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Pubbl. Dom, 13 Mar 2016
Sottoposto a PEER REVIEW

Individualizzazione degli studi di settore. La motivazione rafforzata degli accertamenti standardizzati.

Daniela Mendola


L´accertamento basato sugli studi di settore rientra nell´ambito di applicazione dell´art. 39, primo comma, del DPR. 600/73. L´Ufficio può legittimamente procedere solo in presenza di presunzioni gravi, precise e concordanti e può emettere un avviso di accertamento basato sugli studi di settore solo a seguito dell´attivazione del contraddittorio con il contribuente.


Sommario: 1. Accertamento analitico-contabile e accertamento induttivo-extracontabile; 2. Studi di settore. Natura e disciplina; 3. Obbligatorietà del contraddittorio; 4. Conclusioni.

Sommario: 1. Accertamento analitico-contabile e accertamento induttivo-extracontabile; 2. Studi di settore. Natura e disciplina; 3. Obbligatorietà del contraddittorio; 4. Conclusioni.

1. Accertamento analitico-contabile e accertamento induttivo-extracontabile. Due realtà a confronto.

L’Amministrazione Finanziaria per la rideterminazione del reddito può basarsi anche sulle risultanze delle scritture contabili. Trattasi di un metodo di accertamento esperibile solo con riguardo ai soggetti obbligati alla tenuta della contabilità (imprenditori e liberi professionisti). Tale tipologia di accertamento trova cittadinanza all’art. 39 del DPR. 600/73 che, al primo comma, disciplina il cd. accertamento analitico-contabile e, al comma secondo, il cd. accertamento induttivo-extracontabile. L’Ufficio procede alla verifica delle scritture contabili attestandone l'attendibilità, la veridicità e la completezza. In caso di accertamento analitico-contabile l’Amministrazione Finanziaria parte dalla contabilità per rideterminare il reddito e come testualmente dispone l’art. 39, comma 1, del DPR. 600/73 “l’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti.”. La norma è chiara nell’affermare che l’Ufficio che si avvale del metodo analitico-contabile deva agire sulla base di presunzioni cd. qualificate ovvero munite di requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Il secondo comma dell’art. 39 del DPR 600/73, invece, disciplina il cd. accertamento induttivo extra-contabile che prescinde in tutto o in parte dalle risultanze delle scritture contabili. Come testualmente dispone la norma “in deroga alle disposizioni del comma precedente l’Ufficio delle imposte determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle risultanze comunque raccolti o venuti a sua conoscenza con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alle lettera d) del precedente comma”. In tema di accertamento dei redditi d'impresa, il discrimen tra l'accertamento condotto con metodo analitico contabile e quello condotto con metodo induttivo sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili, laddove nel metodo induttivo le omissioni o le false ed inesatte indicazioni risultano tali da inficiare l'attendibilità e dunque l'utilizzabilità, ai fini dell'accertamento, anche degli altri dati contabili, apparentemente regolari[1]. L’Ufficio, dunque, non avendo a disposizione le scritture contabili perché dichiarate inattendibili può avvalersi di qualunque elemento o indizio a sua disposizione. Tale previsione deve essere letta come una sanzione irrogata al contribuente che non abbia regolarmente tenuto le scritture contabili rendendo pressocchè impossibile la verifica da parte dell’Ufficio. Rileva non solo l’ipotesi di contabilità non regolarmente tenuta, ma anche di rifiuto da parte del contribuente all’esibizione delle scritture contabili su richiesta dell’Ufficio. In tale utlima ipotesi, però, occorre che il rifiuto da parte del contribuente sia un "sostanziale rifiuto", caratterizzato da dolo e non dall'effettivia indisponibilità del documento. [2].

Appare chiaro che il metodo induttivo costituisce una deroga rispetto a quello analitico e, quindi, l'ufficio può farvi ricorso solo in presenza dei presupposti che ne legittimano l'utilizzo - determinati dalla progressione della gravità delle violazioni contestate o dalla complessiva inattendibilità delle scritture contabili - mancando i quali deve procedere con metodo analitico; quest'ultimo è infatti da privilegiare per le maggiori garanzie che offre al contribuente, il quale può beneficiare di una motivazione che chiarisce i motivi delle singole riprese ed esercitare in modo più puntuale il diritto di difesa nell'ambito di un "contraddittorio analitico", e non inseguendo vaghe presunzioni[3].

2. Studi di settore. Natura e disciplina. 

I parametri o gli studi di settore[4] previsti dall'art. 62-sexies d.l. 331/93, rappresentano la risultante dell'estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni[5] e rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato[6], integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell'Ufficio dell'accertamento analitico-induttivo, ex artt. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600/73[7]. Gli studi di settore[8] sono, dunque, dei parametri di cui si avvale l’Ufficio per verificare che il contribuente sia congruo e coerente con gli indicatori. Il contribuente risulta congruo[9] ogniqualvolta quanto dichiarato sia pari a quanto risultante dagli studi di settore[10]. La coerenza, invece, va rapportata al comportamento del soggetto sottoposto a verifica in relazione alle annualità precedenti. In particolare, qualora, il contribuente abbia dichiarato un ricavo di molto inferiore rispetto a quello dichiarato gli anni precedenti nasce la presunzione di una condotta fiscalmente rilevante.  

Sono state previste delle ipotesi tassative di esclusione dall'applicazione degli studi di settore ovvero quando i soggetti abbiano iniziato l'attività nel corso del periodo d'imposta oppure quando abbiano cessato l'attività nel corso del periodo d'imposta. 

L’avviso di accertamento basato su parametri e studi di settore deve essere motivato "per relationem" ovvero l’Ufficio deve far riferimento ai parametri applicati. In mancanza di allegazione del prospetto contenente i risultati della concreta applicazione dei parametri medesimi, che ha carattere integrativo essenziale della indicazione dei presupposti di fatto e diritto della pretesa tributaria, l’avviso di accertamento è affetto da invalidità, salvo che il contribuente ne abbia avuto altrimenti conoscenza[11]. La motivazione dell’atto deve essere effettiva e non può tradursi nel mero scostamento tra quanto dichiarato e quanto risulta dagli studi di settore.

Secondo un prevalente orientamento l’accertamento tributario mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema unitario che non si colloca all'interno della procedura di accertamento di cui all'art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma la affianca, essendo indipendente dall'analisi dei risultati delle scritture contabili[12]. Tuttavia, viene ricondotto nell'ambito di applicazione dell'art. 39 del DPR. 600/73 con riferimento al presupposto soggettivo di applicazione ovvero i soggetti obbligati alla tenuta della contabilità.

E'pacifico che le scostamento debba essere rilevante[13] ovvero qualificato perché l’Ufficio possa legittimamente emettere un accertamento standardizzato. E'ammessa, altresì, l'applicazione retroattiva degli studi di settore atteso che l'accertamento basato sugli studi di settore rappresenta un sistema unitario che giustifica l'applicazione retroattiva dello strumento più recente e affidabile per la sua natura procedimentale (Cass. civ. Sez. Trib. n. 23554/2015).

Di non poco momento è il dibattito sulla disciplina da applicare agli accertamenti standardizzati. Se debba essere applicata la disciplina più rigorosa di cui all'art. 39, primo comma, del DPR 600/73 che consente all'Amministrazione Finanziaria di agire solo sulla base di presunzioni qualificate ovvero se vada applicata la disciplina di cui al secondo comma che legittima l'Ufficio ad agire anche sulla base di meri indizi. Come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità il mero scostamento tra quanto dichiarato dal contribuente e quanto verificato non è sufficiente di per sè a giustificare l' emissione di un avviso di accertamento dovendo sussistere elementi ulteriori idonei a corroborare il convincimento dell'Ufficio. Tali elementi ulteriori attribuiscono alle presunzioni la natura di presunzioni cd. qualificate e dunque ci si troverebbe nell'ambito di applicazione del primo comma. 

3. Obbligatorietà del contraddittorio.

Come detto in precedenza, il mero scostamento tra quanto dichiarato e quanto risultato dagli studi di settore non è di per sé sufficiente a giustificare l’emissione di un avviso di accertamento. Un’applicazione automatica degli studi di settore[14] finirebbe per legittimare oltrechè giustificare l’esercizio di un potere arbitrario da parte dell’Amministrazione Finanziaria, piuttosto che discrezionale. Come noto, l’Amministrazione Finanziaria gode di un’ampia discrezionalità nel suo operato, ma non deve tradursi in mero arbitrio e cioè in un potere esercitato sic et simpliciter e finalizzato ad un mero e non effettivo recupero erariale. In tal modo, infatti, l’avviso di accertamento finirebbe per essere una mera provocatio ad opponendum e non un atto volto ad un recupero erariale equo ed effettivo in armonia con quanto disposto dall’art. 53 della Carta Costituzionale.

Più volte la Suprema Corte ha affermato che l’Ufficio deve procedere ad una “individualizzazione” degli studi di settore ovvero analizzare in concreto la situazione del contribuente e capire le ragioni dello scostamento. Ciò al fine di escludere che lo scostamento sia da attribuire ad eventi che esulano dalla responsabilità del contribuente e, dunque, non riferibili ad una condotta fiscalmente rilevante. Tale individualizzazione potrà avvenire solo a seguito dell’instaurazione del contraddittorio[15] con il contribuente. Quest’ultimo, infatti, potrà dimostrare all’Ufficio che lo scostamento è dovuto ad eventi eccezionali ed imprevedibili (terremoti, alluvioni, etc….) che di per sé rappresentano la ragione giustificatrice dell’incoerenza e della mancanza di congruità. Spetterebbe, dunque, al contribuente l’onere di dimostrare le ragioni dello scostamento, mentre l’Ufficio è tenuto a dimostrare l’applicabilità del parametro alla fattispecie in esame. Di converso al contribuente spetta l'eccezione di inapplicabilità degli studi di settore alla propria situazione reddituale (Cass. civ. Sez. Trib. n. 7587/2015). La Corte Suprema, con sentenza n. 3415/2015, ha precisato che  “i parametri o studi di settore previsti dall'art. 3, commi da 181 a 187, legge 28 dicembre 1995, n. 549, rappresentando la risultante dell'estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell'Ufficio dell'accertamento analitico-induttivo, ex art. 39, primo comma, lett. d, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che deve essere necessariamente svolto in contraddittorio con il contribuente, sul quale, nella fase amministrativa e, soprattutto, in quella contenziosa, incombe l'onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre all'ente impositore fa carico la dimostrazione dell'applicabilità dello "standard" prescelto al caso concreto oggetto di accertamento. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. della Calabria, 18/12/2008)". 

Dovrà, tuttavia, considerarsi fondata la giustificazione addotta dal contribuente se l'Ufficio non prende posizione sul punto contestando i dati forniti (Comm. Trib. Provinciale Milano n. 170/2012). Ciò opererebbe in applicazione del principio di matrice processual civilistica di cui all'art. 115 che enuncia il "principio di non contestazione" a tenore del quale, per ragioni di economicità, i fatti non contestati si considerano ammessi. 

L'ordinamento giuridico aumenta la soglia di tutela del contribuente in caso di accertamento basato sugli studi di settore[16], al punto da ricondurlo tra le ipotesi tassative di obbligatorietà del contraddittorio[17], atteso che solo dal confronto con il contribuente l’Ufficio potrà emettere un avviso di accertamento più vicino ad un effettivo recupero erariale. Il contraddittorio impedisce un’applicazione automatica degli studi di settore in favore di un’individualizzazione dell’atto impositivo alla situazione del contribuente. La motivazione dell’atto, infatti, deve essere integrata proprio dalle difese esperite dal contribuente che sono idonee a far emergere la gravità, precisione e concordanza delle presunzioni. In tal senso si parla di motivazione cd. "rafforzata".

Il comportamento del contribuente in sede di contraddittorio rappresenta elemento di valutazione da parte dell’Ufficio che deve tenerne conto per la sua determinazione. Ecco che il contraddittorio torna ad essere una garanzia fondamentale da riconoscere al contribuente in ossequio ad un principio di buon andamento e imparzialità della P.A. di cui all’art. 97 della Carta Costituzionale. Le risultanze del contraddittorio dovranno, poi, essere trasfuse nell'avviso di accertamento sotto il profilo motivazionale al fine di evitare che il confronto con il contribuente si riduca ad una mera condizione di procedibilità cui l'Ufficio adempie al solo fine di evitare di incorrere in una violazione di legge. La motivazione dell'atto in particolare deve essere integrata con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio: è da questo più complesso quadro che emerge la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria (Cass. Sez. Unite 26635//2009). In mancanza di attivazione del contraddittorio, l'atto sarà sanzionato con la forma più grave di invalidità: la nullità.

4. Conclusioni.

La previsione di un'obbligatorietà del contraddittorio in caso di accertamenti standardizzati si pone in linea con gli obiettivi di migliorare i rapporti tra fisco e contribuente. In particolare, si vuole riconoscere al contribuente sottoposto a verifica di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa prima ancora di ricevere un avviso di accertamento e, dunque, di subirne gli effetti. Tale previsione consentirà allo stesso di evitare (nelle migliore delle ipotesi) o di ridurre le conseguenze negative derivanti da un atto impositivo. L'atto dovrà essere motivato proprio in ragione delle difese addotte dal contribuente per far si che il contraddittorio non sia una condizione meramente "formale"cui l'Ufficio adempie per non incorrere in violazione di legge, ma sia un contraddittorio "effettivo"durante il quale l'Ufficio prenda atto delle giustificazioni addotte dal contribuente e, se considerate inammissibili, provveda ad indicarne le ragioni all'interno della motivazione dell'atto che diviene così una motivazione "rafforzata".

 

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Note e riferimenti bibliografici

[1] Cassazione civile sez. VI  14 novembre 2014 n. 24278 in www.dejure.it In tema di accertamento dei redditi d'impresa, il discrimine tra l'accertamento condotto con metodo analitico contabile e quello condotto con metodo induttivo sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili, laddove nel metodo induttivo le omissioni o le false ed inesatte indicazioni risultano tali da inficiare l'attendibilità e dunque l'utilizzabilità, ai fini dell'accertamento, anche degli altri dati contabili, apparentemente regolari. Ne consegue che il mutamento della linea difensiva dell'Ufficio finanziario, che, pur avendo proceduto all'accertamento con metodo analitico extracontabile, abbia, nel ricorso in appello, dichiarato di aver utilizzato quello induttivo, non comporta di per sé una "immutatio libelli" tardiva e non consentita, se non mutino i presupposti di fatto sui quali si basano le due valutazioni (nella specie irregolarità contabili relative alle rimanenze finali), attesa la necessità che, fin dall'accertamento, siano valutati gli elementi presuntivi attraverso cui sia possibile individuare induttivamente un reddito imponibile diverso rispetto a quello dichiarato. Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Toscana, 19/01/2012”.

[2] Cassazione civile sez. trib.  21 luglio 2015 n. 15283 in www.dejure.itIn tema d'accertamento tributario, a norma dell'articolo 52, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, la dichiarazione, resa dal contribuente nel corso di un accesso, di non possedere libri, registri, scritture e documenti richiestigli (compresi quelli la cui tenuta e conservazione non sia obbligatoria), ne preclude la valutazione a suo favore in sede amministrativa o contenziosa solo ove si traduca in un sostanziale rifiuto di esibizione, caratterizzato dal dolo, ma non ove si fondi sull'effettiva indisponibilità del documento per caso fortuito, forza maggiore o per colpa, restando in tale caso irrilevante, ai fini dell'utilizzabilità, anche l'omessa esibizione della documentazione una volta cessato l'impedimento. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Puglia, 24/04/2008)”.

[3] Cassazione civile sez. trib.  30 dicembre 2009 n. 27927 in www.dejure.it "In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel sistema dell'art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973, il metodo induttivo costituisce una deroga rispetto a quello analitico e, quindi, l'ufficio può farvi ricorso solo in presenza dei presupposti che ne legittimano l'utilizzo - determinati dalla progressione della gravità delle violazioni contestate o dalla complessiva inattendibilità delle scritture contabili - mancando i quali deve procedere con metodo analitico; quest'ultimo è infatti da privilegiare per le maggiori garanzie che offre al contribuente, il quale può beneficiare di una motivazione che chiarisce i motivi delle singole riprese ed esercitare in modo più puntuale il diritto di difesa nell'ambito di un "contraddittorio analitico", e non inseguendo vaghe presunzioni. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso la possibilità di procedere ad accertamento induttivo in presenza di un'unica operazione contabile non fatturata, avente modica entità in relazione al complessivo giro di affari).

[4] Comm. trib. prov.le Milano sez. XXI  27 luglio 2012 n. 188 in www.dejure.itLe risultanze di Ge.Ri.Co. costituiscono un indicatore utile per individuare le situazioni di incongruenza ma la motivazione dell'accertamento, che non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dei parametri, deve essere integrata anche con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contradditorio”.

[5] Cassazione civile sez. trib.  30 settembre 2015 n. 19410 in www.dejure.itIn tema di dichiarazione dei redditi, l'errore relativo all'indicazione di dati inerenti all'esercizio di un'opzione offerta dal legislatore, costituente, come tale, espressione di volontà negoziale, è emendabile e ritrattabile solo se il contribuente, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli artt. 1427 e ss. c.c., estesa dall'art. 1324 c.c. agli atti unilaterali in quanto compatibile, fornisce la prova della sua essenzialità e obiettiva riconoscibilità da parte dell'Amministrazione finanziaria. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto emendabile, a mezzo di dichiarazione correttiva ex art. 2, comma 8 bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, in assenza di prova circa l'essenzialità e l'obiettiva riconoscibilità, l'errore compiuto dal contribuente in una precedente dichiarazione in cui si era conformato, ai fini di cui all'art. 10, comma 4, della legge n. 146 del 1998, agli studi di settore). (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Veneto, 18/02/2008)”.

[6] Cassazione civile sez. VI  16 settembre 2015 n. 18180 in www.dejure.it Sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza e come tali possano essere emendate dal contribuente in presenza di errori che lo espongano al pagamento di tributi maggiori, tuttavia, qualora la legge subordini la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente da compiersi attraverso la compilazione di un modulo, detta dichiarazione assume il valore di atto negoziale, come tale irretrattabile anche in caso di errore (in quanto recante indicazioni volte a mutare la base imponibile e come tali inidonee a costituire oggetto di un mero errore formale), salvo che il contribuente dimostri che lo stesso fosse conosciuto o conoscibile da parte dell'Amministrazione. (In applicazione di tale principio la S.C. ha ritenuto che, una volta scaduto il termine concesso dall'art. 2 del d.P.R. n. 195 del 1999, non sia emendabile la dichiarazione ai fini IVA di adeguamento agli studi di settore, effettuata tramite la compilazione del quadro VA42, nonostante l'omessa compilazione dei quadri implicanti l'adeguamento agli studi di settore ai fini dell'imposta sui redditi). (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Lombardia, 31/05/2012)”

[7]Cassazione civile sez. trib.  15 luglio 2015 n. 14787 in www.dejure.it  "I parametri o gli studi di settore previsti dall'art. 62-sexies d.l. 331/93, rappresentando la risultante dell'estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell'Ufficio dell'accertamento analitico-induttivo, ex artt. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600/73 e 54, comma secondo, D.P.R. 633/72, sicché, fermo restando che il relativo procedimento presuppone l'attivazione del contraddittorio con il contribuente, l'ufficio non è tenuto ad assolvere nessun ulteriore onere probatorio per dimostrare la legittimità della propria pretesa.

[8]Cassazione civile sez. trib.  18 novembre 2015 n. 23554 in www.dejure.it Il risultato di congruità emergente dall'applicazione dello studio di settore, in virtù della natura procedimentale di quest'ultimo, non può essere escluso se applicato ad un anno anteriore. Sono illegittimi gli accertamenti con i parametri se il contribuente risulta essere congruo agli studi di settore per la stessa annualità. L'accertamento standardizzato basato sui parametri e studi di settore rappresenta un sistema unitario che giustifica l'applicazione retroattiva dello strumento più recente e affidabile per la sua natura procedimentale. L'applicazione dello studio di settore, anche per l'anno precedente, non può essere esclusa in presenza di situazioni ordinarie non legate a eventi eccezionali”.

[9] Comm. trib. prov.le Asti sez. II  27 febbraio 2014 n. 47 in www.dejure.it Il reiterarsi nel tempo degli elementi di non congruità e incoerenza consente di escludere che l'incongruenza dei ricavi dichiarati rispetto a quelli stimati nello studio di settore dipenda da un esercizio dell'attività con modalità diverse da quelle considerate nello studio”.

[10] Cassazione civile sez. trib.  18 novembre 2015 n. 23554  in www.dejure.itL'accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri e degli studi di settore costituisce un sistema unitario, frutto di un progressivo affinamento degli strumenti di rilevazione della normale redditività per categorie omogenee di contribuenti, per cui si giustifica l'applicazione retroattiva dello strumento più recente, che prevale rispetto a quello precedente, in quanto più raffinato e più affidabile. Ne consegue l'illegittimità dell'atto di rettifica, ai fini i.r.pe.f. ed i.v.a., adottato sulla base dei maggiori ricavi presunti in forza dei parametri di cui agli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, e 3, commi 181 e 184, della legge n. 549 del 1995, vigenti all'epoca dell'accertamento, nonostante la congruità dei ricavi dichiarati dal contribuente rispetto agli studi di settore, previsti dagli 62 bis e 62 sexies del d.l. n. 331 del 1993, conv. in legge n. 427 del 1993, successivamente introdotti (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Lazio, 29/09/2008)”

[11] Cassazione civile sez. trib.  19 dicembre 2014 n. 27055 in www.dejure.it  “In tema di accertamento tributario fondato su parametri e studi di settore e motivato "per relationem", determina l'invalidità dell'atto impositivo l'omessa allegazione del prospetto contenente i risultati della concreta applicazione dei parametri medesimi, che ha carattere integrativo essenziale della indicazione dei presupposti di fatto e diritto della pretesa tributaria, salvo che il contribuente ne abbia avuto altrimenti conoscenza. Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Liguria, 04/10/2007”.

[12] Cassazione civile sez. trib.  18 febbraio 2015 n. 3216 in www.dejure.it L'accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema unitario che non si colloca all'interno della procedura di accertamento di cui all'art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma la affianca, essendo indipendente dall'analisi dei risultati delle scritture contabili (confermata, nella specie, la legittimità dell'accertamento nei confronti di un architetto che svolgeva esclusivamente attività di tecnico d'ufficio del giudice)”.

[13] Cassazione civile sez. un.  18 dicembre 2009 n. 26635 in www.dejure.it  “In tema di accertamento tributario, la necessità che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una "grave incongruenza", espressamente prevista dall'art. 62 sexies d.l. 30 agosto 1993 n. 331, aggiunto dalla legge di conversione 29 ottobre 1993 n. 427, ai fini dell'avvio della procedura finalizzata all'accertamento, deve ritenersi implicitamente confermata, nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva, dall'art. 10, comma 1, l. 8 maggio 1998 n. 146, il quale, pur richiamando direttamente l'art. 62 sexies cit., non contempla espressamente il requisito della gravità dello scostamento”.

[14] Cassazione civile sez. trib.  17 dicembre 2014 n. 26511 in www.dejure.it L'amministrazione finanziaria è tenuta ad applicare nella procedura di accertamento nei confronti di un contribuente lo studio di settore più recente e aggiornato”.

[15] Cassazione civile sez. trib.  01 ottobre 2014 n. 20662 in www. dejure.it La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è "ex lege" determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli "standards" in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest'ultimo ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli "standards" o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello "standard" prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L'esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l'impugnabilità dell'accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l'applicabilità degli "standards" al caso concreto, da dimostrarsi dall'ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all'invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l'Ufficio può motivare l'accertamento sulla sola base dell'applicazione degli "standards", dando conto dell'impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all'invito (nella specie, la Corte ha ritenuto immune da vizi la decisione di merito che riduceva il reddito imponibile accertato mediante l'applicazione degli studi di settore al professionista che aveva da poco iniziato l'attività, con costi di avviamento elevati costituenti investimenti, e che attendeva parallelamente a studi universitari)”.

[16] Cassazione civile sez. trib.  24 settembre 2014 n. 20060 in www.dejure.it “Gli studi di settore costituiscono, come si evince dall'art. 62 sexies d.l. 30 agosto 1993 n. 331, conv. in l. 29 ottobre 1993 n. 427, solo uno degli strumenti utilizzabili dall' amministrazione finanziaria per accertare in via induttiva, pur in presenza di una contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile, il reddito reale del contribuente: tale accertamento, infatti, può essere presuntivamente condotto anche sulla base del riscontro di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, a prescindere, quindi, dalle risultanze degli specifici studi di settore e dalla conformità alle stesse dei ricavi aziendali dichiarati. Rigetta, Comm. Trib. II grado Trento Trento, 18/12/2006”.

[17] Comm. trib. prov.le Modena sez. II  16 marzo 2015 n. 290 in www.dejure.it  “In tema di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore, ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato ed il contribuente ometta di parteciparvi ovvero si astenga da qualsivoglia attività di allegazione, l'ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri (cfr. Cass. civ. sez. trib. 6 agosto 2014, n. 17646)”.