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Pubbl. Ven, 26 Feb 2016
Sottoposto a PEER REVIEW

Gli atti autonomamente impugnabili dinnanzi al giudice tributario. I nuovi spiragli della giurisprudenza

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Daniela Mendola


La giurisprudenza, in vista di un ampliamento delle garanzie riconosciute al contribuente, ammette l´impugnazione di atti che non siano ricompresi nell´elenco di cui all´art. 19 del D.lgs. 546/92, purchè da tali atti sia ravvisabile un´esplicita pretesa tributaria. In tale ipotesi, sussistendo un interesse attuale e concreto, sorge il diritto del contribuente di agire in giudizio per ottenere la tutela dei propri diritti


1.  Principio di tassatività

Il principio di tassatività trova cittadinanza nell’art. 1 del codice penale e gode di una tutela costituzionale diretta all’art. 25 della Carta Costituzionale. Più precisamente esso rappresenta un corollario del ben più ampio principio di legalità che governa l’ordinamento giuridico e a tenore del quale la legge rappresenta la fonte esclusiva, oltrechè primaria, atteso che “nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione del fatto stesso”. Il principio di legalità è un principio cardine dell’ordinamento giuridico applicabile anche nel diritto tributario in considerazione dell’importanza dei beni giuridici da esso tutelati. Per mero tuziorismo si rammenta che il diritto tributario disciplina i rapporti patrimoniali (diritti di obbligazione del contribuente verso lo Stato) equiparabili, sotto il profilo della tutela, ai diritti personali. Come detto in precedenza il principio di tassatività rappresenta un corollario del principio di legalità e trova la sua massima espressione nell’art. 19 del D.lgs. 546/92 rubricato “Atti autonomamente impugnabili[1]”. La norma de qua contiene un’elencazione di tutti gli atti che il contribuente può impugnare autonomamente[2] dinnanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. L’avverbio “autonomamente"[3] ha rilevanza dal momento che vi sono degli atti, come ad esempio il processo verbale di constatazione, che è impugnabile solo “congiuntamente” all’atto successivo che su di esso si fonda. Tale elencazione è da sempre stata considerata un’elencazione tassativa che consentiva al contribuente di avere contezza, preliminarmente, degli atti che avrebbe potuto impugnare in via autonoma. Ciò anche in ragione di due principi di derivazione comunitaria ovvero il principio di certezza del diritto che deve assicurare l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione[4] e il principio del legittimo affidamento[5]. Il primo è da intendersi come la necessità che una norma giuridica sia il più possibile chiara e determinata in tutti i suoi elementi e non lasci alcun dubbio interpretativo al destinatario; il secondo principio[6] si ricollega a quello di certezza del diritto in quanto il destinatario della norma fa affidamento legittimo su quanto in essa è contenuto e adotta un comportamento proprio in base a tale legittimo affidamento. Da ciò consegue che il contribuente deve preliminarmente essere a conoscenza di ciò che l’ordinamento giuridico ammette e di ciò che invece non considera ammissibile. Ciò che ancor più rileva, tuttavia, è che il contribuente proprio sulla base di questa preliminare conoscenza evita di subire una sanzione che per sua natura è una punizione inflitta a chi commette un atto contra legem. E’risaputo che se una norma è assoggettata al principio di tassatività, di converso, non può essere interpretata analogicamente nel senso che non si può dare ad essa altra interpretazione se non quella risultante dal testo della norma, né può essere applicata a fattispecie analoghe.

2.  I nuovi spiragli della giurisprudenza

L’interpretazione tassativa dell’art. 19 del D.lgs. 546/92 che ha da sempre dominato, in particolare tra gli studiosi del diritto, ha iniziato a tramontare o quanto meno ad essere offuscata da un orientamento della Corte di Cassazione che con sentenza n. 17202 del 23.07.2009 ha stabilito che è possibile ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che contengano una “esplicita pretesa tributaria"[7]. La Suprema Corte si pone in linea con la necessità di migliorare i rapporti tra fisco e contribuente e di aumentare le garanzie a quest'ultimo riconosciute. Il principio di tassatività viene sacrificato in vista di un riconoscimento più ampio di garanzie in favore del contribuente. Ciò che viene in rilievo, dunque, è l’interesse del contribuente ad opporsi ad un’attività dell’Amministrazione Finanziaria. Tale interesse non matura solo a seguito della notifica di uno degli atti elencati all’art. 19 del D.lgs. 546/92, ben potendo configurarsi un interesse anche a seguito della notifica di altri atti dell’Ufficio non ricompresi nell’elenco[8]. Ogniqualvolta un atto dell’Amministrazione Finanziaria invade la sfera giuridico patrimoniale del contribuente[9] nasce il diritto di quest’ultimo ad ottenere una tutela mediante la proposizione di un’impugnazione. D’altronde tale assunto trova fondamento nell’art. 110 c.p.c. laddove si legittima l’azione in giudizio quando alla base sussista un “interesse ad agire"[10]. Tale interesse[11] deve essere attuale e concreto[12] e consiste nell’esigenza di ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice[13]. Un’ interpretazione diversa dell’art. 19 del D.lgs. 546/92 finirebbe per pregiudicare un diritto costituzionalmente garantito all’art. 24 ovvero il diritto di difesa. La Suprema Corte nella sentenza n. 17202/2009 precisa che l’estensione non riguarda i cd. atti bonari finalizzati ad ottenere un dialogo tra fisco e contribuente e ad evitare, se del caso, l’emissione di un atto impositivo. L’estensione, invece, riguarderebbe tutti gli atti autoritativi e impositivi volti a portare a conoscenza del contribuente una pretesa già formata sia nell’ an che nel quantum e contenente l’avvertimento che in mancanza di adempimento di procederà ad esecuzione forzata. Tale orientamento oltrechè nel rispetto dell’art. 24 si pone in applicazione diretta dell’art. 97 della Carta Costituzionale che enuncia il principio del buon andamento e dell’imparzialità della Pubblica Amministrazione sicchè è consentito al contribuente di verificare e di contestare l’attività dell’Amministrazione Finanziaria ogniqualvolta emetta un atto dal quale è desumibile una pretesa tributaria[14]. Non rileva il nomen attribuito a ciascun atto, ma il suo contenuto[15]. E’ come dire che la sostanza deve prevalere sulla forma. Ed è in tal senso che si volge l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, in vista di un ampliamento della tutela del contribuente.

3.  Sull’estratto di ruolo

La riscossione rappresenta il momento finale dell’attività di imposizione, finalizzata al recupero della somma dovuta dal contribuente. La riscossione può avvenire mediante ritenuta diretta, versamenti diretti del contribuente al concessionario e alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato o mediante iscrizione a ruolo (art. 1 DPR. 602/73). In quest’ultima ipotesi la riscossione viene effettuata coattivamente a differenza delle prime in cui la riscossione avviene spontaneamente. Il ruolo è un elenco di debitori e delle somme da essi dovute formato dagli Uffici tramite gli Agenti della riscossione. Nei ruoli sono iscritte le imposte, le sanzioni e gli interessi. Esso può essere ordinario o straordinario[16]. Quest’ultimo viene posto in essere ogniqualvolta vi sia fondato pericolo per la riscossione. Di non poco momento è la questione relativa all’impugnabilità o meno dell’estratto di ruolo[17]. Prima facie la risposta sarebbe negativa proprio in virtù di quel principio di tassatività di cui in precedenza. L’estratto di ruolo non è contenuto nell’elenco di cui all’art. 19 del D.lgs. 546/92 e, pertanto, non sarebbe impugnabile. Sull’impugnabilità dell’estratto di ruolo si sono pronunciate diverse Sezioni della Suprema Corte, al punto da far sorgere un conflitto che ha portato alla pronuncia della Corte nel suo massimo consesso. Alcune pronunce sostenevano che il ruolo non fosse autonomamente impugnabile, in quanto atto “interno” e non direttamente lesivo della sfera giuridico patrimoniale del destinatario. Da qui non sorgeva alcun interesse d’impugnativa in capo al contribuente. Tuttavia, la Suprema Corte ammetteva l’impugnazione dell’estratto di ruolo, ma solo con l’atto impositivo nel quale veniva trasfuso. A tale interpretazione si contrapponeva l’ordinanza interlocutoria n. 16055/2014 della Suprema Corte che sosteneva l’autonoma impugnabilità del ruolo e, pertanto, decideva di rinviare la questione alle SS. UU. La Corte, nel suo massimo consesso, con sentenza 02/10/2015 n° 19704 ha enunciato il seguente principio di diritto “E' ammissibile l'impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l'estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell'ultima parte del terzo comma dell'art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione". Le Sezioni Unite pongono il focus sulla necessità di garantire al contribuente l’accesso alla tutela giurisdizionale mediante impugnazione di un atto, sebbene quest’ultimo non sia ricompreso nell’elenco di cui all’art. 19 D.lgs. 546/92 che indica gli atti autonomamente impugnabili, per evitare, altresì, che il contribuente subisca una limitazione del proprio diritto di azione senza che sussista alcun motivo.

 

Note e riferimenti bibliografici


[1] Cassazione civile sez. VI  01 luglio 2015 n. 13548  in www.dejure.it “In tema di contenzioso tributario, il provvedimento con il quale l'Amministrazione condiziona il rimborso di un credito IVA al previo pagamento da parte dell'istante di debiti fiscali oppure alla loro compensazione, differendone, in concreto, il pagamento, produce l'effetto giuridico proprio dell'atto tipico di sospensione del rimborso ed è, quindi, al pari di quest'ultimo, autonomamente impugnabile ai sensi del combinato disposto degli artt. 19, comma 1, lett. i del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e 23, comma 3, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, atteso che la tassatività dell'elenco di cui al citato art. 19 deve intendersi riferita non ai singoli provvedimenti nominativamente individuati, ma alle categorie a cui sono riconducibili, in cui vanno, pertanto, ricompresi anche gli atti atipici o con "nomen iuris" diversi da quelli indicati, che producano, però, gli stessi effetti giuridici. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Milano, Sez. dist. Brescia, 26/06/2012)”.

[2] Comm. trib. prov.le Caltanissetta sez. III  18 febbraio 2015 n. 133 in www.dejure.it  “L'invito al pagamento emesso in virtù della mutua assistenza amministrativa tra Stati membri dell'UE non è incluso nell'elenco di cui all'art. 19 d.lgs. n. 546/1992, e pertanto non è atto autonomamente impugnabile dinanzi al giudice tributario. Del resto l'autorità da cui proviene l'invito si limita a notificare il titolo esecutivo proveniente dall'autorità straniera, fermo restando che l'eventuale contestazione di merito deve essere rivolta allo Stato che ha richiesto la mutua assistenza, come precisato dall'art. 6 d.lgs. n. 69/2003”.

[3] Comm. trib. reg. Roma (Lazio) sez. I 17 luglio 2013 n. 479 in www.dejure.it “Fra gli atti autonomamente impugnabili ai sensi dell'art. 19 d.l n. 546 del 1992, rientra la comunicazione di irregolarità, ex art. 36 bis D.P.R. n. 600 del 1973. Infatti il comunicato stampa dell'Agenzia delle entrate del 23 maggio 2012 ha ammesso l'impugnabilità dell'avviso bonario emesso a seguito del controllo automatizzato. Da ciò deriva che, se dai controlli automatizzati risulta un importo diverso rispetto a quello indicato in dichiarazione, l'amministrazione non può procedere automaticamente all'iscrizione a ruolo, ma deve comunicare al contribuente l'esito della liquidazione”.

[4] Corte di Giustizia UE, sez. V, 11/09/2014, n. 112, in www.dejure.it.

[5] T.A.R. Napoli (Campania), Sez. VII, 13/07/2015, n. 3673, in www.dejure.iti principi comunitari ricavabili dai Trattati dell'Unione Europea sono direttamente applicabili anche a prescindere dal recepimento in specifiche norme comunitarie, nazionali e regionali di attuazione e nonostante l'esistenza nel diritto degli Stati membri di disposizioni in contrasto, le quali sono destinate a recedere di fronte alla prevalenza del diritto europeo. Per effetto di tale primato, le norme del diritto interno vanno disapplicate nella parte e nella misura in cui si trovino in conflitto con le disposizioni e i principi dell'ordinamento comunitario”.

[6]Consiglio di Stato sez. VI  17 novembre 2015 n. 5250 in www.dejure.it “La violazione del legittimo affidamento può profilarsi soltanto ove siano state fornite all'interessato rassicurazioni precise, incondizionate, concordanti nonché provenienti da fonti autorizzate ed affidabili dell'Amministrazione e che tali rassicurazioni siano state idonee a generare fondate aspettative nel soggetto cui erano rivolte e che siano conformi alla disciplina applicabile. Infatti, il diritto di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento può operare solo in presenza di comportamenti che abbiano fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni sufficientemente precise provenienti da fonti istituzionali, con la conseguenza che i principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di proporzionalità non possono rappresentare un impedimento per l'azione amministrativa che si riveli per altro verso scevra da elementi che possano inficiarne la validità. (Riforma parzialmente TAR Lazio, Roma, sez. I, n. 4456 /2012)”.

[7] Cassazione civile sez. trib.  11 novembre 2015 n. 23061 in www.dejure.it “In tema d'imposta di registro, l'invito al pagamento di cui all'art. 212 del D.P.R. n. 115 del 2002 è l'unico atto liquidatorio, previsto dalla legge, dell'imposta prenotata a debito, con cui viene comunicata al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, sicché, a prescindere dalla denominazione, va qualificato come avviso di accertamento o di liquidazione, la cui impugnazione non è facoltativa, ma necessaria ex art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, pena la cristallizzazione dell'obbligazione, che non può più essere contestata nel successivo giudizio avente ad oggetto la cartella di pagamento. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Lombardia, 24/11/2009)”

[8]Cassazione civile sez. VI  28 luglio 2015 n. 15957  in www.dejure.it “In tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 ha natura tassativa, ma, in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della P.A., ogni atto adottato dall'ente impositore che porti a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa, sicché è immediatamente impugnabile anche l'avviso bonario ex art. 36 ter, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Sicilia - Sez. dist. Catania, 12/04/2013)”.

[9] Cassazione civile sez. trib.  08 luglio 2015 n. 14243  in www.dejure.itIn tema di contenzioso tributario, ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, è impugnabile l'annullamento parziale, adottato nell'esercizio del potere di autotutela, di un avviso impositivo già definitivo, trattandosi di un atto contenente la manifestazione di una compiuta e definitiva pretesa tributaria, rispetto a cui, pur se riduttivo dell'originaria pretesa, non può privarsi il contribuente della possibilità di difesa. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Veneto, 24/09/2009).

[10] T.A.R. Catania (Sicilia) sez. III  03 novembre 2015 n. 2520  in www.dejure.itIn seno al processo amministrativo l'interesse a ricorrere è caratterizzato dalla presenza dei requisiti che qualificano l'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c., vale a dire dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall'effettiva utilità che potrebbe derivare a quest'ultimo dall'annullamento dell'atto impugnato, sicché sarebbe del tutto inutile eliminare un provvedimento o modificarlo nel senso richiesto dal ricorrente se questi non può trarre alcun concreto vantaggio in relazione alla sua posizione legittimante. L'interesse ad agire deve sussistere al momento del ricorso e deve perdurare per tutta la durata del processo, dal momento della proposizione dell'azione fino a quello dell'assunzione della decisione”.

[11] Cassazione civile sez. trib.  06 settembre 2004 n. 17934 in www.dejure.it “In tema di contenzioso tributario, non è ammessa la tutela dei cosiddetti interessi diffusi. Infatti, pur avendo il processo natura impugnatoria, nel senso che deve essere necessariamente introdotto attraverso l'impugnazione di specifici atti, lo stesso si differenzia profondamente dal giudizio amministrativo di legittimità, avendo ad oggetto, non l'atto impugnato, ma il rapporto obbligatorio tributario. In tale sistema processuale non ha spazio la tutela di un interesse, pur differenziato, di altri soggetti alla legalità amministrativa, quale è quello che può dar luogo ad una legittimazione ad agire dinanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione di legittimità, di enti o associazioni nelle cui finalità rientri la difesa di interessi di categoria o di settore, secondo la previsione dell'art. 9 l. 7 agosto 1990 n. 241”.

[12] Cassazione civile sez. un.  05 maggio 2014 n. 9570 in www.dejure.it “Ai fini della delimitazione dell'ambito della giurisdizione tributaria, occorre attribuire esclusivo rilievo alla disciplina dettata dall'art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546. Tuttavia, poiché tale disciplina non resta condizionata in senso limitativo dall'elencazione degli atti impugnabili di cui all'art. 19 del medesimo d.lgs. cit., la mancanza di uno di tali atti, non preclude l'accesso del cittadino alla tutela giurisdizionale ogni qualvolta esista un atto che si riveli comunque idoneo, in ragione del suo contenuto, a far sorgere l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c.”

[13] G. ARIETA-F. DE SANTIS-L. MONTESANO, Corso base di diritto processuale civile, p. 146, 2008, Ed. CEDAM.

[14] Cassazione civile sez. trib. 19 agosto 2015 n. 16952  in www.dejure.it “In tema di contenzioso tributario, il contribuente ha la facoltà e non l'onere d'impugnare atti diversi da quelli di cui all'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 (nella specie, l'atto di variazione della categoria TARSU, con la cui notifica il ruolo era stato portato a conoscenza), la cui omessa impugnazione non preclude, pertanto, il ricorso avvero il successivo avviso di pagamento, ossia avverso un altro atto non riconducibile al citato art. 19 ma facoltativamente impugnabile in quanto manifestante il rapporto impositivo. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Piemonte, 02/04/2009)”

[15] Cassazione civile sez. trib.  08 luglio 2015 n. 14243 in www.dejure.itIn tema di contenzioso tributario, ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, è impugnabile l'annullamento parziale, adottato nell'esercizio del potere di autotutela, di un avviso impositivo già definitivo, trattandosi di un atto contenente la manifestazione di una compiuta e definitiva pretesa tributaria, rispetto a cui, pur se riduttivo dell'originaria pretesa, non può privarsi il contribuente della possibilità di difesa. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Veneto, 24/09/2009)”.

[16] Cassazione civile sez. VI  13 gennaio 2014 n. 458 in www.dejure.it “In tema di riscossione delle imposte sui redditi, l'emissione del ruolo straordinario con obbligo di pagamento immediato delle imposte iscritte, ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, è legittima quando sussiste fondato pericolo per la riscossione (nella specie rappresentato dall'esistenza, alla data della formazione del ruolo, di provvedimento, valido ed efficace, di iscrizione di ipoteca legale sui beni di società assoggettata ad IRPEG, IRAP ed IVA in liquidazione), senza che rilevi l'eventuale emissione di un avviso di accertamento di cui sia pendente il relativo giudizio di impugnazione (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Roma, 06/04/2010)”

[17] T.A.R. Roma (Lazio) sez. III  29 gennaio 2016 n. 1338  in www.dejure.itIn merito alla richiesta avanzata dal ricorrente del rilascio di copia conforme agli originali delle cartelle di pagamento, dei ruoli e dei rapporti di consegna dei ruoli, va premesso che l'estratto di ruolo costituisce una riproduzione fedele ed integrale degli elementi essenziali contenuti nella cartella esattoriale, in quanto deve contenere tutti i dati essenziali per consentire al contribuente di identificare a quale pretesa dell'amministrazione esso si riferisca, perché contiene tutti i dati necessari ad identificare in modo inequivoco la contribuente, ovvero nominativo, codice fiscale, data di nascita e domicilio fiscale; tutti i dati indispensabili necessari per individuare la natura e l'entità delle pretese iscritte a ruolo, ovvero il numero della cartella, l'importo dovuto, l'importo già riscosso e l'importo residuo, l'aggio, la descrizione del tributo, il codice e l'anno di riferimento del tributo, l'anno di iscrizione a ruolo, la data di esecutività del ruolo, gli estremi della notifica della cartella di pagamento, l'ente creditore”.