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Pubbl. Gio, 3 Mar 2016

Condono edilizio di un pergolato e puntuale motivazione in caso di diniego paesaggistico

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Fabrizia Rumma


T.a.r. Piemonte – Sez. II – Sentenza del 12.02.2016 n. 190. Il condono edilizio di un pergolato in ferro (aperto ai lati) può essere rilasciato dall´Amministrazione solo previo rilascio del parere paesaggistico. L´autorizzazione paesaggistica è obbligatoria per tutte le opere, senza eccezione.


Con la sentenza in commento, il Tribunale amministrativo per il Piemonte ha accolto (nei limiti del riesame) il ricorso del proprietario di un pergolato in ferro (realizzato nell’immobile di proprietà), avverso il provvedimento di diniego dell’autorizzazione paesaggistica operato dall’Amministrazione comunale, nell’ambito della pratica di condono edilizio avviata dal ricorrente.

Due sono i punti salienti della predetta decisione: a.- il necessario e vincolante parere favorevole dell’Amministrazione competente ogni qual volta si tratta di condonare opere abusive realizzate in aree sottoposte a vincoli; b.- l’esigenza di una puntuale motivazione in ordine al diniego operato dalla Amministrazione, in quanto determinante  per la sanatoria del manufatto.

Ai sensi dell’art. 32, co. 27, lett. d e co. 43[1] (legge sul condono 2003[2]) le opere abusive realizzate in zone sottoposte a vincolo devono rispettare quattro requisiti per essere sanate:

1. la risalenza dell’opera ad un’epoca precedente all’apposizione del vincolo;
2. la conformità alle norme urbanistiche in vigore;
3. l’identificazione dell’opera in un intervento edilizio minore (nn. 4,5 e 6 restauro, manutenzione straordinaria, risanamento) che non comporti un aumento di superficie;
4. l’ottenimento di un previo parere favorevole da parte dell’Amministrazione competente (co.43).

Ai sensi dell'ultimo punto della normativa citata, tutte le opere abusive realizzate su immobili sottoposti a vincolo (nel caso di specie paesaggistico) devono essere previamente assentite dall’Amministrazione competente mediante il rilascio di un parere favorevole. Nel caso in esame, anche un pergolato in ferro (inteso quale opera minore) rientra nella disposizione esaminata, essendo necessaria, per la sanatoria dell’opera, l’autorizzazione da parte della P.A. competente.

È di solare evidenza, però,  la contraddizione in cui cade il giudice di prime cure: dapprima afferma che solo le opere minori (di cui all’art. 32, co.26, nn. 4, 5 e 6) realizzate in aree sottoposte a vincolo sono suscettibili di sanatoria; e poi (in rigetto della prima censura del ricorrente) statuisce che al co. 43 (infra nota 1.) il Legislatore non elenca tassativamente le opere sanabili (che necessitano di un previo parere favorevole), ma fornisce una generica previsione (difatti si parla in modo sommario di opere eseguite su immobili sottoposte a vincolo).

Ma tale antinomia è espressione e frutto di un lungo contrasto giurisprudenziale sulla individuazione delle opere sanabili realizzate su aree sottoposte a vincoli. La legge sul Condono del 2003 non spicca certo per chiarezza letterale.

Secondo le predette affermazioni, dunque, se tutte le opere abusive realizzate su immobili vincolati devono essere necessariamente sottoposte ad un previo parere favorevole, vorrà dire che tutte le opere abusive comprese in aree vincolate saranno suscettibili di sanatoria.

Nel caso in esame, però, il dato che interessa è il riconoscimento della necessità dell’autorizzazione paesaggistica anche quando si tratta della sanatoria di un’opera minore come trattasi di un pergolato[3] (sulla base di una interpretazione dell' art. 32 co. 43 decisamente letterale).

Il T.a.r. accoglie il ricorso in esame ai fini di un riesercizio del potere da parte dell’Amministrazione comunale, sulla base della scarna e generica motivazione con la quale ha giustificato il diniego emesso.

La motivazione appare generica in relazione a diversi elementi: a. assenza delle valutazioni tecnico valutative emerse dall’istruttoria che impediscono il rilascio del titolo edilizio in sanatoria; b. presenza di considerazioni generiche, arbitrarie e di formule di stile che non consentono di comprendere il fondamento logico dell’atto; c. riferimento alla distonia del manufatto rispetto ad altri presenti nella zona, che però è contraddetta dalle risultanze fotografiche fornite dal ricorrente.

Quindi, pur essendo un atto vincolato (parere paesaggistico) il giudice amministrativo ritiene opportuno che il gravato provvedimento amministrativo necessiti di una valida motivazione, dalla quale si evincano in maniera chiara le valutazioni effettuate dalla P.A..

Tale affermazione si distacca dal filone giurisprudenziale che considera sufficiente per gli atti vincolati (a differenza di quelli discrezionali) la mera indicazione della norma attributiva del potere, ricavandosi presupposti e giustificazioni della decisione dalla norma che identifica il potere esercitato[4].

Ma il giudice piemontese ha fatto fede sostanzialmente al dettato dell’art. 3 della L. 241/1990[5] che impone per tutti i provvedimenti indistintamente l’esposizione dei presupposti e delle ragioni poste a fondamento della decisione finale.

In conclusione, sono due le massime che si evincono dalla decisione in esame:

1)  Nell’ambito del condono di un immobile (nella fattispecie un pergolato in ferro aperto ai lati) ubicato in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico, è obbligatorio il parere favorevole dell’Amministrazione competente per far sì che l’Amministrazione procedente rilasci il relativo titolo in sanatoria;

2)  Anche nel caso di attività vincolata (diniego di autorizzazione paesaggistica) il provvedimento deve essere puntualmente motivato in ordine al percorso logico-giuridico che l’Amministrazione ha compiuto in sede istruttoria.

 

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Note e riferimenti bibliografici

[1]  Di seguito si riporta il testo dei commi succitati:

art. 32, co. 27, lett d.: “le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”;

art. 32, co. 43: “fatte salve le fattispecie previste dall'articolo 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo, è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non venga formulato dalle suddette amministrazioni entro centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto. Il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingue anche il reato per la violazione del vincolo. Il parere non è richiesto quando si tratti di violazioni riguardanti l'altezza, i distacchi, la cubatura o la superficie coperta che non eccedano il 2 per cento delle misure prescritte”.

[2] Per brevità con tale espressione si indica il D.L. n. 269 del 30.09.2003, convertito in Legge n. 326 del 24.11.2003.

[3] Per pergolato, ai fini edilizi, si intende un manufatto avente natura ornamentale, realizzato in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, che funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e/o ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni. Deve pertanto escludersi che rientri in tale nozione una struttura costituita da pilastri e travi in legno di importanti dimensioni, tali da rendere la struttura solida e robusta e da farne presumere una permanenza prolungata nel tempo; di contro, rientra nella nozione di pergolato una struttura precaria, facilmente rimovibile, costituita da una intelaiatura in legno non infissa al pavimento né alla parete dell’immobile (cui è solo addossata), non chiusa in alcun lato, compreso quello di copertura. In tal senso, si veda Cons. Stato, Sez. IV, 29.09.2011, n. 5409.

[4] Così R.Villata e M. Ramajoli, Il provvedimento amministrativo, Torino 2006, 243 ss.

[5] L’art. 3 della L. 241/1990 afferma che: 1). Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria. 2). La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale. 3). Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l'atto cui essa si richiama. 4). In ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l'autorità cui è possibile ricorrere.