagne informative istituzionali per sensibilizzare i cittadini sull’uso consapevole delle risorse. Infine, una quota del fondo sarà utilizzata dall’ISTAT per svolgere le indagini e acquisire dati in materia di spreco alimentare.
5. Conclusioni.
Pur non essendo i primi in Europa ad aver compreso la necessità di predisporre delle misure di contrasto allo spreco alimentare, in ogni caso il complesso di norme appena esaminate proposto dall’Italia ha l’indiscutibile pregio di essere più convincente rispetto alla riforma francese dello scorso anno, il cui merito, probabilmente, è quello di aver fatto da apri pista rispetto ad un tema così urgente ma per nulla regolamentato dagli Stati dell’Unione europea. In chiave critica, non pochi, infatti, hanno evidenziato che, in materia di lotta agli sprechi, la grande distribuzione francese già da tempo vanta un sistema decisamente all’avanguardia, per cui la riduzione degli sprechi rischierebbe di essere effettivamente minima.
Volendone illustrare, seppur brevemente, i contenuti, per superare la fase in cui i supermercati erano obbligati a trattare come rifiuti il cibo scaduto, la Francia ha puntato tutto su due articoli,
- coinvolgendo la grande distribuzione (supermercati di almeno 400 mq), obbligandoli a trasferire alle organizzazioni non lucrative con finalità caritatevoli il cibo prossimo alla data entro cui “è preferibile” la consumazione, o, in alternativa, di trasformarlo in cibo per animali o compost. Le modalità sono quantomai semplici, puntando su un obbligo di accordo con le organizzazioni caritatevoli, sanzionato, in caso di mancata sottoscrizione dei protocolli da parte della grande distribuzione, con multe fino a 75.000 euro o la reclusione fino a due anni, con il rischio, per non incorrere in temibili inadempienze, di incentivare le aziende a ridurre ulteriormente i prodotti invenduti, sfruttando le “promozioni”, così da diminuire la quota oggetto di donazioni;
- imponendo ai ristoranti, che servono almeno 180 pasti al giorno, di fornire le “doggy bag” ai propri clienti. Pratica decisamente avversa e spesso considerata più un costume americano che una best practice finalizzata alla sostenibilità ambientale dei consumi globali.