Pubbl. Gio, 29 Gen 2015
Approfondimento: evasione fiscale e autoriciclaggio, analisi completa alle nuove norme
Modifica paginaLa nostra analisi sulla proposta di legge sul rientro di capitali (legge 186/2014) che introduce il reato di autoriciclaggio.
Il reato di autoriciclaggio
Con 119 sì, 61 no e 12 astenuti il Senato dà il via libera alla proposta di legge sul rientro di capitali (legge 186/2014) che introduce il reato di autoriciclaggio di cui all’articolo 648 ter 1 del codice penale. Fino a qualche giorno fa, alla stregua delle fattispecie del riciclaggio (648 bis) e del reimpiego (648 ter) era suscettibile di essere punito solo chi, estraneo al reato presupposto e consapevole della provenienza illecita “di somme o altre utilità” teneva le corrispondenti condotte del reimpiego, occultamento, sostituzione, trasferimento. Oggi è suscettibile di essere punito chi, autore o concorrente nel reato presupposto, necessariamente non colposo, “provvede successivamente alla sostituzione, trasferimento, impiego in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, del denaro, beni o altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa”.
Quando non si punice per autoriciclaggio
Forti perplessità ha suscitato la “causa di non punibilità” di cui al quarto comma della norma in questione qualora “il denaro, i beni, o altra utilità vengono destinate alla utilizzazione o al godimento personale”, lasciando quindi impunito chi, con denaro “sporco” acquisti un immobile oppure un auto di lusso. Infatti, sono spesso le “eccezioni” a rendere poco efficaci gli interventi del legislatore.
L'autoriciclaggio si attiva automaticamente con l'evasione fiscale?
Vediamo ora come si possa incorrere nel reato di autoriciclaggio in maniera pressocchè automatica. Sorge infatti un rapporto quasi inscindibile tra il fenomeno dell’evasione fiscale, ormai di natura strutturale e frutto di un forte deficit culturale nel nostro paese, e la nuova fattispecie dell’ autoriciclaggio.
Tenendo fuori la “elusione fiscale”, condotta di per sè lecita, propria del contribuente che evita di pagare i tributi senza che però la sua condotta possa dar luogo a violazione di legge, è invece suscettibile di essere punito, in virtù del D. Lgs del 10 marzo del 2000 n. 74, in sintesi, chi tiene condotte attive di natura fraudolenta mediante artifici o utilizzo di documenti o fatture per operazioni inesistenti, ovvero tiene condotte omissive quando aveva l’obbligo di dichiarare (omessa dichiarazione o dichiarazione infedele), ovvero occulta o distrugge materiale contabile.
Fatta questa breve premessa, viene in rilievo “l’automatismo” in quanto è nella natura delle cose che chi evade cerchi poi di occultare, impiegare o trasferire magari all’estero il denaro frutto dell’evasione al fine di ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Ma quale impiego? Quale trasferimento?
Prima dell’introduzione del nuovo delitto, l’unico capo di imputazione poteva riguardare il reato tributario commesso: non era punibile cioè chi evadeva il fisco e occultava la somma evasa. Oggi, invece, integra la condotta di autoriciclaggio il semplice deposito della somma evasa su conto corrente altrui (evasione più autoriciclagggio, doppia incriminazione) mentre, in virtù di un meccanismo poco comprensibile, così non sarebbe per chi deposita la stessa somma su un conto corrente proprio in quanto mancherebbe “l’ostacolo alla identificazione” (si pensi ad indebite deduzioni di costi). Sulla stessa linea la dibattuta causa di non punibilità che esclude la configurabilità del reato qualora la somma evasa non venga reimpiegata ma utilizzata personalmente lasciando impunito chi, mediante, ad esempio, dichiarazioni non veritiere riesce ad ottenere un indebito rimborso (art. 1 lettera d, d. lgs n.74/2000) e utilizza questo per l’acquisto della casa familiare.
Collaborazione volontaria per evitare il reato di autoriciclaggio
Il legislatore tende però una mano, da molti additata come un condono fiscale, e tira fuori il suo asso nella manica, la “voluntary disclosure”, detto altrimenti, la collaborazione volontaria per contrastare il fenomeno evasivo e, tenuto conto del rilievo su proposto, anche per evitare che il contribuente, già evasore, possa poi inciampare nel nuovo delitto di “autoriciclaggio”.
La voluntary disclosure consiste nel dichiarare spontaneamente attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute in Italia e fuori dal territorio dello Stato in violazione degli obblighi fiscali, impegnandosi a versare tutte le somme dovute (IRPEF, addizionali, IRAP, imposte sostitutive, IVA) in cambio di uno sconto sulle sanzioni. Gli interessi, così come le imposte, si pagano in misura piena. Per aderire alla voluntary il contribuente deve presentare un’apposita richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria, fornendo spontaneamente all’Amministrazione finanziaria i documenti e le informazioni riguardo a tutto l’occultato per il quale “alla data di presentazione della domanda non sono scaduti i termini per l’accertamento”.
La procedura è ammessa per le violazioni commesse fino al 30 settembre 2014 e può essere attivata entro il 30 settembre 2015. Per chi aderisce alla procedura è esclusa la punibilità (limitatamente alle condotte relative agli imponibili, alle imposte e alle ritenute oggetto della collaborazione volontaria) per i delitti di cui agli artt. 2 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), 3 (Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici), 4 (Dichiarazione infedele), 5 (Omessa dichiarazione), 10-bis (Omesso versamento di ritenute certificate) e 10-ter (Omesso versamento di IVA) del D.Lgs. n. 74/2000 e successive modificazioni, nonché per le condotte previste dagli artt. 648-bis e 648-ter del c.p. (Riciclaggio e Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita), commesse in relazione ai suddetti delitti, e per le condotte previste dall'art. 648-ter, 1 del c.p. (Autoriciclaggio), limitatamente alle attività oggetto di collaborazione volontaria, se commesse in relazione ai delitti di cui sopra sino alla data del 30 settembre 2015. Inoltre sono previste una serie di riduzioni delle sanzioni penali e amministrative (art. 5-quinquies, comma 4 e ss, del D.L. n. 167/1990, introdotto dalla legge in esame).
Questo meccanismo permette quindi di pagare, anche in più rate integralmente le imposte evase ed ottenere in cambio di uno “strano” mea culpa i benefici appena visti. Il pagamento integrale delle imposte evase porta ad escludere si possa trattare di un “condono fiscale” ma di sicuro questo favor per l’evasore farà storcere il naso al regolare contribuente.
Lo pseudo-autoriciclatore è candidato alla reclusione che va dai 2 agli 8 anni se il reato presupposto è punito con la reclusione superiore ai 5 anni accompagnati da una multa che va dagli euro 5mila a 25mila. Esattamente dimezzate qualora il reato presupposto è punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
Attendiamo che la giuriprudenza possa sciogliere i nodi e chiarire il quadro appena prospettato.