Pubbl. Dom, 26 Giu 2016
Quel "Mi Piace" di troppo che fa scattare la sospensione dal servizio
Modifica paginaSospensione dal servizio per l’agente di polizia giudiziaria che mette “Mi Piace” alla notizia pubblicata su Facebook del suicidio di un detenuto all’interno della struttura carceraria in cui lo stesso lavora
«Può comportare un danno all'immagine dell'amministrazione». Lo stabilisce il Tar Lombardia con l’ordinanza 19 maggio 2016 n. 246.
Il Tribunale Amministrativo ha respinto l'istanza cautelare dell'agente che chiedeva l'annullamento del decreto adottato dal Capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria con cui gli era stata irrogata la sanzione della sospensione dal servizio per la durata di un mese, ai sensi dell'articolo 5 del D. Lgs. 449/1992.
La sanzione. La misura sanzionatoria consiste nell'allontanamento dal servizio per un periodo da uno a sei mesi «con la privazione della retribuzione mensile, salva la concessione di un assegno alimentare di importo pari alla metà dello stipendio» e comporta «la deduzione dal computo dell'anzianità di un periodo pari a quello trascorso dal punito in sospensione dal servizio, nonché il ritardo di due anni nella promozione o nell'aumento periodico dello stipendio o nella attribuzione di una classe superiore di stipendio».
In quali casi scatta la sanzione? La norma che viene presa in considerazione, l'articolo 5 del decreto legislativo n. 449 del 1992, “Determinazione delle sanzioni disciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria e per la regolamentazione dei relativi procedimenti, a norma dell'art. 21, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395”, alla lettera “g)” prevede che ci sia la sospensione nei casi di «denigrazione dell'Amministrazione o dei superiori».
Il Tribunale Amministrativo della Regione Lombardia ha ritenuto che il ricorso dell'agente non fosse fondato poiché «l'aggiunta del commento “Mi piace” ad una notizia pubblicata sul sito Facebook che può comportare un danno all'immagine dell'amministrazione, assume rilevanza disciplinare».
Nonostante il post su Facebook fosse articolato e trattasse più tematiche inerenti al fatto, il TAR non è stato così “clemente”, e infatti l'ordinanza prosegue dicendo che «sebbene la notizia avesse un contenuto complesso, in quanto oltre all'informazione sul suicidio dava anche quella del pronto intervento della Polizia penitenziaria, la mancanza di un tempestivo recesso dal giudizio espresso, dopo che esso era stato seguito da altri giudizi inequivocabilmente riprovevoli, esclude che la condotta possa considerarsi irrilevante».