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Pubbl. Mer, 23 Mar 2016
Sottoposto a PEER REVIEW

La dichiarazione tributaria. Dichiarazione di scienza o negozio giuridico?

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Daniela Mendola


Cos´è la dichiarazione dei redditi? Le deduzioni e le detrazioni? Approfondiamo l´inquadramento giuridico della dichiarazione dei redditi alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali.


La dichiarazione tributaria.

La dichiarazione dei redditi è lo strumento attraverso il quale il contribuente rende edotta l’Amministrazione Finanziaria della propria situazione reddituale. Nel nostro ordinamento vige il principio della denuncia verificata ovvero dell’autotassazione. In altre parole è il contribuente che proprio mediante la dichiarazione effettua il calcolo dell’imposta che è tenuto a versare allo Stato. La dichiarazione dei redditi rappresenta un obbligo a carico del contribuente atteso che, in caso di violazione, l’Ufficio procede all’accertamento per omessa dichiarazione nel termine di cinque anni dalla data di scadenza per la presentazione della dichiarazione. Al contribuente che ha omesso di presentare la dichiarazione sarà irrogata una sanzione come punizione per non aver adempiuto all’obbligo.

Secondo quanto previsto dall’articolo 1 del D.P.R. 600/73 “ogni soggetto passivo deve dichiarare annualmente i redditi posseduti anche se da essi non ne consegue alcun debito d’imposta. I soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili devono presentare la dichiarazione anche in mancanza di reddito”. La dichiarazione dei redditi deve essere presentata entro un termine perentorio stabilito dalla legge ed è unica atteso che comprende tutti i redditi del soggetto.

La dichiarazione dei redditi delle persone fisiche (ai fini IRPEF) deve contenere l’indicazione di tutti gli elementi attivi (reddito) e di quelli passivi (deduzioni o detrazioni) e i dati necessari per identificare il contribuente.

Le deduzioni [1] rappresentano le spese che il contribuente ha sostenuto durante l’anno solare (spese mediche, assegni di mantenimento corrisposti al coniuge, altre) e vanno dedotte dal reddito complessivo per determinare la base imponibile.

Le detrazioni configurano le spese sostenute dal contribuente (spese mediche diverse da quelle previste per le deduzioni ad es. spese chirurgiche o dentistiche) che vanno applicate all’imposta lorda per determinare l’imposta netta.

Per ciò che concerne la dichiarazione dei redditi delle persone giuridiche (ai fini IRES), essa deve contenere gli elementi attivi (ricavi), gli elementi passivi (costi), i dati necessari per l’individuazione del contribuente e di un rappresentante e tutti gli altri elementi necessari per l’effettuazione del controllo da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

Quanto alla dichiarazione IVA, occorre l’indicazione dei dati utili all’individuazione del contribuente, gli elementi necessari per la determinazione dell’ammontare delle operazioni e dell’imposta rilevanti ai fini del controllo fiscale. Non sono tenuti alla presentazione della dichiarazione tutti i soggetti che abbiano posto in essere solo operazioni esenti dall’imposta ovvero esonerati in base a specifiche disposizioni normative.

Il contribuente può affidare a professionisti il compito di presentare e trasmettere la dichiarazione senza che da ciò derivi alcun esonero e conseguente passaggio di responsabilità, come ha precisato la Cassazione penale, sez. III, del 18 giugno 2015 n. 37856: “l´obbligo della presentazione della dichiarazione dei redditi incombe direttamente sul contribuente e, in caso di persone giuridiche, su chi ne abbia la legale rappresentanza, tenuto a sottoscrivere la dichiarazione a pena di nullità. Il fatto che il contribuente possa avvalersi di persone incaricate della materiale predisposizione e trasmissione della dichiarazione non trasferisce su queste ultime l´obbligo dichiarativo che fa comunque carico direttamente al contribuente il quale, infatti, in caso di trasmissione telematica della dichiarazione rimane comunque obbligato alla conservazione della copia sottoscritta della dichiarazione. L´adempimento formale, dunque, fa carico al contribuente il quale deve essere a conoscenza delle relative scadenze e può anche giovarsi, a fini penali, del termine di 90 giorni concesso dalla legge in caso di infruttuoso superamento dei termine. Ne consegue che il sol fatto di aver affidato ad un professionista, già incaricato della tenuta della contabilità, il compito di predisporre e trasmettere la dichiarazione dei redditi, non è circostanza che giustifica di per sé la violazione dell´obbligo o possa escludere la consapevolezza della inutile scadenza del termine. Solo la forza maggiore può giustificare tale omissione, ma nella valutazione della sua sussistenza non si può prescindere dal fatto che il contribuente ha 90 giorni di tempo dalla scadenza dei termine per adempiere all´obbligo”.

La dichiarazione dei redditi è per sua stessa natura emendabile [2] da parte del contribuente, come ha sottolineato, sempre la Suprema Corte, sez. Tributaria, con la sentenza n. 4578 del 06 marzo 2015:“in tema di imposte sui redditi, la dichiarazione dei redditi, in quanto momento essenziale del procedimento di accertamento e riscossione e non fonte dell´obbligo tributario né atto assimilabile ad una confessione, non può precludere al contribuente di dimostrare, in conformità al principio costituzionale di capacità contributiva, l´inesistenza anche parziale di presupposti di imposta erroneamente dichiarati, purché siano osservati forme e termini previsti dall´art. 38 del d.P.R 29 settembre 1973, n. 602, che, autorizzando la presentazione dell´istanza di rimborso, oltreché in caso di errore materiale, in quello di ´inesistenza totale o parziale dell´obbligo di versamento´, opera in maniera indifferenziata in tutte le ipotesi di ripetibilità del versamento indebito, a prescindere dalla riferibilità dell´errore al versamento, allan´ o al ´quantum´ del tributo (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Puglia, 29/12/2008)”.

Da qui ne deriva come logica conseguenza che il contribuente può correggere [3] gli errori [4] commessi nella dichiarazione. Al contribuente è riconosciuta la possibilità di regolarizzare omissioni ovvero irregolarità mediante l’istituto del ravvedimento [5], ottenendo una riduzione delle sanzioni amministrative ordinarie. Tuttavia, il ravvedimento [6] può avvenire solo se l’Ufficio non ha proceduto a contestare la violazione ovvero quando non siano ancora stati effettuati gli accessi, le ispezioni e le verifiche ovvero quando non siano iniziate altre attività amministrative di accertamento di cui il contribuente sia stato reso edotto. Sul punto la Cassazione civile, sez. trib., sentenza del 17 luglio 2015 n. 14999, a tenore della qualein tema d´imposte sui redditi, la dichiarazione integrativa prevista dall´art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998, n. 322, non può essere presentata né dopo la contestazione della violazione commessa nella precedente dichiarazione, né dopo le verifiche, gli accessi, le ispezioni o le altre attività di accertamento di cui il contribuente abbia avuto formale conoscenza, atteso che altrimenti cesserebbe di essere un rimedio per ovviare agli errori commessi ed si trasformerebbe in uno strumento elusivo delle sanzioni”.

Ciò risponde alla necessità di assicurare che il ravvedimento del contribuente sia spontaneo e avvenga prima che l’Ufficio abbia accertato e contestato la violazione e non successivamente al solo fine di evitare l’irrogazione di una sanzione. In tal senso la Suprema Corte, sez. trib., sent. del 13 maggio 2011 n. 10592: "la riduzione della sanzione, prevista per l´ipotesi di ravvedimento operoso del contribuente prefigurata dall´ art. 13 d.lgs. n. 472/97, postula che ´la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l´autore o i soggetti obbligati ai sensi dell´art. 11, comma 1, abbiano avuto formale conoscenza. L´avviso di mora rappresenta un atto, equiparabile al precetto nella esecuzione forzata, che viene notificato al contribuente proprio nel caso in cui quest’ultimo, reso edotto dell´imposta dovuta (o delle relative sanzioni, od oneri accessori), non ne abbia eseguito spontaneamente il pagamento nei termini di legge (Cass., sez. un., n. 16412/07; Id., n. 3231/05). Ne discende che la fattispecie del ravvedimento, di cui all´art. 13 d.lg. n. 472/97, non può in alcun modo ritenersi applicabile se il rapporto tributario è già transitato nella fase della riscossione coattiva, a seguito della notifica dell´avviso di mora (cfr. Cass., n. 26292/05)".

Qualora il contribuente abbia commesso violazioni di tipo formale può regolarizzare la propria posizione mediante una dichiarazione integrativa che va redatta su modello conforme a quello approvato. Se la violazione ha ostacolato l’attività di accertamento dell’ufficio, il contribuente è tenuto al pagamento della sanzione anche se in misura ridotta.

Di converso, se il contribuente ha commesso violazioni di tipo sostanziale che hanno inciso sul quantum debeatur la regolarizzazione può avvenire mediante una dichiarazione integrativa da presentarsi entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale si è verificato l’errore o l’omissione. Entro il suddetto termine il contribuente deve provvedere al pagamento del tributo dovuto, maggiorato di interessi e una sanzione ridotta a 1/8 del minimo previsto.

Atto giuridico in senso stretto o negozio giuridico? La parola alla giurisprudenza. 

La natura giuridica della dichiarazione tributaria è, da tempo, oggetto di dibattito da parte della giurisprudenza di merito e di legittimità. In particolare i garanti della legalità si domandano se essa debba essere ricondotta nella categoria delle dichiarazioni di scienza ovvero debba intendersi quale negozio giuridico.

Un recentissimo orientamento si esprime nel senso della dichiarazione dei redditi come dichiarazione di scienza e, muovendo da tale assunto, ne definisce il carattere di emendabilità [7]: “la dichiarazione dei redditi non è un atto negoziale o dispositivo, bensì una dichiarazione di scienza, sicché, in caso di errore (di fatto o di diritto) commesso dal contribuente, è, in linea di principio, emendabile e ritrattabile quando possa derivarne l´assoggettamento ad oneri contributivi più gravosi di quelli che, in base alla legge, devono restare a carico del dichiarante. Ne discende che il contribuente che, per errore in dichiarazione, abbia assoggettato propri redditi ad imposta, anche in relazione a quelli prodotti all´estero, può chiederne il rimborso nel termine previsto dall´art. 38, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, non potendosi ritenere di ostacolo la previsione di cui all´art. 15, comma 3, del d.P.R. n. 617 del 1986 (nella versione applicabile ´ratione temporis´), che preclude esclusivamente la possibilità di utilizzare il credito d´imposta mediante detrazione in sede di dichiarazione (Cassazione civile sez. trib.  28 ottobre 2015 n. 21968).

In tal senso anche la giurisprudenza di merito “per il principio di emendabilità della dichiarazione tributaria in quanto mera dichiarazione di scienza al contribuente che rinuncia - in forza di un ripensamento esplicito (mediante formale istanza di rimborso dell´imposta versata) ovvero implicito (in forza del mancato pagamento di una rata) - alla rivalutazione dei propri immobili ex art. 1 comma 91 Legge Finanziaria 2008 compete il diritto alla restituzione dell´imposta sostitutiva già versata, ove ne sia ancora aperta la facoltà (come nel caso concreto, in cui la richiesta di rimborso è stata presentata nel termine di 48 mesi dal pagamento della prima rata). Al riguardo deve ritenersi irrilevante che alla base di tale rinuncia vi sia un mero ripensamento o un errore della perizia giurata, in quanto il venir meno della procedura comporta che il pagamento effettuato sia privo di causa perché costituisce un indebito arricchimento per l´Erario, il quale non ha pertanto titolo per negare il rimborso” (Comm. trib. prov. le Firenze 06 ottobre 2014 n. 1117).  

Non è da escludersi che, alla dichiarazione dei redditi [8], possa essere riconosciuta una natura mista, atteso che essa può contenere anche elementi cd. negoziali, come nel caso delle opzioni attraverso le quali il contribuente effettua delle scelte che sottopone al vaglio dell’Amministrazione Finanziaria.
Quanto predetto è ricavabile da un orientamento della Suprema Corte con il quale si afferma che“in tema di dichiarazione dei redditi, l´errore relativo all´indicazione di dati inerenti all´esercizio di un´opzione offerta dal legislatore, costituente, come tale, espressione di volontà negoziale, è emendabile e ritrattabile solo se il contribuente, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli artt. 1427 e ss. c.c., estesa dall´art. 1324 c.c. agli atti unilaterali in quanto compatibile, fornisce la prova della sua essenzialità e obiettiva riconoscibilità da parte dell´Amministrazione finanziaria” (Cassazione civile sez. trib.  30 settembre 2015 n. 19410).

In tal senso anche la sentenza della Cassazione civile, sez. trib., del 21 luglio 2015 n. 15295:“in tema di condono fiscale, la dichiarazione di volersi avvalere di una determinata definizione agevolata non ha natura di mera dichiarazione di scienza o di giudizio, come tale modificabile, ma integra un atto volontario, frutto di scelta ed autodeterminazione da parte del contribuente, i cui effetti sono previsti dalla legge sicchè una volta presentata non può essere modificata dall´ufficio, né contestata dal contribuente per un ripensamento successivo, ma solo per errore materiale manifesto e riconoscibile”.

In particolare qualora una delle parti cd. negoziali sia affetta da errore secondo la disciplina generale prevista in tema di vizi della volontà il contribuente sarà tenuto ad impugnare la manifestazione di volontà per ottenere l’annullamento degli effetti prodottisi. Ma l’errore che ha inficiato la manifestazione di volontà deve essere essenziale e riconoscibile [9] per determinare l’annullamento. Nel caso di dichiarazione di scienza [10] sarà sufficiente una dichiarazione “integrativa” per correggere la dichiarazione errata [11]. Per ciò che concerne la dichiarazione “integrativa”, non è da sottacere che essa configuri, di converso, una manifestazione di volontà, infatti “in materia di condono fiscale, le dichiarazioni integrative non hanno, diversamente dalle ordinarie dichiarazioni fiscali, natura di mera dichiarazione di scienza e di giudizio, come tali modificabili, né costituiscono un momento dell'iter procedimentale volto all´accertamento dell´obbligazione tributaria, ma integrano un atto volontario, frutto di scelta e di autodeterminazione del contribuente, i cui effetti non sono però rimessi alla volontà del singolo, ma previsti dalla legge come conseguenza dell´osservanza delle specifiche norme che reggono ciascuna scelta. Ne consegue che, occorrendo verificare quale dichiarazione integrativa il contribuente abbia effettivamente posto in essere, tenuto conto che le differenze formali e strutturali di ciascuna impedisce qualsiasi conversione dell´una nell´altra, qualora la dichiarazione integrativa prevista dall´art. 49 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (cosiddetto condono tombale) sia stata ritenuta dal giudice di merito "errata" e "non valida", per avere omesso il contribuente uno specifico adempimento nella compilazione del modello, essa non è idonea a produrre i più limitati effetti della dichiarazione integrativa cosiddetta semplice, prevista dal successivo art. 50”. (Cassazione civile sez. VI  13 febbraio 2014 n. 3301).

In caso di negozio giuridico è la stessa parte che, per effetto della sua volontà, deve procedere all’impugnazione dell’atto al fine di ottenerne l’annullamento. In tale ultima ipotesi, la disciplina applicabile è quella prevista per i negozi giuridici e dettata dal codice civile all’art. 1427 e ss. E’ chiaro allora che è fondamentale definire in modo univoco la natura della dichiarazione dei redditi [12], atteso che in base alla natura della dichiarazione [13] tributaria variano anche i rimedi che possono essere esperiti dal contribuente che abbia commesso un errore [14].

Conclusioni.

In ossequio ad un principio di certezza del diritto e di legittimo affidamento è necessario che si raggiunga una uniformità di orientamento per ciò che concerne la natura della dichiarazione tributaria. Il contribuente, infatti, ha il diritto di conoscere preventivamente le conseguenze di un suo atto e i rimedi che possono essere esperiti in considerazione dell’importanza dei diritti patrimoniali che potrebbero risultare pregiudicati in caso di errore nella presentazione della dichiarazione. L’errore, infatti, di qualsiasi natura esso sia, può pregiudicare la capacità contributiva del soggetto, in violazione dell’art. 53 della Costituzione.

 

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Note e riferimenti bibliografici

[1] Cassazione civile sez. trib.  28 ottobre 2015 n. 21955 in www.dejure.it “in tema di reddito d´impresa, all´esito delle modifiche retroattive introdotte dall´art. 1, commi 301, 302 e 303 della legge n. 296 del 2006, la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi inerenti ad operazioni commerciali intercorse con fornitori aventi sede in Stati a fiscalità privilegiata (cd. paesi ´black list´) non è più subordinata alla loro separata indicazione nella dichiarazione annuale dei redditi, che attualmente integra un mero obbligo formale, la cui violazione espone il contribuente unicamente alla sanzione amministrativa ex art. 8, comma 3 bis, del d.lgs. n. 471 del 1997, da cumulare, per le sole violazioni anteriori all´entrata in vigore della legge n. 296 del 2006, con la sanzione di cui al medesimo art. 8, comma 1. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Piemonte, 06/12/2007)”.

[2] Cassazione civile sez. VI  05 luglio 2013 n. 16904  in www.dejure.itin tema di imposte sui redditi e con riguardo al regime transitorio dettato dall´art. 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42 - il quale ha reso retroattivamente applicabili (anche ´in malam partem´) le disposizioni del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, a condizione che le dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d´imposta antecedenti al 1° gennaio 1988 (validamente presentate) siano ad esse conformi - il contribuente che, al fine di evitare la retroattività di una disposizione del TUIR meno favorevole, intenda emendare - sotto forma di istanza di rimborso, come in linea di principio gli è consentito - la dichiarazione dei redditi a suo tempo presentata (e nella quale aveva erroneamente anticipato il contenuto della norma sopravvenuta), è tenuto a formulare detta istanza prima dell´entrata in vigore del citato d.P.R. n. 42 del 1988 (avvenuta il 1° marzo 1988) dovendosi ritenere che solo in tal caso la domanda produca tempestivamente l´effetto di rendere ´non conforme´ la dichiarazione originaria alle disposizioni successive e, quindi, di sottrarre il contribuente all´applicazione retroattiva di queste ultime. (Fattispecie relativa al regime fiscale degli interessi attivi su crediti d´imposta, non tassabili secondo il previgente d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, ed assoggettati, invece, a tassazione ai sensi dell´art. 56 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917). Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Centrale Milano, 26/02/2010.

 

[3] Comm. trib. prov.le Milano sez. XVIII  21 gennaio 2013 n. 17 in www.dejure.it “in tema di i.v.a. la dichiarazione non costituisce la fonte dell’obbligo tributario, né produce effetti assimilabili a quelli di una confessione, ma rappresenta un momento essenziale del procedimento di accertamento e di riscossione dell´imposta con la conseguenza che essa è emendabile e ritrattabile, non potendosi precludere al contribuente di dimostrare l´inesistenza anche parziale dei presupposti di imposta erroneamente dichiarati. Il termine ragionevole per la emendabilità della dichiarazione va individuato in quello quadriennale stabilito per la rettifica della dichiarazione da parte dell’ufficio, termine da considerare nel contesto del principio di parità e di bilanciamento delle posizioni, validamente operante anche per il contribuente”.

 

[4] Cassazione civile sez. trib.  27 febbraio 2015 n. 4049  “in tema d´IRAP, il contribuente può contestare la debenza del tributo, frutto di errore nella dichiarazione presentata, anche in sede d´impugnazione della cartella di pagamento, nonostante la scadenza del termine di cui all´art. 2, comma 8 bis, del d.P.R. 22 luglio 1998 n. 322, atteso che le dichiarazioni dei redditi sono, in linea di principio, sempre emendabili, sin in sede processuale, ove per effetto dell´errore commesso derivi, in contrasto con l´art. 53 Cost., l´assoggettamento del dichiarante ad un tributo più gravoso di quello previsto dalla legge”.

 

[5] Cassazione civile sez. trib.  13 maggio 2011 n. 10592 in www.dejure.it “in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l´istituto del ravvedimento operoso, introdotto dall´art. 13 d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, può trovare applicazione, in base al principio della retroattività delle disposizioni favorevoli al contribuente, anche ai debiti di imposta precedenti l´entrata in vigore del citato d.lgs., sempre che ricorrano i presupposti di cui all´art. 25, commi 1 e 2 del medesimo d.lgs. (e cioè che la fase di accertamento della violazione non sia già esaurita o che la fase contenziosa relativa all´eventuale impugnazione dell´atto di irrogazione non si sia conclusa con sentenza definitiva) e sempre che il rapporto tributario non sia ormai transitato nella fase di riscossione coattiva, a seguito della notifica dell´avviso di mora. Con la notifica di tale atto, infatti, è da escludersi in radice la spontaneità del pagamento, assunta dall´art. 13 cit. a presupposto essenziale dell´istituto in esame”.

 

[6] Cassazione civile sez. VI  24 settembre 2015 n. 19017 in www.dejure.it In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, ai sensi dell´art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, è inammissibile il ravvedimento operoso parziale, in quanto la norma pone come condizioni di perfezionamento della fattispecie tanto la regolarizzazione dell´obbligo tributario, quanto il versamento integrale della sanzione, nella prevista misura ridotta, con il pagamento degli interessi legali, salvo il differimento di trenta giorni laddove la liquidazione debba essere eseguita dall´Amministrazione finanziaria. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Lombardia, 16/08/2012)”.

 

[7] Cassazione civile sez. trib.  27 febbraio 2015 n. 4049 in www.dejure.it  “in tema d´IRAP, il contribuente può contestare la debenza del tributo, frutto di errore nella dichiarazione presentata, anche in sede d´impugnazione della cartella di pagamento, nonostante la scadenza del termine di cui all´art. 2, comma 8 bis, del d.P.R. 22 luglio 1998 n. 322, atteso che le dichiarazioni dei redditi sono, in linea di principio, sempre emendabili, sin in sede processuale, ove per effetto dell´errore commesso derivi, in contrasto con l´art. 53 Cost., l´assoggettamento del dichiarante ad un tributo più gravoso di quello previsto dalla legge”.

 

[8] Cassazione civile sez. trib.  09 ottobre 2015 n. 20251 in www.dejure.it “l´accertamento nei confronti di un professionista è nullo se si basa esclusivamente sulla differenza che c´è tra i compensi dichiarati ai fini IVA e quelli ai fini IRPEF; l´atto può essere annullato se non ci sono motivazioni adeguate della differenze tra i due compensi indicati in dichiarazione”.

 

 

[9] Cassazione civile sez. trib.  11 maggio 2012 n. 7294  in www.dejure.it “qualora il contribuente intenda far valere, in sede di impugnazione avverso un atto impositivo, l´errore commesso nella compilazione della dichiarazione dei redditi, che sia relativo all´indicazione di dati riferibili non già ad esternazioni di scienza e di giudizio ma ad espressione di volontà negoziale, lo stesso è onerato a fornire la prova della rilevanza dell´errore con riguardo ad entrambi i requisiti della essenzialità e della obiettiva riconoscibilità (da valutarsi secondo la diligenza propria che deve essere richiesta agli uffici accertatori).

 

[10] Comm. trib. reg. Brescia (Lombardia) sez. LXV  20 settembre 2012 n. 100  in www.dejure.it “le dichiarazioni fiscali non sono atti negoziali o dispositivi, né costituiscono titolo dell´obbligazione tributaria, ma costituiscono mere dichiarazioni di scienza, con la conseguenza che — fatta eccezione per gli errori relativi all´indicazione di dati riferibili ad espressione di manifestazioni di volontà negoziale — la dichiarazione dei redditi affetta da errore, anche omissivo, sia esso di fatto o di diritto, in cui sia incorso il dichiarante nella sua redazione, è sempre emendabile e ritrattabile se dall´errore possa derivare l´assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico”.

 

[11] Cassazione civile sez. trib.  29 luglio 2015 n. 16036 in www.dejure.it “in materia di garanzie del contribuente, la violazione del diritto di difesa, ed in particolare del diritto di essere sentiti, determina l´invalidità del provvedimento conclusivo solo se in mancanza di tale irregolarità il procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso, come si desume dalle sentenze della Corte di giustizia del 3 luglio 2014 in C-129/13 e del 22 ottobre 2013 in C-276/12. (Principio applicato in relazione ad un accertamento induttivo originato dall´omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, di cui è stata confermata la legittimità, nonostante l´omessa attivazione del contradditorio preventivo, non avendo il ricorrente neppure prospettato un risultato diverso)”. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Campania - Sez. dist. Salerno, 18/07/2014)

 

 

[12] Casssazione civile sez. trib.  22 gennaio 2013 n. 1427 in www.dejure.it “Sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza, e possano quindi essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti, nondimeno quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente, da compiersi direttamente nella dichiarazione attraverso la compilazione di un modulo predisposto dall´erario, la dichiarazione assume per questa parte il valore di un atto negoziale, come tale irretrattabile anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall´amministrazione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva escluso che avesse diritto all´applicazione dell´aliquota ridotta sugli utili d´impresa prodotti dai maggiori investimenti, ai sensi degli art. 1 e 3 d.lg. 18 dicembre 1997 n. 466, cd. dual income tax, il contribuente che, per errore, non aveva manifestato la volontà di beneficiarne, compilando l´apposito modulo ´RC´ da allegare alla dichiarazione dei redditi).

 

 

[13] Cassazione civile sez. trib.  16 gennaio 2015 n. 675  in www.dejure.it “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la dichiarazione inviata in via telematica, ai sensi dell´art. 3, comma 2, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 (nel testo applicabile ´ratione temporis´), si considera presentata nel giorno in cui è trasmessa, e si ritiene ricevuta, ai sensi del comma 10 del medesimo articolo, dal momento della comunicazione di ricevimento da parte dell´Amministrazione finanziaria, atto che assolve alla finalità di fornire prova dell´avvenuta, tempestiva, consegna da parte del contribuente e del regolare adempimento degli obblighi di presentazione. Tale disciplina si applica anche nel caso in cui si siano verificati i cosiddetti ´errori bloccanti´ della trasmissione telematica, che - con i tempi e le modalità di cui alla circolare n. 35 del 23 aprile 2002 del Ministero delle finanze - sono segnalati nel sistema telematico consultabile dal contribuente, il quale, messo in condizione di avvedersi in tempo utile dell´avvenuto ´scarto´ della propria dichiarazione, può porvi tempestivo rimedio”.

 

[14] Cassazione civile sez. trib.  18 settembre 2015 n. 18383  in www.dejure.it “nell´ipotesi di errore materiale di calcolo nella dichiarazione dei redditi che incida sull´ammontare della base imponibile o dell´imposta, agli effetti del rimborso ´nulla osterebbe´ a provvedere alla rettifica anche in sede contenziosa di impugnazione della relativa cartella, anche se sia già scaduto il termine previsto dall´art. 2 comma 8 bis d.P.R. n. 322 del 1998 per la presentazione della dichiarazione integrativa. Ciò in ossequio ai principi di ´capacità contributiva´ e di buona fede (art. 53 cost. e 10 statuto diritti del contribuente) e stante l´inapplicabilità in sede processuale delle decadenze previste dalle norme amministrative che disciplinano l´accertamento e la riscossione.