La natura bifasica dell'imposta di registro.
Modifica paginaLa natura bifasica dell´imposta di registro resta, ancora oggi, sotto la lente di ingrandimento degli studiosi del diritto e dei garanti della legalità.
La natura dell’imposta di registro.
L’imposta di registro colpisce i trasferimenti negoziali e trova cittadinanza nel DPR 131/86. Si tratta di un’imposta cd. d’atto atteso che colpisce un atto registrato dal contribuente dal quale risulta un trasferimento di ricchezza, atto produttivo di effetti rilevanti per l'ordinamento giuridico. Presupposto d’imposta è, dunque, la richiesta di registrazione di un atto ovvero di un negozio.
A tal fine gli atti si distinguono in:
- Atti soggetti a registrazione in termine fisso;
- Atti soggetti a registrazione in caso d’uso;
- Atti non soggetti a registrazione.
A seconda della funzione muta la situazione giuridico soggettiva in cui versa il contribuente.
In particolare, nel primo caso, si tratta di un obbligo che grava sul contribuente di richiedere e procedere alla registrazione dell’atto. Si tratta di una vera e propria imposta che grava sul contribuente ex lege e che se non adempiuta determina l'irrogazione di tutte le sanzioni previste in caso di inadempimento di un obbligo.
La registrazione è in caso d’uso ogniqualvolta l’atto deve essere registrato quando viene depositato, per essere poi acquisito dalle cancellerie giudiziarie o pubbliche amministrazioni. Si tratta in tal caso di un onere per il contribuente, ovvero un comportamento che il soggetto adotta nel proprio interesse.
Infine, la registrazione può essere cd. volontaria e in tal caso il soggetto pagherà l’imposta in misura fissa.
Sono soggetti passivi dell’imposta di registro coloro che stipulano l’atto soggetto a registrazione. E’ altrettanto vero che questi ultimi sono gli effettivi debitori d’imposta, ma vi sono altri soggetti aventi una serie di obblighi e figurano quali responsabili solidali con l’obbligato principiale. E’ opportuno, dunque, operare una distinzione tra soggetti obbligati a chiedere la registrazione e soggetti tenuti al pagamento del tributo.
Sono obbligati a chiedere la registrazione: il pubblico ufficiale per gli atti da essi redatti, autenticati o ricevuti; le parti, per gli atti compiuti senza la predetta assistenza; i cancellieri e i segretari per le sentenze e gli atti giurisdizionali. Sono, invece, tenuti al pagamento le parti solidalmente e chi si serve dell’atto per richiedere un provvedimento all’autorità giudiziaria.
Il notaio, come noto, rientra tra i soggetti cd. responsabili d’imposta e secondo la giurisprudenza di legittimità (Cassazione civile, sez. trib., 21 giugno 2016 n. 12759) “in tema d'imposta di registro, ipotecaria e catastale, il notaio rogante, operando quale mero responsabile d'imposta estraneo al rapporto tributario ed obbligato in solido con i contraenti, quale fideiussore "ex lege", al solo fine di facilitare l'adempimento in virtù di una relazione che non è paritetica, ma secondaria e dipendente, non è legittimato alla richiesta di rimborso, ove si assuma l'indebito pagamento, in quanto i contribuenti effettivi sono solo le parti sostanziali dell'atto. (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Sicilia - Sez. dist. Messina, 07/11/2008)[1].
In caso di accertamento basato sull’imposta di registro[2], quest’ultimo, come qualunque altro provvedimento amministrativo, deve essere motivato in ragione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Come noto gli elementi essenziali di un provvediemento amministrativo sono il dispositivo che indica il decisum dell'organo o ente che lo ha emesso e la motivazione che indica il percorso seguito dall'organo o ente. Dunque, l’ente impositore deve in modo analitico e puntuale indicare le ragioni che hanno condotto alla determinazione del maggior valore. Come sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità “in tema di imposta di registro ed INVIM, anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 7 della l. n. 212 del 2000, che ha esteso alla materia tributaria i principi di cui all'art. 3 della l. n. 241 del 1990, l'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento di maggior valore deve ritenersi adempiuto mediante l'enunciazione del criterio astratto in base al quale è stato rilevato, con le specificazioni in concreto necessarie per consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa e per delimitare l'ambito delle ragioni deducibili dall'Ufficio nell'eventuale successiva fase contenziosa, nella quale l'Amministrazione ha l'onere di provare l'effettiva sussistenza dei presupposti per l'applicazione del criterio prescelto, ed il contribuente la possibilità di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Calabria, 17/01/2014)”[3].
È illegittimo l'avviso di liquidazione dell'imposta di registro emesso dall'ufficio se privo di una motivazione che possa far comprendere, in maniera piena, chiara e soddisfacente, la pretesa fiscale. Occorre l'indicazione dei calcoli matematici che hanno portato alla variazione di valore degli immobili descritti e valutati nell'atto notarile per evitare ogni automatismo che rischia di pregiudicare anche il rapporto tra fisco e contribuente. Occorre un confronto, vivo e tangibile tra l'Amministrazione Finanziaria e il contribuente e può aversi solo con un provvedimento munito di motivazione.
La motivazione deve essere indicata in concreto per consentire al contribuente di esercitare adeguatamente il proprio diritto di difesa, in base ad un più ampio principio di lealtà procedimentale prima ancora che processuale. E, la motivazione resta ancora oggi uno strumento di garanzia di difesa per il contribuente, ogniqualvolta venga raggiunto da un provvedimento che invade la propria sfera giuridico-patrimoniale e, dunque, un provvedimento avente carattere pregiudizievole. E' chiaro che l'Ufficio deve puntualmente indicare i presupposti per l'applicazione del criterio prescelto e le ragioni che hanno determinato l'atto impositivo. Quello che conta è il percorso adottato per giungere ad una decisione e consentire al contribuente di valutare e verificare la legittimità del suddetto percorso.
Eventuali agevolazioni.
L’imposta di registro può essere dovuta anche in forma agevolata[4] ogniqualvolta si tratti di abitazioni cd. prima casa. E’ ormai orientamento consolidato quello secondo cui “ai fini dell'applicazione dell'aliquota agevolata per l’imposta di registro sulla "prima casa", per stabilire se un immobile sia o meno di lusso, si deve fare riferimento esclusivamente ai parametri indicati dal d.m. 2 agosto 1969, senza tenere in considerazione la classificazione catastale, dal momento che ad avere rilevanza è la superficie dell’immobile in questione, ed in particolare se essa sia superiore o meno al limite massimo previsto per la fruibilità dell’agevolazione” Cassazione civile sez. trib. 22 aprile 2016 n. 8146. Il contribuente, tuttavia, ha l’onere di effettuare il cambio di residenza qualora voglia usufruire del cd. beneficio “in tema di acquisto della prima abitazione, l'acquirente decade dal beneficio fiscale se non trasferisce la propria residenza entro 18 mesi dall'acquisto, a meno che non sopravvenga una causa di forza maggiore non attribuibile al contribuente” Comm. trib. reg. Milano (Lombardia) sez. XIII 14 aprile 2016 n. 2220.
E’ pur vero che “in tema di perdita dell'agevolazione fiscale sul pagamento dell'imposta di registro per l'acquisto della prima casa, per l'omesso trasferimento della residenza nel comune in cui è sito l'immobile, il termine per la rettifica, la liquidazione della maggiore imposta e l'irrogazione delle relative sanzioni è soggetto alla sospensione prevista dall'art. 11, comma 1, della l. n. 289 del 2002, sicché è prorogato di due anni, restando privo di rilievo la circostanza che il termine per la presentazione dell'istanza di definizione in via breve scada in data anteriore a quello fissato per il trasferimento della residenza, atteso che, ai fini dell'astratta definibilità del rapporto d'imposta è essenziale unicamente l'intervenuta o omessa registrazione entro il 30 settembre 2003, mentre è ininfluente la non ancora maturata perdita del beneficio fiscale”. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Lombardia, 22/03/2011) [5].
Per definire il valore dell'immobile ai fini dell'applicazione agevolata dell'imposta di registro rileva il momento dell'acquisto dell'immobile, in tal senso la Cassazione civile sezione tributaria. 28 giugno 2016 n. 13312 "ai fini dell'agevolazione sull'acquisto della prima casa rileva il momento dell'acquisto dell'immobile e non quello della sua costruzione; la collocazione urbanistica dell'immobile, inoltre, costituisce di per sé un indice di particolare prestigio della costruzione".
Ad abundantiam "in tema di agevolazioni per l'acquisto della "prima casa", per stabilire se l'abitazione sia di lusso non assume specifica rilevanza la destinazione che l'acquirente o gli acquirenti attribuiscono al bene, sicché, in caso di acquisto "pro indiviso" di un unico cespite immobiliare (nella specie, villino di due piani, con locale autorimessa e terreno pertinenziale) da parte di due acquirenti, non è consentito il frazionamento della superficie utile tra i medesimi (nella specie, imputando a ciascuno di essi un piano dello stabile) come se il rogito notarile riguardasse due autonome alienazioni, ostandovi la contitolarità indivisa dei diritti sul bene, che consente, ai sensi dell'art. 1102 c.c., a ciascun comunista la facoltà di usare il bene comune"(Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Liguria, 11/10/2013) (Cassazione civile sez. VI 14 aprile 2016 n. 7457).
Affinchè si possa usufruire dell’agevolazione prima casa occorre che l’abitazione non abbia i caratteri di un’abitazione cd. di lusso. Infatti,“in materia d'imposta di registro, i principi di ragionevolezza ed equità contributiva impongono che, al fine di stabilire la spettanza delle agevolazioni tributarie derivanti dall'acquisto della prima casa, secondo la disciplina "ratione temporis" applicabile, rilevi che l'abitazione sia considerata "non di lusso" al momento dell'acquisto e non a quello della sua costruzione. (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Lombardia, 30/12/2013)” [6].
Tuttavia, un recentissimo orientamento della Suprema Corte ha affermato che "in tema di perdita dell'agevolazione fiscale sul pagamento dell'imposta di registro per l'acquisto della prima casa, per l'omesso trasferimento della residenza nel comune in cui è sito l'immobile, il termine per la rettifica, la liquidazione della maggiore imposta e l'irrogazione delle relative sanzioni è soggetto alla sospensione prevista dall'art. 11, comma 1, della l. n. 289 del 2002, sicché è prorogato di due anni, restando privo di rilievo la circostanza che il termine per la presentazione dell'istanza di definizione in via breve scada in data anteriore a quello fissato per il trasferimento della residenza, atteso che, ai fini dell'astratta definibilità del rapporto d'imposta è essenziale unicamente l'intervenuta o omessa registrazione entro il 30 settembre 2003, mentre è ininfluente la non ancora maturata perdita del beneficio fiscale. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Lombardia, 22/03/2011)".(Cassazione civile sez. trib. 28 giugno 2016 n. 13342).
In più "In tema di agevolazione fiscale per l'acquisto della "prima casa", la disciplina introdotta a partire dal d.l. n. 12 del 1985, art. 2, richiede che l'immobile sia ubicato nel Comune ove l'acquirente stabilisca la residenza entro un determinato termine dall'acquisto, senza che alcuna rilevanza giuridica possa essere riconosciuta né alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico, né all'eventuale ottenimento della residenza oltre il termine fissato, essendo proprio la residenza il presupposto per la concessione del beneficio. A tale fine non può essere riconosciuta la conseguita residenza sulla sola base dell'avvenuta stipula dei "contratti dell'energia elettrica, del gas" e della "denunzia ai fini della tassa spazzatura", atteso che la fornitura di energia elettrica e di gas e la denunzia della tassa concernente lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani sono necessarie anche per soggetti non residenti e, quindi, non dimostrano affatto l'effettivo trasferimento della residenza, neanche nel senso di fissazione della propria "dimora abituale" nell'immobile acquistato" (Cassazione civile sez. trib. 15 maggio 2013 n. 11614). Trattandosi di un'agevolazione occorre che vengano rispettati dei rigidi criteri di valutazione per un'eventuale concessione della stessa.
Ancora, la Suprema Corte di Cassazione civile ha affermato che "in tema di agevolazioni tributarie per l'acquisto della "prima casa" si decade dall'applicazione della aliquota agevolata dell'imposta di registro se l'acquisto ha avuto ad oggetto insieme con l'immobile abitativo anche il terreno circostante che costituisce pertinenza della "prima casa" e ciò perché il concetto di pertinenza, anche in ambito tributario, è fondato sul criterio fattuale e cioè sulla destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio od ornamento di un'altra cosa, senza che rilevi l'intervenuto frazionamento dell'area posta al servizio della casa acquistata, frazionamento che ha un esclusivo rilievo formale". Ciò che rileva è, dunque, la sostanza ovvero la funzione delle pertinenze nonostante la loro natura frazionabile rispetto alla cosa principale. Esse, infatti, determinano un aumento di valore della cosa principale che rileva ai fini del calcolo dell'imposta di registro dovuta.
L'eventualità di usufruire di un'agevolazione deve essere valutata in concreto, e casisticamente, non essendo possibile applicare in via meramente analogica la disciplina di esenzione o di agevolazione. Occorre la presentazione di una specifica istanza di concessione, non essendo quest'ulima automatica, e l'Ufficio valuterà se sussistono o meno i presupposti per la concessione di esenzioni o agevolazioni.
Per calcolare l’imposta di registro[7] occorre far riferimento al valore, quello venale, dichiarato dalle parti; in mancanza il valore venale sarà dato dai corrispettivi pattuiti. Qualora risulti impossibile operare secondo tali criteri, sarà l’ufficio a determinarlo.
La nullità o l’annullabilità dell’atto non dispensa dall’obbligo di chiedere la registrazione o di pagare la relativa imposta. L’imposta in tal caso assolta deve essere restituita, per la parte eccedente la misura fissa, quando l’atto sia dichiarato nullo o annullato, per causa non imputabile alle parti, con sentenza passata in giudicato e non sia suscettibile di ratifica, convalida o conferma. Sul valore[8] la Cassazione si è pronunciata in tal senso “in tema di imposta di registro, la prevalenza che l'art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, attribuisce alla "intrinseca natura ed agli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente", impone, nella relativa loro qualificazione, di considerare preminente la causa reale e la regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai contraenti, seppure mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali o di singole operazioni, non rivelandosi decisiva, in ipotesi di negozi collegati, la rispettiva differenza di oggetto. Pertanto, in caso di conferimento di azienda con contestuale cessione, in favore di un socio della conferitaria, delle quote ottenute in contropartita dal conferente, il fenomeno ha, a tal fine, carattere unitario (in conformità al principio costituzionale di capacità contributiva ed all'evoluzione della prestazione patrimoniale tributaria dal regime della tassa a quello dell'imposta) ed è configurabile come cessione di azienda, e non costituisce operazione elusiva, per cui non grava sull'Amministrazione l'onere di provare i presupposti dell'abuso di diritto, atteso che i termini giuridici della questione sono già tutti desumibili dal criterio ermeneutico di cui al citato art. 20” (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Firenze, 10/12/2007)[9]. Occorre, dunque, che il valore dell'atto da registrare sia determinato in modo chiaro ed effettivo atteso che esso rappresenta il presupposto per il pagamento dell'imposta di registro. E', soprattutto, sull'efettività che occorre puntare perchè l'imposizione stessa deve essere efettiva e colpire una situazione effettiva.
Il doppio aspetto dell’imposta di registro.
L’imposta di registro appartiene alla categoria delle cd. imposte indirette. Queste ultime sono governate dal cd. principio di proporzionalità che si contrappone a quello di progressività che governa le imposte dirette. E, dunque, le imposte indirette colpiscono una indiretta capacità contributiva ovvero degli atti o fatti dai quali indirettamente si desume la capacità contributiva del soggetto contribuente. L’imposta di registro presenta talune peculiarità. Quando l’imposta di registro è dovuta in misura fissa essa si configura quale vera e propria tassa. Se varia in proporzione al valore dell’atto che colpisce, di converso, ha natura di imposta. Ecco che, ritorna il netto discrimen tra imposta e tassa. L’imposta è un tributo dovuto a prescindere dalla corresponsione di un servizio e consiste in un prelievo coattivo di ricchezza operato dallo Stato o da altro Ente pubblico. La tassa è un prelievo coattivo di ricchezza, ma giustificato dal fruire di un pubblico servizio. In tale ultimo caso, non potrà certo, parlarsi di natura corrispettiva atteso che i due soggetti ovvero Pubblica Amministrazione e contribuente non sono in posizione paritaria, ma di privilegio della Pubblica Amministrazione. Si può, invece, parlare di correlatività, pur restando immutata la posizione di imperio in cui versa l’Amministrazione Finanziaria.
D’altronde “l'imposta fissa non può assurgere a strumento di imposizione fiscale sulla sostanza dell'atto ma si sostanzia nel corrispettivo della registrazione del documento. Nel caso di dichiarazioni di rinunzia all'eredità rese da più soggetti nel medesimo documento non si dà luogo a materia imponibile ma solo ed esclusivamente alla percezione di una cd. Tassa d'atto. La costante prassi applicativa pregressa giustifica l'affidamento del contribuente a versare nel giusto”[10]. La Cassazione per ciò che concerne la misura fissa si è così pronunciata “in tema d'imposta di registro, relativa ad atti traslativi di proprietà di beni immobili in favore delle Autorità portuali, non è applicabile il beneficio della registrazione a tassa fissa, ai sensi dell'art. 1, comma 1, parte prima, della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 (nel testo applicabile "ratione temporis"), difettando il requisito della territorialità del soggetto pubblico acquirente, atteso che il territorio non assurge ad elemento costitutivo delle Autorità portuali, ma funge unicamente da ambito di delimitazione della relativa competenza di gestione del demanio marittimo (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Marche, 04/03/2014)[11]. Ad abundantiam “la sentenza, la quale dichiari la simulazione — tanto assoluta quanto relativa — di un contratto, con effetti reali, costitutivo o traslativo di diritti, è soggetta al pagamento di una nuova imposta di registro (cosiddetta “tassa di titolo”) ponendo in essere, ai fini tributari, un “ritrasferimento” del bene, oggetto del precedente contratto simulato”[12].
E' chiaro che la disciplina varia al variare della natura dell'imposta di registro ed anche le conseguenze dell'adempimento o inadempimento da parte del contribuente saranno differenti in base alla natura della stessa.
Conclusioni
Ecco che, ritorna la ricerca, la ricerca della concretezza, dell'effettività che va oltre l'apparenza, quella mera apparenza che non corrisponde alla realtà, ma resta solo in astratto. Il valore dell'atto da resgistrare deve essere concreto, deve essere autentico, solo così si giungerà ad una giusta imposizione. Perchè, sebbene l'imposta di registro, attesa la sua natura di imposta indiretta, non considera la situazione personale del soggetto passivo deve, tuttavia, essere sempre in linea con un principio di giustizia e di equità affinchè l'imposizione sia giusta ed equa. E, l'imposizione giusta ed equa, può derivare solo da un'effettiva e concreta determinazione dell valore dell'atto che si colpisce. L'imposta di registro per la sua natura bifasica è stata sempre oggetto di confronto e dibattito giurisprudenziale e dottrinale. Ciò in ragione del fatto che l'imposta di registro che appartiene alla più ampia categoria dei tributi accorpa in sè sia la natura di imposta sia la natura di tassa portando con sè e conservando tutte le differenze che intercorrono tra le due fattispecie.
Note e riferimenti bibliografici
[1]Cass. civile Sez.Trib. in www.dejure.it.
[2]Corte Costituzionale 14 maggio 2004 n. 141 in www.dejure.it “è manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 cost., la q.l.c. dell'art. 11 comma 2 l. 23 dicembre 1998 n. 448, secondo cui il rimborso di quanto versato a titolo di tassa annuale per il c.d. mantenimento dell'iscrizione delle società nel registro delle imprese - tassa istituita dall'art. 3 commi 18 e 19 d.l. 19 dicembre 1984 n. 853, conv., con modificazioni, in l. 17 febbraio 1985 n. 17, successivamente ritenuta dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in contrasto con l'ordinamento comunitario - deve essere chiesto nel termine triennale previsto dall'art. 13 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641, in quanto identica questione, sollevata dal medesimo remittente, è stata già decisa nel senso della manifesta infondatezza”.
[3]Cassazione civile sez. VI 06 giugno 2016 n. 11560 in www.dejure.it.
[4]Cassazione civile sez. trib. 13 novembre 2015 n. 23225 in www.dejure.it “in tema di agevolazioni per l'acquisto della prima casa, l'attribuzione al coniuge della proprietà della casa coniugale in adempimento di una condizione inserita nell'atto di separazione consensuale, non costituisce una forma di alienazione dell'immobile rilevante ai fini della decadenza dai benefici prima casa, bensì una forma di utilizzazione dello stesso ai fini della migliore sistemazione dei rapporti tra coniugi, sia pure al venir meno della loro convivenza e proprio in vista della cessazione della convivenza stessa”.
[5]Cassazione civile sez. trib. 28 giugno 2016 n. 13342 in www.dejure.it.
[6]Cassazione civile sez. VI 21 giugno 2016 n. 12853 in www.dejure.it.
[7]Cassazione civile sez. trib. 29 luglio 2011 n. 16648 in www.dejure.it “in tema di imposta di registro la cessione di beni a titolo oneroso intervenuta tra una società privata e l'Amministrazione finanziaria, in difetto di espressa previsione, non è assimilabile ad un atto di transazione, né è equiparabile agli atti dell'autorità giudiziaria (come invece previsto dall'art. 37 d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, ma solo ai fini dell'imposta complementare e con riguardo allo Stato); ne consegue l'applicazione dello specifico regime tributario previsto per i trasferimenti a favore dello Stato, per la prevalenza degli effetti dell'atto rispetto alla sua forma giuridica, essendo l'effetto traslativo della proprietà immobiliare a determinare la tassabilità ad imposta fissa e non proporzionale ai sensi dell'art. 1 della Tariffa allegata al cit. d.P.R. n. 131 del 1986, ovvero a prescindere dallo schema negoziale scelto dalle parti per conseguire lo scopo che in concreto intendevano realizzare”.
[8] Cassazione civile sez. trib. 05 giugno 2013 n. 14150 in www.dejure.it “in tema di imposta di registro, l'art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, attribuisce prevalenza, nell'interpretazione degli atti registrati ed ai fini impositivi, alla natura intrinseca ed agli effetti giuridici degli stessi sul loro titolo e sulla loro forma apparente; e in tal senso vincola l'interprete a privilegiare il dato giuridico reale rispetto ai dati formalmente enunciati - anche frazionatamente - in uno o più atti. Pertanto, una pluralità di operazioni societarie e di negozi, strutturalmente e funzionalmente collegati al fine di produrre, nella specie, un unico effetto giuridico finale costituito dal trasferimento della proprietà di beni immobili a seguito di conferimento dapprima in una società a responsabilità limitata e poi cessione delle relative quote, va considerata, ai fini dell'imposta di registro, come un fenomeno unitario, in conformità al principio costituzionale di capacità contributiva e all'evoluzione della prestazione patrimoniale tributaria dal regime della tassa a quello dell'imposta. Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Bologna, 18/04/2007)”.
[9]Cassazione civile sez. trib. 14 febbraio 2014 n. 3481 in www.dejure.it.
[10]Comm. trib. prov.le Varese 11 maggio 2011 in www.dejure.it.
[11]Cassazione civile sez. trib. 07 ottobre 2015 n. 20029 in www.dejure.it.
[12] Cassazione civile sez. VI 23 giugno 2014 n. 14197 in www.dejure.it.