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Pubbl. Mar, 19 Gen 2016

Il contraddittorio endoprocedimentale a garanzia dei diritti costituzionali

Daniela Mendola


(Nota a Cass. civ., 28 maggio 2015, n. 11088) La sentenza oggetto della presente indagine scientifica affronta una questione di particolare rilievo e, da tempo, fonte di dibattiti giurisprudenziali e dottrinali. In particolare, la pronuncia pone il suo focus sull’ obbligatorietà del contraddittorio anticipato e sull’ analisi dell’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente, non tralasciando l’analisi sul termine “emissione”, da intendersi quale momento in cui l’atto impositivo viene ad esistenza. La Suprema Corte conclude per l’illegittimità dell’atto emesso ante tempus.


Sommario: 1. Il contraddittorio endoprocedimentale. 2. Il contraddittorio nell’ordinamento comunitario. La sentenza Sopropè. 3. Contraddittorio anticipato come garanzia costituzionale. Conclusioni.

Sommario: 1. Il contraddittorio endoprocedimentale. 2. Il contraddittorio nell’ordinamento comunitario. La sentenza Sopropè. 3. Contraddittorio anticipato come garanzia costituzionale. Conclusioni.

1. Il contraddittorio endoprocedimentale. Excursus normativo.

L’obbligatorietà o meno del contraddittorio endoprocedimentale ha rappresentato da sempre oggetto di analisi da parte dell’ordinamento giuridico. Un espresso riferimento sul diritto del contribuente al contraddittorio può essere rinvenuto nell’art. 111 della Costituzione, che testualmente dispone “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità davanti ad un giudice terzo ed imparziale”. A riguardo già con la l. 241/90 sul processo amministrativo si enunciava la necessità di garantire la partecipazione del cittadino all’azione della pubblica amministrazione. In particolare, l’art. 10 bis della predetta legge così disponeva "Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti....”. D’altronde, tale dettato normativo è in linea con l’introduzione dell’istituto del cd. “preavviso di rigetto[1], che consente al privato che ha proposto istanza, alla P.A, di conoscere con anticipo l’eventuale valutazione negativa dell’amministrazione per poter successivamente controdedurre. Il provvedimento finale dovrà, poi, necessariamente tenere conto delle controdeduzioni del contribuente, in un’ottica di effettività del contraddittorio endoprocedimentale. Sicchè, la stessa motivazione del provvedimento finale dovrà essere per così dire “rafforzata” in ragione degli elementi addotti dal contribuente in fase di controdeduzione. La sanzione comminata in caso di mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale è quella più grave: l’invalidità [2]. L’attivazione del contraddittorio preventivo rientra in un più ampio principio di “partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo” ciò, anche in un’ottica di deflazionamento del contenzioso. Invero, la Pubblica Amministrazione prima di emettere il provvedimento finale informa il cittadino sulle ragioni della emananda decisione, ciò al fine di consentirgli di esercitare adeguatamente il proprio diritto di difesa. Quanto suesposto, si pone in linea con i principi di imparzialità e correttezza della P.A. [3] (art. 97 Cost). Quindi ancor prima, che nel rispetto del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e del diritto ad una decisione in tempi ragionevoli (art. 111 Cost.), il contraddittorio preventivo opera a presidio di un principio, più ampio e generale ovvero quello della leale collaborazione tra P.A. e cittadino.

Tale termine opera a  garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio endoprocedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva [4]. Di non minor pregio è, inoltre, la questione relativa alla possibilità di ricondurre la partecipazione al procedimento amministrativo nell’ambito del principio del “giusto procedimento” di cui all’art. 111 della Carta Costituzionale, laddove si prospetta, invero, il riconoscimento della pretesa al risarcimento del danno per mancata attuazione del giusto procedimento, che implichi il diritto al contraddittorio, unitamente al diritto a ricevere una decisione entro un termine ragionevole. Tuttavia, la valutazione della riconoscibilità o meno di un diritto al risarcimento del danno dovrebbe essere effettuata in concreto, e nell’ambito di un quadro normativo di riferimento considerando il rapporto che si instaura tra il privato e la P.A. [5]. Al più, non è da sottacere che un procedimento partecipato “non è semplicemente un’occasione per definire la controversia sul nascere, ma un'opportunità di preventivo confronto essenziale a gettare le basi per una decisione strutturalmente ottimale e scongiurare il pregiudizio intrinseco a quella “ingiusta” [6].

La necessità di convocare il contribuente prima di emettere un atto che invada in senso pregiudizievole la sua sfera giuridico – patrimoniale è stata oggetto di analisi e disciplina anche da parte della normativa di settore. Un monito sull’obbligatorietà del contraddittorio è rappresentato proprio dallo Statuto dei diritti del contribuente all’art. 12, l. 212/2000, rubricato “Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”  che, al comma sette, testualmente dispone “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del  processo verbale di chiusura delle operazioni da parte  degli  organi  di  controllo,  il contribuente può comunicare entro  sessanta  giorni  osservazioni  e richieste che sono valutate  dagli  uffici  impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

D’altronde la norma de qua riveste una particolare importanza considerato che lo Statuto dei diritti del contribuente rappresenta il recepimento dei principi costituzionalmente garantiti. Secondo una visione “gerarchica” dell’ordinamento giuridico e di primazia della Carta Costituzionale il principio suesposto prevarrebbe su qualunque altra disposizione normativa. Si è giunti, così, ad una tassatività delle ipotesi di obbligatorietà del contraddittorio. Ad esempio, l’art. 39, 1 comma, DPR. 600/73 in tema di studi di settore [7] fa riferimento al contraddittorio preventivo come condizione necessaria ed indefettibile per l’emanazione di un provvedimento di accertamento. In tal senso si è pronunciata la Suprema Corte in virtù della quale “i parametri costituiscono un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non sono ex lege determinate in relazione ai soli standard in sè considerati, ma nascono procedimentalmente in esito al contraddittorio, da attivare obbligatoriamente pena la nullità dell'accertamento di conseguenza la motivazione dell'avviso di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento del reddito dichiarato da quello risultante dall'applicazione dei parametri ma deve farsi carico delle ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni del contribuente in sede di contraddittorio” [8].

Ad abundantiam, l’art. 38 DPR. 600/73 in tema di accertamento sintetico che, alla luce delle recenti modifiche legislative, ha istituzionalizzato il contraddittorio al punto da prescrivere un “doppio contraddittorio” cui si ricollega una “motivazione rafforzata” o altrimenti detta “doppia motivazione”. La norma così recita “l'ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l'obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218”. La ratio di tale disposizione è da ravvisarsi nella natura dell’accertamento sintetico. Per mero tuziorismo si rammenta, infatti, che l’accertamento sintetico è una forma di accertamento particolarmente invasiva della sfera giuridica del destinatario, atteso che esso si fonda su mere presunzioni, seppur consentendo al contribuente di fornire la prova contraria. Proprio la particolare aggressività di tale strumento ha fatto sorgere la necessità di assicurare una maggior tutela al contribuente. Tale tutela si è concretizzata nell’introduzione dell’istituto del doppio contraddittorio. Non solo. A carico dell’Amministrazione Finanziaria è stato posto l’obbligo di una motivazione rafforzata dell’avviso di accertamento, laddove per rafforzata deve intendersi una motivazione calibrata e adeguata alle difese del contribuente, difese che quest’ultimo ha potuto esercitare proprio a seguito del contraddittorio preventivo. Anche in tale ipotesi la sanzione comminata è quella dell’invalidità dell’avviso di accertamento. Il contraddittorio endoprocedimentale trova sostegno, altresì, in un atto interno dell’Amministrazione Finanziaria quale la circolare 24/E del 2013 che ha spiegato in maniera chiara e dettagliata le caratteristiche del nuovo accertamento sintetico. Tuttavia, persiste ancora il dubbio che l’art. 12, comma 7, dello Statuto “canonizzi” effettivamente il principio che la partecipazione difensiva anticipata nel procedimento costituisca una regola generale dell’ordinamento tributario, vuoi perché esso circoscrive la partecipazione difensiva alle sole operazioni di verifica, vuoi perché detta partecipazione non trova generale riscontro nelle singole norme del sistema, ove sono presenti soltanto episodi di contraddittorio endoprocedimentale [9].

2.  Il contraddittorio nell’ordinamento comunitario. La sentenza Sopropè.

E’ con la sentenza monito della Corte di Giustizia del 18 dicembre 2008, C-349/07 che si inizia a tracciare una linea unitaria per ciò che concerne le garanzie riconosciute al contribuente. In particolare la sentenza così dispone “i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione intende fondare la sua decisione. A tal fine essi devono beneficiare di un termine sufficiente”. Appare chiaro che la sentenza in questione non si limita semplicemente ad enunciare il principio dell’obbligatorietà del contraddittorio preventivo, ma pone a carico dell’Amministrazione Finanziaria un ulteriore onere ovvero quello di esaminare attentamente le difese del contribuente per poi trasfonderle nella motivazione dell’atto. In particolare i giudici comunitari affermano “il rispetto dei diritti della difesa implica, perché possa ritenersi che il beneficiario di tali diritti sia stato messo in condizione di manifestare utilmente il proprio punto di vista, che l'amministrazione esamini, con tutta l'attenzione necessaria, le osservazioni della persona o dell'impresa coinvolta”, nel senso che se anche le difese del contribuente non fossero idonee ad impedire l’emissione dell’avviso di accertamento devono essere in ogni caso prese in considerazione. Allora secondo una parte della dottrina “l'atto impositivo che non valuti debitamente, sia pure per rigettarle, le osservazioni e richieste comunicate dal contribuente all'Ufficio, nell'esercizio di un suo preciso diritto, riconosciutogli dall'art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente è da ritenere invalido (per vizio di motivazione)” [10]. Ciò al fine di evitare che il contraddittorio rappresenti una mera appendice formale, senza alcuna rilevanza sul piano sostanziale.

La Corte di Giustizia ha proseguito la scia della sentenza Sopropè nelle cause riunite C‑129/13 e C‑130/13 rimarcando l’attenzione sul contraddittorio preventivo come diritto fondamentale da riconoscere al cittadino e ancor di più al contribuente nel corso del procedimento tributario. Ancora la Corte Europea, pone l’accento sull’onere posto a carico delle Amministrazioni Pubbliche di chiamare il contribuente prima di adottare qualsiasi provvedimento “invasivo” della sua sfera giuridica. Tutto quanto predetto, tuttavia, incontra un’unica eccezione: le ragioni d’urgenza [11] che possano giustificare l’emissione dell’avviso in assenza di contraddittorio. Laddove (e su questo la giurisprudenza è concorde), l’urgenza non può essere ravvisata nel decorso del termine per l’emissione dell’atto [12], altrimenti finirebbe per essere un mero escamotage per sopperire ad un comportamento inerte e negligente della Pubblica Amministrazione. La Corte di Giustizia conclude, in ogni caso, per la nullità dell’atto emesso in assenza di un contraddittorio anticipato. Tali pronunce incontrano la cittadinanza normativa agli artt. 41 - 47 – 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che sanciscono il diritto di difesa, nonché il diritto ad un giusto ed equo procedimento.  A questo punto viene da chiedersi quale possa essere l’impatto delle pronunce comunitarie sull’ordinamento interno. In particolare la risposta al quesito può essere fornita in riferimento all’art. 117 della Carta Costituzionale che disciplina la suddivisione dei poteri tra Stato, Regioni ed Enti locali e al primo comma sancisce “la potestà legislativa è esercitata dallo  Stato  e dalle Regioni  nel rispetto della  Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Il nostro ordinamento legislativo è impostato sul principio gerarchico che vede quali fonti prioritarie l’ordinamento comunitario. Tale primazia è costituzionalizzata all’art. 117 che se da un lato autorizza lo Stato e le Regioni a legiferare, dall’altro pone quale limite i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario. Allo stesso modo l’art. 1 della l. 241/90 secondo cui l’attività amministrativa è sostenuta dai criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità secondo le modalità previste dalle altre disposizioni che disciplinano i singoli procedimenti. Come in precedenza detto, l’ordinamento comunitario si è pronunciato nel senso di una obbligatorietà del contraddittorio preventivo e tale principio dovrebbe costituire un monito per l’ordinamento interno.

3.  Contraddittorio anticipato come garanzia costituzionale.

La pronuncia in commento pone il focus sul termine di cui all’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente, da far decorrere dal rilascio di copia del processo verbale di constatazione fino all’emissione dell’avviso di accertamento. Di dubbia interpretazione è il termine “emissione” cui fa riferimento la prefata norma ovvero se per emissione debba intendersi il momento della sottoscrizione dell’avviso di accertamento da parte del funzionario dell’Ufficio munito di tale potere oppure il momento della successiva notifica al contribuente. Ebbene, la Suprema Corte, giunge a ritenere che l’emissione debba essere ricondotta al momento della sottoscrizione dell’avviso. Infatti, la successiva notifica, ha solo la funzione di portare a conoscenza del contribuente l’atto impositivo e opera quale condizione di efficacia, e non come elemento costitutivo, mentre l’atto stesso viene ad esistenza nel momento in cui il soggetto abilitato provvede alla sottoscrizione. E’ opportuno sottolineare che il termine di sessanta giorni non è da intendersi come mero termine o onere a carico dell’Amministrazione. Esso opera a tutela del contribuente che, come normativamente indicato può, durante il suddetto periodo, presentare all’Ufficio controdeduzioni a difesa della propria posizione sottoposta a verifica fiscale. Il diritto del contribuente di presentare controdeduzioni fa sì che il contraddittorio preventivo non sia una mera appendice formale posta a carico dell’Amministrazione Finanziaria, ma configuri una tutela “effettiva” per il soggetto destinatario dell’atto impositivo. Come si legge dal testo della sentenza in commento “il contribuente ha diritto di far valere le proprie ragioni nel momento stesso in cui la volontà dell’Amministrazione Finanziaria si forma, quando l’atto impositivo è ancora in fieri”. Una diversa interpretazione finirebbe per contrastare con la ratio dell’art. 12, comma 7, della legge 212/2000, ovvero di garantire la partecipazione del contribuente al procedimento di formazione dell’atto. La Corte Suprema conclude per la sanzione più grave ovvero l’illegittimità dell’atto emesso ante tempus al punto che il contribuente è “titolare dell’interesse processuale a far valere tale illegittimità, quale che sia il tempo intercorso tra il momento in cui le sue osservazioni sono pervenute all’Ufficio e il successivo momento in cui l’atto impositivo è stato avviato alla notifica”.

Conclusioni

A sostegno dell’ineludibilità del contraddittorio come parte prodromica dell’atto impositivo si può fare riferimento al principio paritario ed equitativo nel rapporto fisco-contribuente, in virtù del quale, ex art. 53 della Carta Costituzionale, ogni cittadino deve concorrere alla spesa pubblica in base alla propria capacità contributiva. Tali principi verrebbero vulnerati laddove l’atto impositivo venisse emesso sic et simpliciter, invadendo la sfera patrimoniale del contribuente senza un preventivo invito al “contraddittorio”. Il contraddittorio, invero, deve essere parte integrante anche rafforzativa delle motivazioni dell’emanando atto impositivo. A parere di chi scrive, ed a seguito di quanto suesposto, il contraddittorio, non garantirebbe solamente il diritto di difesa del cittadino-contribuente, ma soprattutto rafforzerebbe, come già detto, il potere dell’Ente pubblico, nel momento in cui emette un atto, in tal modo, eccepibile quasi esclusivamente per vizi formali, considerato che nel quantum debeatur vi è stata una partecipazione ab origine del cittadino – contribuente invitato a rappresentare con le modalità e con i tempi ordinatori, la propria posizione economico-giuridica, che potrebbe essere oggetto di un’ eventuale e non più inevitabile controversia giuridico - tributaria.

 

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Note e riferimenti bibliografici

[1] Per il T.A.R. Venezia, sez. III,  21 maggio 2015 n. 551, in www.dejure.it “la previsione di cui all'art.10- bis, l. n.241 del 90, introdotta dalla l. 15 del 2005, risponde all' esigenza di rendere noto prima dell'adozione del provvedimento sfavorevole, nel caso di procedimenti a istanza di parte, l'avviso dell'Amministrazione, onde consentire al soggetto che ha presentato istanza e che per tale ragione ha già effettuato una valutazione di proponibilità e di fondatezza della propria domanda, una volta a conoscenza delle ragioni ostative addotte dall'Amministrazione stessa, di confutarle nell'ambito del procedimento amministrativo, se del caso modificando la domanda originaria o proponendo la stipula di accordi sostitutivi ex art.11, l. n. 241 del 1990, non riservando così l'unico momento di confronto alla sede giurisdizionale o giustiziale, come avveniva prima della novella, posto che avverso il provvedimento esplicito di diniego non esisteva alcun tipo di reazione se non quella che si traduceva nella proposizione di un ricorso”.

[2] Consiglio di Stato sez. V  26 maggio 2015 n. 2611, in www.dejure.it, “nel processo amministrativo, in presenza di vizi accertati dell'atto presupposto deve distinguersi tra invalidità a effetto caducante e invalidità a effetto viziante, nel senso che nel primo caso l'annullamento dell'atto presupposto si estende automaticamente all'atto conseguenziale anche quando quest'ultimo non è stato impugnato, mentre nel secondo caso l'atto conseguenziale è affetto da illegittimità derivata, ma resta efficace ove non ritualmente impugnato; la prima ipotesi ricorre nel solo caso in cui l'atto successivo venga a porsi nell'ambito della medesima sequenza procedimentale, quale inevitabile conseguenza dell'atto anteriore, senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, il che comporta la necessità di valutare l'intensità del rapporto di conseguenzialità tra l'atto presupposto e l'atto successivo, con riconoscimento dell'effetto caducante qualora detto rapporto sia immediato, diretto e necessario, nel senso che l'atto successivo si ponga, nell'ambito dello stesso contesto procedimentale, come conseguenza ineluttabile rispetto all'atto precedente”.

[3] M. Clarich, Giudicato e potere amministrativo, Padova 1989.

[4] M. Conigliaro, Sempre obbligatorio il contraddittorio preventivo?, in Fisco, 2015, 21, 2028.

[5] U. Di Benedetto, Diritto amministrativo – Giurisprudenza e casi pratici, Santarcangelo di Romagna, 2007.

[6]C. Scalinci, Lo statuto e l’auretta dei principi che….incomincia a sussurrar: il contraddittorio preventivo per una tutela effettiva e un giusto procedimento partecipato, in Riv. dir. trib., 2014, 7-8, 883.

[7] Cass. civ., sez. trib.  19 dicembre 2014, n. 27055, in Giust. civ. Mass., 2014, “In tema di accertamento tributario fondato su parametri e studi di settore e motivato "per relationem", determina l'invalidità dell'atto impositivo l'omessa allegazione del prospetto contenente i risultati della concreta applicazione dei parametri medesimi, che ha carattere integrativo essenziale della indicazione dei presupposti di fatto e diritto della pretesa tributaria, salvo che il contribuente ne abbia avuto altrimenti conoscenza” (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Liguria, 04/10/2007)

[8] Cass. civ., sez. trib., 19 agosto 2015, n. 16940 in www.dejure.it.

[9] L. Salvini, “La nuova partecipazione del contribuente (dalla richiesta di chiarimenti allo Statuto del contribuente ed oltre)”, in Riv. dir. trib., 2000, I, pag. 39; G. RAGUCCI, Il contraddittorio, cit., pag. 60; A. FANTOZZI, Le violazioni, cit., pag. 482.

[10] Andrea Colli Vignarelli, Mancata considerazione delle osservazioni del contribuente e invalidità dell’atto impositivo (art. 12, comma 7, Statuto del contribuente), in Riv. dir. trib., 2014, 6, 677.

[11] Cass. civ., sez. trib.  14 novembre 2014, n. 24316, in www.dejure.it, “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'art. 12, comma 7, l. 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento - termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell'atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l'emissione anticipata, bensì nell'effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall'osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all'epoca di tale emissione, deve essere provata dall'ufficio”.

[12] Cass. civ., sez. trib. , 5 febbraio 2014, n. 2592, in www.dejure.it., “in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'inosservanza del termine dilatorio di 60 giorni, dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, per l'emissione dell'avviso di accertamento, previsto dall'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, determina, di per sé, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso "ante tempus", salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, riferite al rapporto tributario controverso, che non possono identificarsi nell'imminente spirare del termine di decadenza di cui all'art. 57 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che comporterebbe anche la convalida, in via generalizzata, di tutti gli atti in scadenza, mentre, per contro, è dovere dell'amministrazione attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del contraddittorio procedimentale (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Bologna, 16/01/2006)”.